bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 4 giugno 2020

a proposito di eroismo

Le nostre formazioni sanitarie, ottenute grazie a Tarrou, debbono essere giudicate con una soddisfazione oggettiva; per questo il narratore non si farà il cantore troppo eloquente della volontà e d'un eroismo a cui egli non attribuisce che un'importanza ragionevole. Ma egli continuerà a essere storico dei cuori straziati ed esigenti che la peste diede allora a tutti i nostri concittadini. 
Quelli che si votarono alle formazioni sanitarie non ebbero sì gran merito a farlo, infatti: sapevano ch'era la sola cosa da fare e che il non decidersi a farla, questo sarebbe stato incredibile. Le formazioni aiutarono i nostri cittadini a penetrare nella peste e li persuasero in parte che, se c'era la malattia, bisognava fare il necessario per combatterla. Siccome la peste, in tal modo, diventava il dovere d'alcuni, apparve realmente quello che era, ossia una faccenda di tutti. 
Questo è bene. Ma non ci si congratula con un maestro di scuola per il fatto d'insegnare che due più due fa quattro. Forse ci si congratula con lui per aver scelto un bel mestiere. Diciamo quindi ch'era lodevole se Tarrou e altri avessero cercato di dimostrare che due più due fa quattro piuttosto che il contrario, ma diciamo inoltre che questa buona volontà l'avevano in comune col maestro di scuola, con tutti quelli che hanno lo stesso cuore del maestro di scuola e che, per l'onore dell'uomo, sono più numerosi di quanto non si pensi: tale almeno è la persuasione del narratore. Questi, d'altronde, vede benissimo la obiezione che si potrebbe fargli, ossia che quegli uomini rischiavano la vita. Ma arriva sempre un momento nella storia in cui chi non osa dire che due più due fa quattro è punito con la morte. E la questione non è di sapere quale sia la ricompensa o la punizione che spetta a tale ragionamento. La questione è di sapere se due più due, sì o no, fa quattro. Per quei nostri concittadini che allora rischiavano la vita, si trattava di decidere se, sì o no, erano nella peste e se, sì o no, bisognava combatterla. 
Molti nuovi moralisti andavano allora dicendo nella nostra città che nulla, nulla sarebbe servito e che bisognava mettersi in ginocchio. E Tarrou, e Rieux, e i loro amici potevano rispondere questo o quello, ma la conclusione era sempre quella a loro nota: bisognava lottare in questo o in quel modo e non mettersi in ginocchio. Tutta la questione era d'impedire al maggior numero possibile d'uomini di morire e di conoscere la separazione definitiva. Per questo non c'era che un solo mezzo: combattere la peste. Questa verità non era ammirevole, ma soltanto logica. 
Per questo era naturale che il vecchio Castel mettesse tutta la sua fiducia e la sua energia nel confezionare dei sieri sul posto, con materiale di fortuna. Rieux e lui speravano che un siero fatto con le colture del microbo stesso che infestava la città avrebbe avuto un'efficacia più diretta dei sieri venuti da fuori: tale microbo, infatti, differiva dal microbo della peste, com'era classicamente definito. Castel sperava d'avere assai presto il suo primo siero. Per questo, anche, era naturale che Grand, che nulla aveva dell'eroe, assicurasse ora una sorta di segretariato alle formazioni sanitarie. Una sezione delle squadre formate da Tarrou si consacrava, infatti, a un lavoro d'assistenza preventiva nei quartieri sovrappopolati. Si cercava d'introdurvi la necessaria igiene, si faceva il còmputo dei granai e delle cantine non visitate dalla disinfezione. Un'altra sezione delle squadre aiutava i medici nelle visite a domicilio, assicurava il trasporto degli appestati e anche in séguito, in assenza del personale specializzato, guidò i veicoli dei malati e dei morti. Tutto questo esigeva un lavoro di registrazione e di statistica che Grand aveva accettato di compiere. Da questo punto di vista, e più di Rieux o di Tarrou, il narratore ritiene che Grand fosse il vero rappresentante di quella virtù tranquilla che animava le formazioni sanitarie. Aveva detto di sì senza esitare, con la buona volontà che gli era propria. Aveva soltanto domandato di rendersi utile in piccoli lavori; era troppo vecchio per il resto.

La peste, Albert Camus

Nessun commento: