ma si, certo, l'ultimo giorno di scuola, in quinta elementare, o in terza media, a maggior ragione nell'ultimo anno di scuola superiore, è un giorno da ricordare.
sebbene io non lo ricordi affatto.
ricordo la maturità, certo, è stampata nella memoria, e nell'inconscio, mi viene spesso a trovare di notte.
motivo per cui è irrinunciabile, la maturità.
e se qualcuno l'ha cancellata, Gran Bretagna e Olanda, avrà avuto, immagino, i suoi seri motivi.
ma leggo questi accorati appelli di editorialisti del Corriere, Paolo di Stefano e Massimo Gramellini, che proprio non ce la fanno, a rinunciare a questo giorno, e si rivolgono alle autorità, rievocando traumi dell'infanzia o toni sarcastici, per permettere il compiersi di questo fatidico ultimo giorno, nei parchi, quindi non a scuola, nei cortili, ovunque, basta che si faccia.
anche qui, mi dico, avranno i loro reconditi personali motivi, probabilmente anche semplicemente quello di avere un figlio in età scolare, per pensare che, in fondo, se si consente un happy hour si potrà ben fare un Ultimo Giorno.
ma quel che colpisce me, per come sono abituata ormai a ragionare sulle cose del mondo, quel che mi colpisce, e mi preoccupa, è questa impossibilità del mondo adulto di poter anche solo accettare per un attimo la frustrazione nel mondo infantile, o adolescenziale.
i nostri figli non possono soffrire.
non possono.
il rischio, della sofferenza e frustrazione, è di traumi irrisolvibili nell'età adulta, dicono.
se togliamo l'ultimo giorno di scuola come mai ne verranno fuori?
come faranno senza quella gioia?
come possiamo infliggere loro una rinuncia?
e che rinuncia!!
amici, abbracci, gavettoni, urla, saluti, allegria.
posso io adulto, sebbene cosciente più di loro dei rischi attuali, farmi carico di dire NO, non si fa, non si può, dovrai tollerare questa profondissima perdita?
no, oggi gli adulti non possono, padri madri si affannano nel fornire esistenze sempre felici mai macchiate dall'infamia della rinuncia, della frustrazione, della perdita, dell'insuccesso, del fallimento.
i nostri figli devono sempre essere felici.
altrimenti, io, "adulto", ne muoio.
perché mai farmi carico -se poi è necessario farlo e non credo- della loro infelicità mi è letteralmente impossibile.
da dove cominciare?
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