all'edizione di Percorsi Di Versi di quest'anno, per festeggiare la giornata mondiale della poesia, alla fondazione del Corriere della sera di Via Balzan, hanno partecipato diversi personaggi, alcuni degni di nota.
interviene, per prima, Eva Cantarella.
mi parla di Sulpicia, poetessa dell'età augustea, e lo fa con quel modo che ormai conosco, come se avesse un mondo da raccontarti, tutto il mondo antico, tutto il mondo dei romani, tutte le consuetudini, tutte le arti, tutte le leggi ma...non può farlo. sottolinea nel parlare una sospensione che sembra l'anticipazione della delusione ma poi si trasforma in un pacato adattamento alle sfavorevoli condizioni cha la costringono alla sintesi.
Sulpicia era figlia dell’oratore Servio Sulpicio Rufo, sua madre era una Valeria, e suo fratello era un uomo di grande cultura, attorno al quale si raccoglievano i maggiori letterati dell’epoca. essendo favorita dalla possibilità di frequentare questo ambiente, oltre che evidentemente dotata di notevoli capacità poetiche, Sulpicia compose le uniche poesie d’amore scritte da una donna romana dell’età classica giunte sino a noi, anche se in modo fortunoso. le sue opere infatti non sono state tramandate sotto il suo nome, ma sono state inserite nel corpus delle opere attribuite al poeta Tibullo. Sulpicia è vissuta all’epoca di Augusto, un’epoca in cui la condizione delle donne romane cambiò totalmente: furono questi gli anni dell’emancipazione durante i quali a Roma vi furono donne letterate come Sulpicia, donne che diventarono medici e, verso la fine della Repubblica, comparvero persino alcune donne avvocato nel Foro.
Sulpicia aveva un grande amore, Cerinto, e il suo livello di evoluzione e progressione culturale era tale da poterne parlare con tutta questa franchezza, con tutta questa inusitata intensità.
È giunto amore finalmente
È giunto amore finalmente. Nasconderlo
sarebbe vergogna assai più grave che svelarlo.
Commossa dai miei versi, Venere lo portò sino me,
tra le mie braccia, compì la sua promessa. I miei peccati
li racconti chi si dirà non ebbe i suoi.
Io quasi non vorrei neppure scriverli:
prima di lui, temo li legga un altro.
Ma giova aver peccato. Mi disturba
atteggiare il mio volto alla virtù.
Si dirà che son degna di lui, e lui di me.
(traduzione di Eva Cantarella)
Tandem venit amor
Tandem venit amor, qualem texisse pudori
Quam nudasse alicui sit mihi fama magis.
Exorata meis illum Cytherea Camenis
Adtulit in nostrum deposuitque sinum.
Exsoluit promissa Venus: mea gaudia narret,
Dicetur siquis non habuisse sua.
Non ego signatis quicquam mandare tabellis,
Ne legat id nemo quam meus ante, velim.
Sed peccasse iuvat, voltus conponere famae
Taedet: cum digno digna fuisse ferar.
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