Per infinite ragioni - rispose - ma soprattutto perché il pensiero di far l'amore con me la sconcertava, l'imbarazzava: tale e quale come se avesse immaginato di farlo con un fratello, toh, con Alberto. Era vero, da bambina lei aveva avuto per me un piccolo «striscio»: e chissà, forse era proprio questo che adesso la bloccava talmente nei miei riguardi. Io... io le stavo «di fianco», capivo?, non già «di fronte», mentre l'amore (così almeno se lo figurava lei) era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda, uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d'animo e onestà di propositi.
Maudit soit à jamais le réveur inutile
qui voulut le premier, dans sa stupidité,
s'éprenant d'un problème insoluble et stérile
aux choses de l'amour méler l'honnéteté!
aveva ammonito Baudelaire, che se ne intendeva. E noi? Stupidamente onesti entrambi, uguali in tutto e per tutto come due gocce d'acqua («e gli uguali non si combattono, credi a me!»), avremmo mai potuto sopraffarci l'un l'altro, noi, desiderare davvero di «sbranarci»? No, per carità. Visto come il buon Dio ci aveva fabbricati, la faccenda non sarebbe stata né augurabile né possibile.
...
«Hai detto che noi due siamo uguali» dissi. «In che senso?» Ma sì, ma sì - esclamò - e nel senso che anch'io, come lei, non disponevo di quel gusto istintivo delle cose che caratterizza la gente normale. Lo intuiva benissimo: per me, non meno che per lei, più del presente contava il passato, più del possesso il ricordarsene. Di fronte alla memoria, ogni possesso non può apparire che delusivo, banale, insufficiente... Come mi capiva! La mia ansia che il presente diventasse subito passato perché potessi amarlo e vagheggiarlo a mio agio era anche sua, tale e quale. Era il nostro vizio, questo: d'andare avanti con le teste sempre voltate all'indietro. Non era così?
siamo nel giardino dei Finzi Contini, di Giorgio Bassani.
il protagonista, narratore, non ha nome. per certi aspetti non ha nemmeno un corpo, se non quando prova un ardore fisico incontenibile, un'eccitazione sessuale.
Micol, invece, ha nome e un corpo, seppure mai descritto, desiderabile.
la scena principale del libro avviene nell'infanzia (da bambina lei aveva avuto per me un piccolo «striscio») dei due ragazzi, quando entrano in un antro buio a depositare una bicicletta e il protagonista avverte potentissimo un senso di disagio e smarrimento, è il presagio del desiderio sessuale, il mistero, l'enigma che incombe su tutti noi, anche quando pensiamo di averlo svelato.
All'infantile paura del buio e dell'ignoto che avevo provato nell'istante in cui mi ero separato da Micòl, si era venuto sostituendo, in me, a mano a mano che mi inoltravo nel budello sotterraneo, un senso non meno infantile di sollievo: come se, essendomi sottratto in tempo alla compagnia di Micòl, fossi scampato a un gran pericolo, al pericolo maggiore al quale un ragazzo della mia età («Un ragazzo della ma età» era una delle espressioni favorite di mio padre) potesse andare incontro. Eh, sì, pensavo: stasera, rincasando, il papà mi avrebbe magari picchiato. Però io le sue botte potevo ormai affrontarle tranquillamente. Una materia a ottobre: aveva ragione, Micòl, di riderci su. Che cos'era una materia a ottobre a paragone del resto - e tremavo - che laggiù, nel buio, sarebbe potuto succedere tra noi? Forse avrei trovato il coraggio di darle un bacio, a Micòl: un bacio sulle labbra. Ma poi? Che cosa sarebbe accaduto, poi? Nei film che avevo visto, e nei romanzi, i baci avevano voglia a essere lunghi e appassionati! In realtà, a confronto del resto, i baci non rappresentavano che un attimo in fondo trascurabile, se dopo che le labbra si erano congiunte, e le bocche quasi compenetrate una dentro l'altra, il filo del racconto non poteva il più delle volte essere ripreso prima del mattino successivo, o addirittura prima che fossero trascorsi vari giorni. Se io e Micòl fossimo arrivati a baciarci in quella maniera - e l'oscurità avrebbe certo favorito la cosa - dopo il bacio il tempo sarebbe continuato a scorrere tranquillo, senza che nessun intervento estraneo e provvidenziale potesse aiutarci a raggiungere la mattina seguente. Che cosa avrei dovuto fare, in tal caso, per riempire i minuti e le ore? Oh, ma questo non era accaduto, fortunatamente. Meno male che mi ero salvato.
ora che sono adulti, Micol si nega, definitivamente, e quel che non era accaduto allora viene invece desiderato, ora, come salvifico.
ora che sono adulti Micol si oppone duramente all'amore, a quel sopraffarci l'un l'altro che le sembra crudele, feroce.
Micol sembra parlare in nome di una verità, che forse non riguarda l'amore, ma la morte.
lei sa, gli altri no, lei comprende che il futuro è carico di morte e di perdita, che solo il passato, il ricordo, rende possibile, fin che si può, questa vita.
il valore di questa previsione non è in sé, è per me dubitabile, è discutibile, sebbene citi Baudelaire!, ma è vero nella prospettiva di una storia destinata a finire, male, per lei e per molti ebrei come lei.
un bellissimo libro, indimenticabile.
...
«Hai detto che noi due siamo uguali» dissi. «In che senso?» Ma sì, ma sì - esclamò - e nel senso che anch'io, come lei, non disponevo di quel gusto istintivo delle cose che caratterizza la gente normale. Lo intuiva benissimo: per me, non meno che per lei, più del presente contava il passato, più del possesso il ricordarsene. Di fronte alla memoria, ogni possesso non può apparire che delusivo, banale, insufficiente... Come mi capiva! La mia ansia che il presente diventasse subito passato perché potessi amarlo e vagheggiarlo a mio agio era anche sua, tale e quale. Era il nostro vizio, questo: d'andare avanti con le teste sempre voltate all'indietro. Non era così?
siamo nel giardino dei Finzi Contini, di Giorgio Bassani.
il protagonista, narratore, non ha nome. per certi aspetti non ha nemmeno un corpo, se non quando prova un ardore fisico incontenibile, un'eccitazione sessuale.
Micol, invece, ha nome e un corpo, seppure mai descritto, desiderabile.
la scena principale del libro avviene nell'infanzia (da bambina lei aveva avuto per me un piccolo «striscio») dei due ragazzi, quando entrano in un antro buio a depositare una bicicletta e il protagonista avverte potentissimo un senso di disagio e smarrimento, è il presagio del desiderio sessuale, il mistero, l'enigma che incombe su tutti noi, anche quando pensiamo di averlo svelato.
All'infantile paura del buio e dell'ignoto che avevo provato nell'istante in cui mi ero separato da Micòl, si era venuto sostituendo, in me, a mano a mano che mi inoltravo nel budello sotterraneo, un senso non meno infantile di sollievo: come se, essendomi sottratto in tempo alla compagnia di Micòl, fossi scampato a un gran pericolo, al pericolo maggiore al quale un ragazzo della mia età («Un ragazzo della ma età» era una delle espressioni favorite di mio padre) potesse andare incontro. Eh, sì, pensavo: stasera, rincasando, il papà mi avrebbe magari picchiato. Però io le sue botte potevo ormai affrontarle tranquillamente. Una materia a ottobre: aveva ragione, Micòl, di riderci su. Che cos'era una materia a ottobre a paragone del resto - e tremavo - che laggiù, nel buio, sarebbe potuto succedere tra noi? Forse avrei trovato il coraggio di darle un bacio, a Micòl: un bacio sulle labbra. Ma poi? Che cosa sarebbe accaduto, poi? Nei film che avevo visto, e nei romanzi, i baci avevano voglia a essere lunghi e appassionati! In realtà, a confronto del resto, i baci non rappresentavano che un attimo in fondo trascurabile, se dopo che le labbra si erano congiunte, e le bocche quasi compenetrate una dentro l'altra, il filo del racconto non poteva il più delle volte essere ripreso prima del mattino successivo, o addirittura prima che fossero trascorsi vari giorni. Se io e Micòl fossimo arrivati a baciarci in quella maniera - e l'oscurità avrebbe certo favorito la cosa - dopo il bacio il tempo sarebbe continuato a scorrere tranquillo, senza che nessun intervento estraneo e provvidenziale potesse aiutarci a raggiungere la mattina seguente. Che cosa avrei dovuto fare, in tal caso, per riempire i minuti e le ore? Oh, ma questo non era accaduto, fortunatamente. Meno male che mi ero salvato.
ora che sono adulti, Micol si nega, definitivamente, e quel che non era accaduto allora viene invece desiderato, ora, come salvifico.
ora che sono adulti Micol si oppone duramente all'amore, a quel sopraffarci l'un l'altro che le sembra crudele, feroce.
Micol sembra parlare in nome di una verità, che forse non riguarda l'amore, ma la morte.
lei sa, gli altri no, lei comprende che il futuro è carico di morte e di perdita, che solo il passato, il ricordo, rende possibile, fin che si può, questa vita.
il valore di questa previsione non è in sé, è per me dubitabile, è discutibile, sebbene citi Baudelaire!, ma è vero nella prospettiva di una storia destinata a finire, male, per lei e per molti ebrei come lei.
un bellissimo libro, indimenticabile.
2 commenti:
Assolutamente d'accordo. L'amore non è una cosa tranquilla, è forse più simile a una guerra, per cui quello dal volersi bene all'amarsi credo sia un passaggio abbastanza improbabile.
Ciao
Buongiorno, non ho capito benissimo il tuo commento. Credo tu sia d'accordo con l'adolescente Micol, non con me, io non penso affatto all'amore come a una guerra, mi sembra un ossimoro irrimediabile. Amore è incontro, è attenzione come diceva Simone Weil, è sguardo, spazio per l'altro.
Il passaggio da voler bene all'amore mi è ancora più oscuro..
buona giornata
Rossa
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