ho visto Escher a Palazzo Reale.
un visionario ossessivo, se mai si può.
mirabile e geniale, talentuoso.
certamente anche freddo, lucido, matematico.
e ieri, al Franco Parenti, Milanesiana 2016, caspita se era tardi, me lo sono ritrovato, come riferimento visivo e immaginario, nel labirinto di un un monastero benedettino di regola cluniacense sperduto sui monti dell'Italia settentrionale. ero lì, in compagnia di Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk, sulle scale e tra gli scaffali di una tortuosa e spaventevole biblioteca, ricca di meraviglie e di misteri, di manoscritti e incisioni, e, risalendo scendendo perdendosi, il riferimento alle prodezze escheriane era inevitabile.
il medioevo lo penso violento e senza legge e lo colloco, letterariamente, ne il Nome della Rosa, che è un bellissimo libro di Umberto Eco, e, anche, un notevole film di J.J.Annaud. avevo freddo guardando quei complessi architettonici mastodontici e svettanti, monasteri austeri e paurosi, provavo orrore davanti ai roghi dell'inquisizione ma anche molta ammirazione per chi, come Eco, ha saputo tessere una narrazione bella e intrigante intrisa di sapere e di storia, e per chi, come Annaud, ha saputo farne un film, autorevole e, appunto, escheriano.
alla fine era l'una e mezza, la città era vuota, le strade sgombre, faceva quasi freddo e, oggi, ho sonno ma sono in allerta, Verba vana aut risui apta non loqui.
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