dice, il mondo a modo suo.
si certo, è ovvio.
il suo mondo non ha regola, ma moltissima verità.
certo, fotografa con il grandagolo, qualcosina si sgrana, si deforma: come lui stesso dice, quel che per altri fotografi -di certo amanti della perfezione assoluta come Herb Ritts non avrebbero esitato- erano scarti, per lui erano foto riuscite. la sua Leica, con due obiettivi, l'ha presa di seconda mano ma dalla mano di Cartier Bresson. un bel passaggio di testimone, a pensarci.
la sua street photography, ben diversa dalla realtà più intimista di Vivian Maier, è fulminante, viva, piena, ricchissima, milionaria.
sono interessanti alcune interpretazioni molto puntuali di alcune foto raccontate dall'audioguida della mostra. anche la foto, come un quadro, si può interpretare nelle sue componenti.
credo però che non fosse nelle intenzioni, piuttosto nell'intuizione, lo sguardo di Klein sul mondo.
quel che mi piace è che scompagina le carte, fuoca e sfuoca, si ferma e si muove, così come lo sguardo si muove. se qualcosa della fissità della fotografia non corrisponde alla realtà, quel suo movimento erratico, impreciso, matto, restituisce, invece, molto, moltissimo, del maltolto.
a conti fatti, come spesso accade, lo scarto contiene il vero.
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