Milano, Festival delle donne, tre giorni non stop di incontri dibattiti worshop alla Triennale.
alla mia prima sortita, sabato, vado a sentire una presentazione, le donne sullo schermo, al cinema e in televisione.
discorrono Piera Detassis - giornalista e critica cinematografica, direttrice di Ciak- e Ivan Cotroneo, giornalista, scrittore e sceneggiatore (anche della serie fortunata e da me mai vista "Una mamma imperfetta").
come prima uscita è stata deludente.
domenica invece, almeno in parte, ho recuperato un po' di fiducia.
si parla di cinema e, come temevo, insorge la lamentela vetero-femminista sull'esclusione del sesso femminile.
dopo una carrellata di film d'autore e d'epoca che vedono protagoniste femminili di grande rilevanza seppure in un numero esiguo di pellicole si arriva al panorama cinematografico odierno ed ecco sorgere l'immancabile senso di perdita. le donne si sentono sempre in perdita, in mancanza di. gli altri sono sempre mancanti rispetto a noi, che sia un sintomo isterico ricorrente?
il cinema degli ultimi anni pecca di figure femminili, o meglio, di protagoniste femminili.
pare che il cinema italiano poi sia gravemente colpevole di un'assenza ingiustificata di donne come soggetto principale. il cinema internazionale anche, ma forse con tendenze meno sessiste.
le serie televisive vanno meglio, le donne pullulano, the Good wife va forte, non parliamo di Girls con l'ormai osannata Lena Dunham.
fanno eccezioni pochi film, si cita ovviamente Viaggio sola -di cui guarda guarda Cotroneo è sceneggiatore insieme alla regista Maria Sole Tognazzi- si citano gli attuali Lucy (di Luc Besson con Scarlett Johansson) e Maleficent (protagonista Angelina Jolie).
bene.
o male?
non so com'è ma devo dire che mi sembra che il cinema italiano degli ultimi due anni goda di buona salute. ho visto film molto apprezzabili, storie attori registi e professionalità di lodevole spessore e qui ne ho parlato ogni volta che mi sono entusiasmata. ho visto Anime Nere di Munzi e ho pensato si tratti di un grande film, potente e analitico, espressivo e di forte tensione, sono uscita contenta dal cinema e lo devo dire, non mi sono sentita esclusa o discriminata. ci sono poche registe? ci sono poche protagoniste femminili? dobbiamo pensarci defraudate o semplicemente pensare che contano le storie e la buona qualità? che forse non è un ambito ancora esplorato dalle donne? che non è detto che la figura femminile debba competere in tutto con quella maschile, che debba differenziarsi e trovare gli ambiti, sociali lavorativi espressivi e creativi che più le si addicono? abbiamo Alice Rohrwacher che sta emergendo con grande forza, abbiamo la Tognazzi e la Comencini, ma quel che non abbiamo è necessariamente il sintomo di una esclusione o solo il segno di un interesse che maturerà, forse si o forse no?
se penso ai film citati mi viene da dire che se le donne devo essere rappresentate al cinema in film come Maleficent o Lucy, francamente non mi interessa e posso sopportare di vedere film di mirabile bellezza rinunciando ad essere rappresentata come protagonista principale.
mi dicono che, insomma, Di Caprio guadagna 50 milioni di dollari a film e la Jolie (peraltro attrice più che mediocre) solo 20. non è che ho pensato povera Jolie, ho pensato che questo mondo gira male se due attori possono portarsi a casa cifre simili, che non basta una vita per spenderle tutte. mi fanno orrore entrambi, e non penso che la Jolie sia una poveretta discriminata per il sesso, non ho ripensamenti femministi in proposito. penso che la Jolie fa un lavoro 20 milioni volte meno rilevante del mio e che guadagna 20 milioni di volte di più. penso che le donne possono sentirsi defraudate se guadagnano meno come medici a parità di competenze, con stipendi che hanno una dignità e una ragionevolezza sociali accettabili. oltre certe cifre non c'è più discriminazione tra i sessi, c'è ingiustizia sociale, e basta.
penso che La grande bellezza non aveva protagoniste femminili, ed è un film eccelso oltre che di enorme successo, e che la Ferilli, unica ad avere una parte rilevante, ha portato a casa la migliore interpretazione di una carriera non particolarmente qualitativa, diciamocelo, francamente di serie B. posso essere contenta ma non mi sono dannata all'idea che il film avesse Servillo come figura portante, anzi.
sono ancora convinta che quel che conta sia la differenziazione e non la lagna sulla parità in ogni ambito. io non ci tengo a vivere come un maschio, ad aggredire come un maschio, a scopare come un maschio, a competere con i maschi. ci tengo ad essere femmina e me ne faccio anche un vanto.
penso che un festival così avrebbe potuto avere il pregio di far parlare le donne, usarle come portatrici di un sapere, di una competenza, di una matrice inconfondibile (come peraltro quella maschile), avrei voluto sentire parlare le donne di cinema e di poesia e di lavoro e di relazioni, non di avvertire questo sempiterno sentimento di esclusione che non giova a nessuno. e, in effetti, domenica mi sono ricreduta, ho sentito donne dibattere di famiglie allargate secondo il loro punto di vista, ho sentito leggere testi e poesie, ho sentito Giorgia Fiorio parlare (anche se con un linguaggio a tratti troppo infarcito e quasi irritante) di fotografia. meglio, molto meglio, ma arriverà un giorno in cui non sarà necessario segregarsi in un festival e dire semplicemente quel che si pensa in consessi adeguati e competenti (e succede ormai di prassi di avere presenze femminili in ogni ambito) senza cucirci addosso lo stigma di essere donne.
sono ancora convinta che quel che conta sia la differenziazione e non la lagna sulla parità in ogni ambito. io non ci tengo a vivere come un maschio, ad aggredire come un maschio, a scopare come un maschio, a competere con i maschi. ci tengo ad essere femmina e me ne faccio anche un vanto.
penso che un festival così avrebbe potuto avere il pregio di far parlare le donne, usarle come portatrici di un sapere, di una competenza, di una matrice inconfondibile (come peraltro quella maschile), avrei voluto sentire parlare le donne di cinema e di poesia e di lavoro e di relazioni, non di avvertire questo sempiterno sentimento di esclusione che non giova a nessuno. e, in effetti, domenica mi sono ricreduta, ho sentito donne dibattere di famiglie allargate secondo il loro punto di vista, ho sentito leggere testi e poesie, ho sentito Giorgia Fiorio parlare (anche se con un linguaggio a tratti troppo infarcito e quasi irritante) di fotografia. meglio, molto meglio, ma arriverà un giorno in cui non sarà necessario segregarsi in un festival e dire semplicemente quel che si pensa in consessi adeguati e competenti (e succede ormai di prassi di avere presenze femminili in ogni ambito) senza cucirci addosso lo stigma di essere donne.
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