si è concluso maggio e questo strano inedito periodo di questa mia ultima vita.
un mese di sospensione del contratto di lavoro, un mese di rabbia e di angoscia per l'inconsistenza della sanità italiana e ancora di più dei "responsabili" che la malgovernano, ma anche un mese di strano splendore, di luce negli occhi.
ho avuto il tempo dalla mia parte, quel tempo che mi digrigna i denti per lo più, che mi minaccia e mi sfinisce, e così ho fatto amicizia.
ho fatto la spesa e sono andata in palestra, mi sono occupata delle casa del marito dei figli della tintoria dei colloqui delle commisioni e dei favori, alleggerita dalla pesantissima sensazione dello sfruttamento e dell'abuso della mia persona.
ho visitato mostre, visto film, sentito conferenze, e, sopra ogni cosa, ho letto molti libri al parco.
potrei dire che mi ricorderò di maggio e del suo tempo per la luce negli occhi leggendo libri seduta su una panchina del parco Sempione -o dei giardini pubblici di Milano- in compagnia fedelissima mai tradita della mia bicicletta.
niente auto, il tempo amico mi ha consentito di girare in bici, ovunque, all' analisi in bici, a scoprire Milano e i suoi angoli in bici, a fare l'ecografia alla mammella in bici, al mercato in bici, alla Triennale in bici, da Picard in bici, e anche al Parco Nord e nei parchi dell'EXPO (un giro organizzato dai FAI- La Via Lattea) ovviamente in bici.
il parco è un luogo privilegiato, lo posso dire con cognizione di causa. magari non nel fine settimana, ma durante la settimana lavorativa certamente si. il parco viene pulito e ripulito, viene abitato da mamme e bambini, da impiegati che ci vengono a mangiare nella pausa pranzo, da sportivi accaniti, da strane gente, anche.
ho visto un signore, una ragazzo quasi signore vestito in modo casual molto molto sgualcito con la camicia che fuoriesce malamente e inelegantemente dai pantaloni, girare ripetutatmente, penso facendo sempre lo stesso giro passandomi davanti più volte, camminando velocissimo e sempre con il cellulare in mano, parlando a voce altissima così che ho saputo tutti i fatti suoi. l'ho rivisto più volte quindi, ho pensato, lo fa tutti i giorni, sempre mordendo il sentiero e urlando, affanatissimo e inarrestabile, sempre girando in tondo, come probabilmente anche la sua vita.
ho visto una mamma cinese portare il figlio per un'ora al parco e parlare per tutta l'ora e dico TUTTA al cellulare. ho visto il suo bambino pietire la sua attenzione e riceverne urla sgangherate e certamente violente in cambio, e il cinese mi è sembrata una lingua schifosa.
ho visto molte mamme al cellulare parlare e parlare e parlare e parlare senza ricordarsi di vivere la loro vita adesso, con chi c'è adesso, con chi hanno adesso, quel figlio adesso, quella voce adesso, quelle manine adesso, quel bisogno adesso e invece parlare altrove, con una vita altrove che ora in quel momento non c'è.
il cellulare sostituisce la vita adesso con la vita che non abbiamo, perdendoci per sempre quel che conta, adesso, navigando nel mondo che non esiste e non lascia traccia, ma i nostri figli si, perdio.
ma la mia vita adesso, adesso maggio, è stata libri, lettura, cultura e tanto tanto sole sul mio corpo, la mia faccia, le mie gambe, le mie mani e i miei occhi.
ho finito di leggere Spendore, Margaret Mazzantini:
Sai come chiamano le mimose, ragazzo? Il fiore che si vergogna. Sono di buon augurio a chi si mette in viaggio. Adesso scendono nell'acqua, battezzano il blu. Ma tu non vergognarti del viaggio. La vita, credimi, non è un fascio di speranze perdute, un puzzolente ricamo di mimose, la vita raglia e cavalca nel suo incessante splendore.
potente e inesorabile come sempre, anche l'amore costa, costa tutta la vita intera.
la parola taglia, rompe e consuma, la ricerca dell'unicità costa tutta la vita intera.
ho letto
Le lacrime di Nietzsche, Irvin D. Yalom:
La speranza? La speranza è il male supremo!" gridò addirittura Nietzsche. "Nel mio libro Umano, troppo umano ho affermato che quando il vaso di Pandora fu aperto, così che tutti i mali lì rinchiusi da Zeus dilagarono per il mondo dell'uomo, ve ne rimase uno, ignoto a tutti, quello supremo: la speranza. E' da allora che erroneamente l'uomo considera il vaso e il suo contenuto uno scrigno di buona fortuna. Ma abbiamo dimenticato il desiderio di Zeus che l'uomo continui a farsi tormentare. La speranza è il peggiore dei mali perché protrae il turbamento.
è la storia del rapporto, puramente ipotetico, intelligente e fantasioso, tra Joseph Breuer e Frederick Nietzche. Breuer cura le emicranie del filosofo e l’altro ascolta le ansie e le preoccupazioni del medico, inquadrandole con suggerimenti filosofici o pedagogici, in una sorta di consulenza filosofica che sfiora di continuo le teorie freudiane, che fa del racconto il passaggio attraverso un'analisi.
ho letto Marina Bellezza, Silvia Avallone:
Io non voglio diventare ricco, non voglio diventare famoso, non voglio vivere con l'assillo di essere di più o di meno degli altri!» Esplose, finalmente. «Quella vita lì è un inferno, l'ho visto quando mio padre è diventato sindaco, che avevamo tutti quei giornalisti in casa... A me non interessa. Mio fratello scrive sulle riviste d'ingegneria aerospaziale» sorrise, «gli pubblicano gli articoli con il suo nome, bello grande neanche fosse Obama... Io voglio essere invisibile, capisci? Non voglio lasciare traccia, voglio solo svegliarmi la mattina e stare bene!» Gridava. «Non posso sentirmi in colpa per questo. Non voglio vendermi la vita. Mio nonno si metteva a piangere quando gli moriva un vitello, quando ne vedeva nascere uno... Era un uomo felice!
all'inizio non l'ho ritenuto un libro possibile. all'inizio mi è sembrata la brutta copia di libri già letti, di Come dio comanda di Niccolò Ammaniti, all'inizio ho pensato di smetterla lì. poi, con la luce negli occhi, mi sono detta che sono piena di pregiudizi e molto puzzona in fatto di letteratura, e cultura in genere, e me lo sono poi letto tutto d'un fiato. è un libro moderno, di una scrittura moderna, di uno stile moderno al quale però, nonostante tutta la banalità del moderno, riconosco di avere qualcosa da dire. il desiderio appagga, il godimento affossa nella ripetizione sintomatica dell'infelicità.
ho letto Non è più come prima, Massimo Recalcati:
L'amore che dura è l'amore che vuole vivere ancora. Non sopravvivere.
Lacan definiva la parola d'amore più alta quella che recita: "ancora".
Ancora come adesso, ancora come oggi, ancora te, ancora te per sempre.
Ancora non esige il ricambio del vecchio oggetto per il nuovo - come
accade nella logica del capitalismo - ma mostra che il Nuovo è nel
rinnovare l'amore nello Stesso. Se questo miracolo esiste allora l'amore
dura e non si lascia consumare.
da leggere, per pensare a ciò che può sussistere nella nostra vita fatta di niente che rincorre i niente pensando che siano il tutto. amore è ancora, un atto di fiducia verso l'ancoraggio a un mondo di senso.
e sto leggendo Viaggio al termine della notte, Loui-Ferdinand Celine.
...Non posso trattenermi dal dubitare che esiste una qualunque genuina realizzazione del nostro più profondo carattere, tranne la guerra e la malattia, quelle due infinità dell'incubo.
e qui siamo nel mondo della parola che cerca il vero, che non si difende dalla morte, che sputa in faccia alla vita il suo peggio con scandaloso linguaggio, a costo della follia e dell'emarginazione, nella speranza che, lottando, qualcosa di umano ci differrenzi dal nulla.
È forse questo che si cerca nella vita, nient'altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi, prima di morire.
Sono passati anni da quella partenza e poi ancora anni... Ho scritto spesso a Detroit e poi altrove a tutti gli indirizzi che mi ricordavo e dove potevano conoscerla, seguirla Molly. Non ho mai ricevuto risposta. [...]
Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda. Comunque ho difeso la mia anima fino ad oggi e se la morte, domani, venisse a prendermi non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato nel corso di qualche mese d'America.
domani torno a lavorare, in un luogo senza speranza di un meglio.
il tempo amico è finito, tornerà a ragliare, la luce negli occhi è finita.
li cercherò in altro modo, forse nel sollievo dei miei pazienti.