mi ricorda certamente In grazia di dio questo film di Alice Rohrwacher, e mi ricorda anche Corpo celeste, il suo primo film che ho avuto la fortuna di vedere (http://nuovateoria.blogspot.it/2011/07/corpo-celeste.html).
è brava Alice, è sapiente, guarda l'adolescenza delle sue protagoniste, quella di Marta in Corpo Celeste e quella di Gelsomina in questo film, con molta intelligenza, con grande comprensione.
guarda la terra e il lavoro delle mani, il lavoro del corpo di chi vive la terra, con grande ammirazione e rispetto.
guarda le persone e le fa parlare, le fa vivere in tempo reale, il tempo del film, come fosse il tempo della vita.
è brava e conclude magistralmente con una scena che mi lascia atterrita, che segna il tempo che incide, la fine delle cose, la fine delle speranze, la fine che fa sembrare inutile tutto quello per cui si è lottato, e litigato, e urlato e drammatizzato.
le famiglie crescono, sviluppano le loro perversioni, girano intorno ai problemi e ai caratteri di chi le abita, fanno un giro tortuoso e spesso irrispettoso delle aspirazioni e nevrosi di tutti i suoi componenti, alla fine, semplicemente danno lo slancio a una vita, o la affossano definitivamente, danno un'impronta e poi ognuno ne farà quel che potrà. rimarrà il suono del vento nelle case vuote abbandonate, una volta abitate, una volta vissute, una volta dense di odori e abitudini, poi disertate e travasate nella memoria di ognuno.
Gelsomina ha un padre tedesco e una madre magra, un padre al quale risponde con adesione assoluta lavorando instancabilmente e una madre che sembra un giunco, forse forte forse troppo flessibile, e tre sorelle. vive dov'è nata, nella terra delle api e fa il miele. la sua vita potrebbe rimanere così in eterno fino al compimento ultimo del proprio destino ma poi si incontra il reale, si incontra la televisione e il mondo dei quiz a premi, si incontra il mondo che tutto consuma, si incontra il disagio mentale adolescenziale (che lei non si può permettere), e quel che sembrava un destino scritto nel libro dell'eternità si frantuma davanti al dubbio: ma potrei avere una vita diversa? è dura farsi carico di un cambiamento, è impossibile davanti a un padre che conosce una parola sola, e quella è, arcaica e contadina, e a una madre incerta che la difende flebilmente, ma il suo moto di ribellione assume almeno la forma di una domanda, quanto meno tenace. per trovarsi Gelsomina dovrà separarsi dalla meraviglia del miele, superare l'editto di suo padre, e cercare altrove la sua nuova appartenenza. sarà l'ape ad uscire dalla sua bocca.
la narrazione a tratti è forte, a tratti si perde, a tratti è memorabile, a tratti è noiosa.
la forza probabilmente risiede nella memoria di chi dirige, forse da lì arriva il messaggio più convincente, il linguaggio più vero.
le meraviglie appartengono al mondo dell'immaginario, qualche volta al reale della terra, a un letto in piena campagna ove dormire all'aperto, tutti sotto la stessa coperta.
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