io mi sono trovata molto bene, e dire che son tre ore secche di spettacolo.
e dire anche che è in greco. tuttotutto lo spettacolo: tre ore secche in greco.
sovratitoli in italiano (si dice così?). sopra, non sotto come al cinema.
ebbene, tre ore secche di spettacolo in greco: una vera bellezza.
Odyssey di BobWilson, Piccolo Teatro di Milano.
geniale, in tutto.
dalle scene
ai costumi.
dalla lingua originale
alle musiche.
spettacolo netto, pulito, essenziale con immagini convincenti, suoni penetranti, evocazioni emozionanti.
è la storia, si sa, di Odisseo,Οδυσσευς (Odysseus), Ulisse per noi soliti umani, delle sue peripezie, tra il dissenso di Poseidone e la protezione di Atena, tra isole arcipelaghi mare tempeste e naufragi, donne bellissime e innamorate, maghe e ninfe oppure giovani donne scanzonate. la lingua scorre veloce, si insinua tra le pieghe della mente, accarezza le immagini, sostiene l'immaginario, sostanzia e fortifica le scene.
certo, la rappresentazione è snella e leggera, il viaggio veloce ed essenziale. le luci e i cambi di scena sono estremamente efficaci e di effetto. luce blu, luce rossa, aspetti dissacranti, il cane Argo sembra un punk, Scilla sembra uscito da un cartone animato, i compagni di viaggio si muovono come burattini, dominati dagli dei e non dal libero arbitrio, le compagne di Nausicaa starnazzano come oche, Tiresia evoca immagini cinematografiche, i cambi di scena sono "aperti", non camuffati, operati sul campo sotto gli occhi di tutti. come a dire: questa è una rappresentazione, è uno dei racconti possibili, è una messa in scena per il teatro, visiva e sonora, fatta e confezionata per gli occhi, per essere vista e sentita. chissà, forse Omero potrebbe dissentire, magari il desolatopopolo greco anche, ma l'impatto scenico è molto allettante, piacevole, gustoso.
non mancano scene di grandissima intensità, prima tra tutte il canto delle sirene, un canto viscerale, nativo, neonatale. e poi tutte le scene abitate dalle grandi protagonisti femminili, soprattutto Calipso e Circe, quest'ultima adagiata su un letto di foglie di edera che sembra nato dalla terra, radicato come una pianta. e come il canto delle sirene, anche questo è un richiamo irresistibile del desiderio, che incatena il ramingo Ulisse, lo allontana dal suo ricongiungimento finale. e come ben sappiamo il desiderio è l'esperienza dell'alterità, è l'eclisse dell'io, il suo scardinamento. il desiderio è la voragine, la vertigine che trascende l'io...e quelle sirene lo sanno, ooohhh come lo sanno...
anche l'impianto narrativo è particolare, parte dalla fine, dall'abbandono dell'isola di Calipso fino al naufragio sull'isola dei Feaci. Ulisse narra la sua storia alla regina Arete che, a sua volta, la narrerà, in flash back, alla figlia Nausicaa, curiosa e attratta da quest'uomo maturo e avventuroso, trovato nudo sulla spiaggia, abbandonato quasi morto tra i cespugli.
è un racconto semplice, come quello che si fa a un fanciullo, ma non per questo impoverito, anzi arricchito dalla bellezza delle scene, dai giochi di luce, dalla pienezza rassicurate del blu, dalla linearità stilizzata delle forme, dalla levità dello sguardo.
tre ore secche, ma carnose e opulente. di grazia.
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