li scrivo?
li scrivo.
"...mi è tornato in mente l'aneddoto di quell'escursionista caduto da una falesia. fa un passo falso, precipita nel vuoto. gli amici terrorizzati, continuano a urlare quando lui ha già smesso di avere paura.sostiene che il terrore l'ha abbandonato nell'istante in cui ha capito di essere spacciato. per tutta la vita si è ricordato di questa perdita della speranza come dell'esperienza stessa della beatitudine. alla fine l'hanno salvato i rami di un albero. la paura è tornata insieme alla speranza che qualcuno venisse a tirarlo fuori di lì."
"Bruno passa parte della mattinata con la lingua mollemente penzoloni. quandogli chiedo perchè, lui risponde serissimo: la lingua dentro si annoia, allora ogni tanto la porto fuori. il bambino percepisce ancora se stesso come un puzzle con tutti gli elementi sparpagliati. fa conoscenza dei pezzi che lo costituiscono come con amici occasionali.sa benissimo che si tratta della sua lingua, non ne dubita neppure un secondo, ma può ancora giocare a crederla estranea, a portarla fuori come si porta fuori il cane. lui e la sua lingua, ma anche il suo braccio, i suoi piedi o il suo cervello -chiacchiera molto con il suo cervello, ultimamente: state zitti che sto parlando al mio cervello-, tutti quei pezzi di se stesso che possono ancora incantarlo."
"...e io sfrego con il guanto, con il sapone, ogni volta stupito della densità di quei piccoli corpi, come se maneggiassi energia allo stato puro, tutta l'esistenza di due esistenze a venire fantasticamente racchiusa in quella carne infantile così compatta, sotto quella pelle così delicata: non saranno mai più così densi, nè i lineamenti del viso saranno mai più così netti, nè così bianco il bianco dei loro occhi, nè le orecchie così perfettamente disegnate, nè così compatta la grana della pelle. l'uomo nasce nell'iperrealismo per dilatarsi pian piano fino a un puntinismo alquanto approssimativo per poi disperdersi in una polvere di astrattismo."
"ho verificato. Bruno ha detto: vai a cagarti....e? stato Josè. chi è Josè? un amico di scuola. (...) vai a cagarti ha comunque un'altra dimensione rispetto a "stronzo" o "vaffanculo". l'imperativo del verso cagare coniugato in senso riflessivo pronominale è un'arma assassina. l'avversario ridotto all'escremento di se stesso al quale ordiniamo di defecarsi da solo, cosa si può dire di peggio?
...
Altro insulto ultra fisico del piccolo Josè: che ti muoiano le ossa."
(parla una psichiatra)
"in realtà, caro signore, quel che oggi la disturba di più è la sorpresa, lei è terrorizzatodalla novità di questi acufeni e dal timore della loro permanenza ma, conclude, nessuno vive in uno stato di stupore permanente.
...
come aveva preannunciato la psichiatra, sono passati tre mesi e mi sono abituato al mio acufene. la maggior parte delle nostre paure fisiche è come i nostri miasmi: li dimentichiamo quando il vento è passato. pascoliamo nel praticello del nostro trantran e ci immobilizziamo come cerbiatti senza via di scampo non appena il corpo parla. quando l'allarme è passato, ce ne torniamo al pascolo con arie da predatori."
"quando hai tenuto per tutta la vita un diario del corpo, un'agonia non puoi certo negartela."
trascrivendo questi passi mi sembrano meno significativi di quando li ho letti.
probabilmente isolati perdono il senso che acquisiscono nella completezza del discorso.
è spesso così, no?
posso certamente dire che il libro è abbastanza fedele a se stesso, al suo intento. ci sono poche tracce, se non necessarie, di tipo narrativo, ci sono pochi accenni ad anima e psiche, ma è anche vero che certamente emergono i sentimenti. allora non si può parlare di corpo, di corpo vivo, di corpo nel mondo, senza separarlo dall'affettività?
il corpo è il veicolo della nostra presenza, è il veicolo della nostra affettività e della sua espressione (voce, cuore, occhi, orecchie, mimica , batticuori, orgasmi e lacrime) e, quindi, la sua narrazione, la narrazione del corpo, non può che passare da un'esperienza affettiva.
forse devo chiarirmi le idee, e dico sciochezze.
di certo questo libro mi ha circoscritto.
mercoledì 9 gennaio 2013
storia di un corpo: che mi sia restituita la mia dirata, che le mie cellule rallentino.
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