Mi limito a credere nella mia idea fondamentale; cioè appunto che gli uomini, per legge di natura, generalmente si dividono in due categorie: una inferiore che è quella degli uomini ordinari, cioè, per cosí dire, materiali che serve unicamente a procreare altri individui simili, e un’altra che è quella degli uomini veri e propri, i quali, cioè, hanno il dono o il talento di dire, in seno al loro ambiente, una parola nuova. Esistono, si capisce, infinite sfumature, ma i tratti caratteristici delle due categorie sono abbastanza netti: la prima categoria, vale a dire il ‘materiale’, è composta in linea di massima da persone per loro natura conservatrici e per bene, che vivono nell’obbedienza e amano obbedire. Secondo me, costoro hanno anche il dovere di essere obbedienti, perché questo è il loro compito e non v’è in esso assolutamente nulla di umiliante per loro. Quelli della seconda categoria, invece, violano tutti la legge, sono dei distruttori, o per lo meno sono portati ad esserlo, a seconda delle loro attitudini. I delitti di questi uomini, naturalmente, sono relativi e assai disparati: per lo piú essi chiedono, con le formule piú svariate, la distruzione del presente in nome di qualcosa di meglio. Ma se a uno di loro occorre, per realizzare la sua idea, passare anche sopra un cadavere, sopra il sangue, secondo me egli, nel suo intimo, in coscienza, può permettersi di farlo: ciò, notate bene, a seconda anche dell’idea e della sua importanza. Ed è soltanto in questo senso che nel mio articolo io parlo di un loro diritto a delinquere. (Se ben ricordate, eravamo partiti da una questione giuridica). Del resto, non è il caso di allarmarsi troppo: quasi mai la massa riconosce loro questo diritto, ma dal piú al meno li fa giustiziare e impiccare, e con ciò assolve in modo perfettamente giusto la propria missione conservatrice. Senonché, poi, nelle generazioni seguenti questa stessa massa colloca i giustiziati sul piedistallo e, dal piú al meno, si inchina davanti a loro. La prima categoria è signora del presente, la seconda dell’avvenire. I primi conservano il mondo e lo moltiplicano numericamente, i secondi fanno avanzare il mondo e lo guidano verso la meta. Sia gli uni sia gli altri hanno uguale diritto ad esistere. Per farla breve, per me tutti hanno pari diritto... e vive la guerre éternelle – fino alla Nuova Gerusalemme, s’intende!
(parla Raskòlnikov)
F. M. Dostoevskij, Delitto e castigo
di nuovo il Parenti fa bingo, bello spettacolo teatrale, con due bravi bravi attori, Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio.
non tutto è perfetto, ci sono scelte registiche che non comprendo fino in fondo (perchè far girare Lo Cascio con il copione in mano? cosa deve farci ricordare? che si legge un romanzo e non un testo teatrale? l'effetto indesiderato è il sospetto che Lo Cascio non si ricordi le parole!!) e credo che il dilemma di Raskòlnikov che si dibatte tra l'idea di uomini superiori, superiori a tutto, anche alle leggi e alla morale, investiti della funzione di eliminare quelli ordinari in virtù del dono o il talento di dire, in seno al loro ambiente, una parola nuova non venga restituita dalla messa in scena. così come la figura di Sonja, ultima tra gli ultimi, relegata a personaggio minore ma è lei, con la spinta dell'amore, che non ci lascia come ci ha trovati, a indurre confessione e pentimento, a innescare la possibile redenzione.
ma, lo dirò, ci ho pensato poco, ci ho pensato alla fine.
mi è piaciuta molto la violenza dei suoni governata da un rumorista sulla scena (a parte il look da dj).
e, soprattutto, mi sono divertita da matti.
ho goduto enormemente della bravura dei due attori, non saprei dire chi dei due abbia apprezzato di più. uno diventa matto, dilaniato dall'angoscia, l'altro si esibisce in diversi ruoli, grazie a loro sono entrata nel flusso delle narrazione e ci sono uscita, ma neanche del tutto, al termine della rappresentazione. ho spesso sorriso della bravura, aspettavo le scene per ascoltarli recitare, o meglio, per ascoltarli narrare e farmi incantare.
Sono stato io.
sono stata io?
evviva Dostoevskij.
di nuovo il Parenti fa bingo, bello spettacolo teatrale, con due bravi bravi attori, Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio.
non tutto è perfetto, ci sono scelte registiche che non comprendo fino in fondo (perchè far girare Lo Cascio con il copione in mano? cosa deve farci ricordare? che si legge un romanzo e non un testo teatrale? l'effetto indesiderato è il sospetto che Lo Cascio non si ricordi le parole!!) e credo che il dilemma di Raskòlnikov che si dibatte tra l'idea di uomini superiori, superiori a tutto, anche alle leggi e alla morale, investiti della funzione di eliminare quelli ordinari in virtù del dono o il talento di dire, in seno al loro ambiente, una parola nuova non venga restituita dalla messa in scena. così come la figura di Sonja, ultima tra gli ultimi, relegata a personaggio minore ma è lei, con la spinta dell'amore, che non ci lascia come ci ha trovati, a indurre confessione e pentimento, a innescare la possibile redenzione.
ma, lo dirò, ci ho pensato poco, ci ho pensato alla fine.
mi è piaciuta molto la violenza dei suoni governata da un rumorista sulla scena (a parte il look da dj).
e, soprattutto, mi sono divertita da matti.
ho goduto enormemente della bravura dei due attori, non saprei dire chi dei due abbia apprezzato di più. uno diventa matto, dilaniato dall'angoscia, l'altro si esibisce in diversi ruoli, grazie a loro sono entrata nel flusso delle narrazione e ci sono uscita, ma neanche del tutto, al termine della rappresentazione. ho spesso sorriso della bravura, aspettavo le scene per ascoltarli recitare, o meglio, per ascoltarli narrare e farmi incantare.
Sono stato io.
sono stata io?
evviva Dostoevskij.
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