“Ma io, guardando il moto delle stelle, non posso immaginarmi
la rotazione della terra, e ho ragione di dire che
le stelle camminano.
E gli astronomi potrebbero forse capire e calcolare qualcosa,
se prendessero in considerazione tutti i complessi
e svariati movimenti della terra? Tutte le loro meravigliose
conclusioni sulle distanze, sul peso, sui moti e le
rivoluzioni dei corpi celesti sono basate soltanto sul movimento
apparente degli astri intorno alla terra immobile, su quello stesso moto che adesso è dinanzi a me e
che è stato così per milioni di persone durante secoli ed
è stato e sarà sempre eguale e potrà essere sempre controllato.
E proprio così come sarebbero oziose e incerte
le conclusioni degli astronomi non basate sulle osservazioni
del cielo visibile, in rapporto con un meridiano e
un orizzonte, così sarebbero oziose e incerte anche le
mie conclusioni non basate su quella comprensione del
bene, che è stata e sarà sempre eguale per tutti e che mi
viene dischiusa dal cristianesimo e può essere sempre
controllata nell’anima mia. La questione poi delle altre
credenze e dei loro rapporti con la Divinità, non ho io il
diritto e la possibilità di risolverla”.
— Ah, non te ne sei andato? — disse a un tratto la voce
di Kitty, che tornava in salotto. — Che hai, sei agitato
da qualcosa? — ella disse, osservandogli attentamente il
viso al chiarore delle stelle.
Tuttavia ella non avrebbe scorto bene il viso di lui se di
nuovo un lampo, che nascose le stelle, non lo avesse illuminato.
Alla luce del lampo ella guardò bene tutto il
suo viso e, avendo visto ch’egli era calmo e gioioso, gli
sorrise.
“Lei capisce — egli pensava — sa a che cosa penso.
Devo dirglielo o no? Sì, glielo dirò”. Ma nel momento
in cui egli voleva cominciare a parlare prese a parlare
anche lei.
— Ecco, Kostja, fammi un piacere — ella disse — va’
nella stanza d’angolo e guarda come hanno accomodato
tutto per Sergej Ivanovic. Che ci vada io non sta bene.
L’hanno messo il lavabo nuovo?
— Va bene, ci andrò senz’altro — disse Levin, alzandosi
e baciandola.
“No, non bisogna parlare — egli pensò, quand’ella gli
passò avanti. — È un segreto necessario, importante per
me solo e inesprimibile a parole.
Questo nuovo sentimento non mi ha cambiato, non mi
ha reso felice, non mi ha rischiarato a un tratto, come
sognavo, proprio come il sentimento per mio figlio. Anche
qui non c’è stata nessuna sorpresa. E fede o non
fede, non so cosa sia, ma questo sentimento è entrato in
me egualmente inavvertito, attraverso la sofferenza, e si
è fermato saldamente nell’anima.
Mi arrabbierò sempre alla stessa maniera contro Ivan il
cocchiere, sempre alla stessa maniera discuterò, esprimerò
a sproposito le mie idee, ci sarà lo stesso muro fra
il tempio dell’anima mia e quello degli altri, e perfino
mia moglie accuserò sempre alla stessa maniera del mio
spavento e ne proverò rimorso; sempre alla stessa maniera,
non capirò con la ragione perché prego e intanto
pregherò, ma la mia vita adesso, tutta la mia vita, indipendentemente
da tutto quello che mi può accadere,
ogni suo attimo, non solo non è più senza senso, come
prima, ma ha un indubitabile senso di bene, che io ho il
potere di trasfondere in essa!”.
sono due i finali del romanzo di Tolstoj.
uno è dedicato ad Anna,
l'altro è dedicato a Levin.
io credo che nel libro lo spazio dedicato a quest'ultimo nel romanzo sia molto, ma molto, superiore a quello dedicato alla prima. e credo, certamente non solo io, che il favore dello scrittore vada a Levin, in tutto e per tutto.
a lui il compito di dipanare la vita, di torturarsi alla ricerca di un senso, di trovarlo al fine nella compiutezza del Bene, quello che lui ha il potere di trasfondere in essa.
se Anna ha strappato l'esistenza travolta dalla mancanza di senso che la sua avidità di possesso del tutto ha corroso fino alla morte, Levin acquisisce passo dopo passo l'andamento possibile della vita.
se Anna è divorata dal sollevamento del velo, se delira nella convinzione che dell'altro dobbiamo vedere le viscere e conoscere ogni pensiero, Levin sa che No, non bisogna parlare — È un segreto necessario, importante per me solo e inesprimibile a parole.
quanti errori passano dall'idea che l'amore sia completa conoscenza.
casomai, è proprio l'accettazione del totale mistero.
sono due i finali del romanzo di Tolstoj.
uno è dedicato ad Anna,
l'altro è dedicato a Levin.
io credo che nel libro lo spazio dedicato a quest'ultimo nel romanzo sia molto, ma molto, superiore a quello dedicato alla prima. e credo, certamente non solo io, che il favore dello scrittore vada a Levin, in tutto e per tutto.
a lui il compito di dipanare la vita, di torturarsi alla ricerca di un senso, di trovarlo al fine nella compiutezza del Bene, quello che lui ha il potere di trasfondere in essa.
se Anna ha strappato l'esistenza travolta dalla mancanza di senso che la sua avidità di possesso del tutto ha corroso fino alla morte, Levin acquisisce passo dopo passo l'andamento possibile della vita.
se Anna è divorata dal sollevamento del velo, se delira nella convinzione che dell'altro dobbiamo vedere le viscere e conoscere ogni pensiero, Levin sa che No, non bisogna parlare — È un segreto necessario, importante per me solo e inesprimibile a parole.
quanti errori passano dall'idea che l'amore sia completa conoscenza.
casomai, è proprio l'accettazione del totale mistero.
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