ho trovato un altro buon motivo per stare al mondo.
Vita di Galileo, di Brecht, letta, spiegata, interpretata da Strehler, con Umberto Ceriani, Renato De Carmine, Giulia Lazzarini e Gianfranco Mauri.
Registrazione effettuata il 13/14 ottobre 1995 presso il Piccolo teatro studio di Milano Trent'anni dopo la storica regia di Vita di Galileo, che debuttò al Piccolo Teatro il 22 aprile 1963 (con Tino Buazzelli nel ruolo del titolo) accompagnata da grandi controversie sull'opportunità di mettere in scena un testo che sembrava mettere in discussione il ruolo della Chiesa, Giorgio Strehler torna in prima persona a leggere il testo di Bertolt Brecht.
È una registrazione fiume della durata complessiva di 4 ore e 32 minuti.
una domanda che mi faccio: i miei l'avranno vista?
più invecchio e più mi domando cosa facevano i miei genitori.
e se stabilisco che si, l'hanno vista, si ci sono stati, si ci sono venuti, si l'hanno fatto, mi viene da piangere.
è chiaro che la morte si avvicina anche per me.
ora, di questa registrazione io ho seguito la seconda parte, quasi tre ore di spettacolo, è un confortante messaggio per l'umanità: la bellezza esiste, la memoria ha un valore assoluto, il legame ci tiene in vita, il teatro è un'esperienza straordinaria, la conoscenza ci salverà tutti.
sentire Strehler che recita e legge e spiega mi ha ipnotizzato. ho seguito la presentazione con il testo di Brecht in mano, la sala del Chiostro Nina Vinchi lo consentiva, era luminosa, e rumorosa, con pochissimi avventori a gustarsi il capolavoro. ma io c'ero.
ah si, io c'ero.
la figura di Galileo, che abiura, per paura, lo fa uomo. di scienza e di umana debolezza.
forse, al cambiamento epocale che sarebbe seguito al suo spodestamento della terra nel sistema solare, non era pronto nemmeno lui. e Brecht ce lo dice, non siamo mai del tutto buoni e mai del tutto cattivi, mai del tutto geniali e mai del tutto meschini.
una domanda che mi faccio: i miei l'avranno vista?
più invecchio e più mi domando cosa facevano i miei genitori.
e se stabilisco che si, l'hanno vista, si ci sono stati, si ci sono venuti, si l'hanno fatto, mi viene da piangere.
è chiaro che la morte si avvicina anche per me.
ora, di questa registrazione io ho seguito la seconda parte, quasi tre ore di spettacolo, è un confortante messaggio per l'umanità: la bellezza esiste, la memoria ha un valore assoluto, il legame ci tiene in vita, il teatro è un'esperienza straordinaria, la conoscenza ci salverà tutti.
sentire Strehler che recita e legge e spiega mi ha ipnotizzato. ho seguito la presentazione con il testo di Brecht in mano, la sala del Chiostro Nina Vinchi lo consentiva, era luminosa, e rumorosa, con pochissimi avventori a gustarsi il capolavoro. ma io c'ero.
ah si, io c'ero.
la figura di Galileo, che abiura, per paura, lo fa uomo. di scienza e di umana debolezza.
forse, al cambiamento epocale che sarebbe seguito al suo spodestamento della terra nel sistema solare, non era pronto nemmeno lui. e Brecht ce lo dice, non siamo mai del tutto buoni e mai del tutto cattivi, mai del tutto geniali e mai del tutto meschini.
...
ANDREA Volevate guadagnar tempo per scrivere il libro che solo voi potevate scrivere. Se foste
salito al rogo, se foste morto in un'aureola di fuoco, avrebbero vinto gli altri.
GALILEO Hanno vinto gli altri. E un'opera scientifica che possa essere scritta da un uomo solo,
non esiste.
ANDREA Ma allora, perché avete abiurato?
GALILEO Ho abiurato perché il dolore fisico mi faceva paura.
ANDREA No!
GALILEO Mi hanno mostrato gli strumenti.
ANDREA Dunque non l'avete meditato?
GALILEO Niente affatto.
Pausa.
ANDREA (forte) La scienza non ha che un imperativo: contribuire alla scienza.
GALILEO E questo, l'ho assolto. Benvenuto allora nella mia sentina, caro fratello di scienza e
cugino di tradimento! Vuoi comprare pesce? Ho pesce! E non è il mio pesce che
puzza, sono io. Io svendo, e tu acquisti. O irresistibile potere di questa merce
consacrata, il libro! Gli basta guardarlo perché gli venga l'acquolina in bocca e ricacci
giù tutti gl'improperi. La grande Babilonia, la scarlatta belva assassina, spalanca le
cosce, ed ecco, tutto è cambiato. Santificata sia la nostra congrega di trafficanti, di
riverginatori e di tremebondi davanti alla morte!
ANDREA La paura della morte è umana! E le debolezze umane non interessano la scienza.
GALILEO No !... Caro Andrea, anche nella mia attuale con dizione mi sento di orientarti un
poco su tutto ciò che interessa questa professione di scienziato, cui ti sei legato per
l'esistenza.
Breve pausa.
GALILEO (con le mani professoralmente congiunte sull'adipe) Nel tempo che ho libero - e ne
ho, di tempo libero - mi è avvenuto di rimeditare il mio caso e di domandarmi come
sarà giudicato da quel mondo della scienza al quale non credo più di appartenere.
Anche un venditore di lana, per quanto abile sia ad acquistarla a buon prezzo per poi
rivenderla cara, deve preoccuparsi che il commercio della lana possa svolgersi
liberamente. Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio.
Essa tratta il sapere, che è un prodotto del dubbio; e col procacciare sapere a tutti su
ogni cosa, tende a destare il dubbio in tutti. Ora, la gran parte della popolazione è
tenuta dai suoi sovrani, dai suoi proprietari di terra, dai suoi preti, in una nebbia
madreperlacea di superstizioni e di antiche sentenze, che occulta gli intrighi di costoro.
Antica come le rocce è la condizione dei più, e dall'alto dei pulpiti e delle cattedre si
suole dipingerla come altrettanto imperitura. Ma la nostra nuova arte del dubbio
appassionò il gran pubblico, che corse a strapparci di mano il telescopio per pun-tarlo
sui suoi aguzzini. Cotesti uomini egoisti e prepo-tenti, avidi predatori a proprio
vantaggio dei frutti della scienza, si avvidero subito che un freddo occhio scien-tifico
si era posato su una miseria millenaria quanto artificiale, una miseria che chiaramente
poteva essere eliminata con l'eliminare loro stessi; e allora sommersero noi sotto un
profluvio di minacce e di corruzioni, tale da travolgere gli spiriti deboli. Ma possiamo
noi ripu-diare la massa e conservarci ugualmente uomini di scienza? I moti dei corpi
celesti ci sono divenuti più chiari; ma i moti dei potenti restano pur sempre
imperscrutabili ai popoli. E se la battaglia per la misurabilità dei cieli è stata vinta dal
dubbio, la battaglia della massaia romana per il latte sarà sempre perduta dalla
credulità. Con tutt'e due queste battaglie, Andrea, ha a che fare la scienza. Finché
l'umanità continuerà a brancolare nella sua nebbia millenaria di superstizioni e di
venerande sentenze, finché sarà troppo ignorante per sviluppare le tue proprie energie,
non sarà nemmeno capace di sviluppare le energie della natura che le vengono svelate.
Che scopo si prefigge il vostro lavoro? Io credo che la scienza possa proporsi altro
scopo che quello di alleviare la fatica dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza
non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere
per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non
sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo. E quando, coll'andar del tempo, avrete
scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo
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allontanamento dall'umanità. Tra voi e l'umanità può scavarsi un abisso così grande,
che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale...
Nella mia vita di scienziato ho avuto una fortuna senza pari: quella di vedere
l'astronomia dilagare nelle pubbliche piazze. In circostanze così straordinarie, la
fermezza di un uomo poteva produrre grandissimi rivolgimenti. Se io avessi resistito, i
naturalisti avrebbero potuto sviluppare qualcosa di simile a ciò che per i medici è il
giuramento d'Ippocrate: il voto solenne di far uso della scienza ad esclusivo vantaggio
dell'umanità. così stando le cose, il massimo in cui si può sperare è una progenie di
gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare per qualsiasi scopo. Mi sono anche convinto,
Andrea, di non aver mai corso dei rischi gravi. Per alcuni anni ebbi la forza di una
pubblica autorità; e misi la mia sapienza a disposizione dei potenti perché la usassero,
o non la usassero, o ne abusassero, a seconda dei loro fini. (Virginia è entrata con un
vassoio: resta immobile ad ascoltare).
Ho tradito la mia professione; e quando un uomo ha fatto ciò che ho fatto io, la sua
presenza non può essere tollerata nei ranghi della scienza.
VIRGINIA Babbo, hai il tuo posto nei ranghi della fede.
(Si fa avanti e posa il vassoio sulla tavola).
GALILEO Giusto. Ora debbo cenare. (Andrea gli tende la mano: Galileo la vede ma non la
prende) Ormai anche tu insegni. Come puoi permetterti di stringere una mano come la
mia? (Va verso la tavola) Oggi un viaggiatore di passaggio mi ha mandato due oche.
Apprezzo sempre la buona mensa.
ANDREA Dunque, non pensate più che sia cominciata una nuova era?
GALILEO Al contrario. Abbiti riguardo. Quando attraversi la Germania, riponi la verità sotto il
mantello.
ANDREA (incapace di partire) Quanto al vostro giudizio sull'autore di cui abbiamo discorso,
non so che rispondervi. Ma non posso credere che quella vostra crudele analisi sia
l'ultima parola.
GALILEO Grazie, signore. (Comincia a mangiare).
VIRGINIA (accompagnando Andrea alla porta) Le visite degli amici del passato non ci fanno
piacere. Lo mettono in agitazione.
Andrea esce. Virginia torna nella stanza.
GALILEO (mangiando) Non hai pensato chi può aver mandato le oche?
VIRGINIA Andrea no.
GALILEO No, forse. Com'è la notte?
VIRGINIA (alla finestra) Chiara.
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