"Non eravamo emarginati. eravamo noi a emarginare la società. Vivevamo la nostra vita come la volevamo vivere in quel momento".
se abitate a Milano, ma anche se non ci abitate, non potete mancare alla Triennale, alla voce Nan Goldin, The ballad of sexual dependency.
Ispirato alla "The Threepenny Opera" di Bertolt Brecht e Kurt Weill, "The Ballad Of Dependency" è un'intera esistenza trasposta in slideshow: 700 immagini a colori montate in una sequenza di 45 minuti si susseguono su una colonna sonora che va dai Velvet Underground a Maria Callas, spaziando dal punk al pop all'opera.
si tratta di un'opera intensa e vivida, originale e onesta, senza veli, senza maschere.
una fotografia sfacciata, senza regole, certamente non formali, nemmeno morali.
foto e foto e foto, New York anni 80, tutte d'interni, si susseguono, quasi tutte scattate nello stesso modo, soggetti illuminati con il flash su sfondo scuro.
su tutti quella luce livida e, francamente, disperata.
io ho visto disperazione, devastante, abbandono, segregazione, dipendenza, botte, trascuratezza, povertà e miseria, luoghi sudici se non criminali.
sarà stata vera libertà?
"La mia arte è un audiovisivo. Non smetterò di farla evolvere per tutto il corso della mia vita. Questo lavoro è nato nel 1979 ma la Ballad continua a essere un scena."
bisogna stare lì, e partecipare, stare in scena.
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