il film di Bellocchio non è convincente.
se mi è piaciuto il capitolo su Bobbio antica, con l'esplorazione di quel femminino inarrivabile, sul mistero della donna, sull'inafferrabilità del desiderio femminile che crea dissesto e follia, mi è del tutto incomprensibile, fino alla noia, il capitolo sulla Bobbio moderna.
questo innesto nella storia è stonato, interrompe un flusso narrativo altrimenti interessante, aggiunge temi senza sintonia con il primo assunto. la narrazione del moderno femminino è priva di fascino e di energia. eppure, nella prima parte, la scena della cena tra Federico Mai, uomo d'arme, e le due sorelle, quella specie di sdoppiamento della figura femminile insieme a quel muoversi e parlare in sintonia, quel sussurrare e riproporre il dilemma della femminilità quale tema inafferrabile al mondo, non concettualizzabile, è magistrale.
quel che mi preme è soprattutto la tematica delle religione che invoca, consapevole?, inconsapevole?, la risoluzione allo spaesamento dettato da una suora, Benedetta, che esprime amore e sessualità, che produce morte e tradimenti, nella demonizzazione, nel nome di satana. si susseguono le torture, le prove di innocenza o colpevolezza, si invoca il rogo delle streghe, si marchia la carne con il fuoco, si mura viva per 30 anni la femminilità, e, tutto questo odio insensato, nel nome di dio.
ci stupiamo dell'Isis? Francesco, il papa, dice che usare il nome di dio per invocare odio e violenza è una bestemmia, eppure il passato della chiesa è pieno di queste mostruosità, l'Isis non si è inventato nulla.
nel nome di dio si compiono da sempre atrocità infami e feroci.
e il nome di dio può avere molte declinazioni, tutti in nome di un dio, di un bene, di un assoluto, di un dogma, di una convinzione, di una certezza, di un fanatismo, di una sacralità, tutti compiamo, in nome di quel nome, crudeltà innominabili.
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