non è facile raccontare il rapporto con la morte.
è facilissimo dire cose ovvie o fanatiche o ideologiche o anche semplicemente molto stupide.
nel film diretto da Valeria Golino e interpretato da Jasmine Trinca e da un meraviglioso Carlo Cecchi si cerca di non dire troppo, anzi si sta molto attenti a non dire nulla, in linea di massima si assiste ai movimenti che la morte, il suo pensiero, il suo desiderio o paura, induce negli esseri umani. quelli sani e quelli malati. quelli che desiderano rimanere vivi e quelli che agognano morire.
l'unica cosa che ho proprio sentito dire, da Miele, nome in codice dell'angelo della morte, la dispensatrice di barbiturici che uccidono senza dolore, è che nessuna delle persone che lei ha incontrato, nessuna e proprio nessuna, di quelle che l'hanno contattata per essere condotti dolcemente nel sonno senza ritorno, nessuna voleva veramente morire. erano solo stanchi di vivere una vita senza nome e senza dignità.
bisognerebbe capire la distinzione tra desiderio di morire e desiderio di non vivere più una vita senza senso, forse non sono la stessa cosa o forse invece esattamente si. nella mia vita professionale, pur essendo in realtà esposta molto più della media nazionale all'incontro con il suicidio, non posso dire di avere avuto modo di farci i conti molto spesso. mi ricordo sopra ogni altro un ragazzo, psicotico, angosciato, isolato dal mondo, risucchiato da una madre malata a sua volta, bipolare gravissima, e soprattutto incapace di separazione dal proprio figlio, rimasto bambino fino all'età ormai adulta. ho avuto notizia del suo suicidio per defenestramento dopo mesi che non lo vedevo più, mentre era ricoverato in comunità, proprio là dove avrebbe dovuto riabilitarsi, ricostruirsi, separarsi. invece la separazione è stata totale, definitiva, senza ritorno.
ero molto giovane, assolutamente inesperta, la notizia mi colse su un piano molto personale, come nella mia professione non deve accadere.
ma è proprio su questo aspetto, quello del versante psichiatrico del desiderio di morte, che il film, la storia che racconta, trova il suo orizzonte visivo interessante. finché si tratta di profondere morte, per professione, a malati terminali, la coscienza di Miele procede diritta, senza intoppi, senza angosce, né ripensamenti, quando è il malato depresso che chiede di morire, la macchina dispensatrice si blocca. Miele va in crisi, si fa domande, entra in angoscia, non ce la fa più a viaggiare fino in Messico per procurarsi barbiturici per cani che in Italia non si vendono più.
è lecito, legittimo, giusto, doveroso consentire di morire a chi non si muove più, paralizzato in ogni sua parte, dal letto, a malati distrofici o ritardati mentali gravissimi, a malati terminali oncologici, a pazienti in coma irreversibile ma non non lo è più se lo chiede un malato di depressione maggiore, melancolico, isolato, solo, disgustato, disancorato dalla vita? un depresso può consegnarsi alla morte da solo, può buttarsi giù dalla finestra, no? tagliarsi le vene no? o come ha tentato, senza riuscirci, una mia paziente infermiera somministrandosi insulina, no? dov'è il limite tra la miseria esistenziale delle due condizioni patologiche? perché in un caso è lecito e nell'altra la coscienza fa un sussulto e protegge la vita cercando addirittura di renderla migliore. Miele si avvicina al malato depresso, cerca quasi di dissuaderlo, di volergli bene, di restituirgli un senso. ma non troverà un senso da donare alla vita dell'altro, lo troverà per se stessa.
il libero arbitrio vale solo per chi è paralitico o anche per chi decide coscientemente di porre fine a un'esistenza che dispensa torture dal primo respiro cosciente del mattino fino al sonno che somiglia tanto alla morte?
ho una paziente, anziana, di 85 anni, una donna di un'intelligenza superiore, dotata di uno spirito, una consapevolezza, un'acutezza mentale, una visione critica, una profondità morale, una curiosità culturale, una tenacia e caparbietà volitive che non ho mai conosciuto in nessuno. ha due figli disgraziatissimi, uno handicappato e una malata mentale bipolare con gravi difficoltà di adattamento alla vita. una donna la cui intelligenza, però, ha completamente mascherato, forse offuscato, o negato, la capacità affettiva. lo dice da sè, di aver vissuto la maternità mai in termini affettivi, di vicinanza fisica, viscerale, ma sempre come un mandato morale. desidera morire, ogni giorno che vive al mondo, desidera solo morire. mi ha chiesto, non sapendo nemmeno come si accende un pc, di fornirle informazioni sui centri svizzeri che praticano l'eutanasia.
l'ho fatto.
non lo farà mai, sa bene che il suo mandato, fino all'ultimo respiro, è di accudire quei figli che, senza di lei, saranno perduti, in un mondo civile, e parliamo di Milano, non dell'Uganda, che non fornirà loro nessuna assistenza adeguata, una vita dignitosa.
l'ho fatto.
sono un angelo della morte?
11 commenti:
penso che quel limite sia insito nella nostra cultura occidentale, e' ciòe di dividere il corpo e le sue sofferenze dal cervello e dalla sue sofferenze...se si aggiunge poi il concetto cattolico che l' anima risieda nel pensiero...nella sua più intrinseca forma...ecco gli scrupoli.
non ho visto Miele, mi riprometto di farlo quanto prima.
ciao
"E' lecito cosentire di morire ad un malato terminale, o comunque in stato di accudimento continuo, e non lo è per un depresso?"... Vorrei la domanda di riserva se possibile. Non ho (e ci mancherebbe) una risposta secca da poter dare, concordo però con la visione di Miele, nessuno vorrebbe veramente morire, ma si è stanchi di una vita senza senso, e soprattutto senza speranza. Negli ultimi 2 mesi sono stato toccato da 2 suicidi: Una mia amica, malata forse senza speranza, e un altra persona, conosciuta nella mia attività di volontariato, nell'ambito dei problemi alcolcorrelati. Entrambe fortemente depresse, stanche di vita priva di visione prossima o futura. Mi sarebbe piaciuto ci fosse stato Miele al loro fianco, perchè se non è possibile modificare in meglio, malattie certe e gravissime, forse lo è, nel cercare di migliorare la condizione di un depresso. Ma tu questo lo sai, e lo sperimenti nella tua professione.
Angelo della Morte? No, persona sensibile.
p.s. post che meriterebbe riflessioni certamente più meditate.
no, sei umanissima,e,questo lo sai ha un prezzo.condivido.sei forte papillon rouge,ed hai,per quel che mi è dato vedere,delle buone persone che ti seguono(blog)e sono con te,giustamente.ti auguro serenità.p.s.miele voglio vederlo.
elisa e giuliano sangiorgi:"ti vorrei sollevare".per la nostra bella comune amica,la dolce papillon rouge.continua su questo sentiero.con vicinanza..
gli e la dedichiamo alla ns. amica una liturgia rock?ma sì dai,si apra il sipario,questa è tutta per te papillon rouge:"inuendo"dei fantasmagorici QUEEN.
CORTE SCONTA FERMATI, non riesco a starti dietro, neanche volendo, troppi commenti, troppi post, troppe canzoni, troppi complimenti.
Mi confondi e non ho una scorta di parole sufficiente per stare dietro alle tue!
però Grazie, sei un'iniezione di fiducia.
Ciao S, i tuoi commenti mi lasciano spesso un po' spiazzata. non so cosa c'entri qui il concetto cattolico, non l'ho espresso in nessun modo e in nessun modo è espresso nel film. perchè ce lo devi mettere dentro a tutti i costi? che l'anima risieda nel pensiero è poi un pensiero aristotelico, credo, e penso che i cattolici l'anima l'abbianmo trattata relativamente poco se non in relazione alla sua presunta immortalità, ma poi che c'entra qui l'anima con il pensiero? la questione del film, e del mio post, è solo il dubbio, il solo dubbio di essere nella cosa giusta, di fare la cosa giusta, di incontrare qualcosa che a un certo punto, in una convinzione prima vitale -o mortifera-, mette in crisi il proprio credo. qui è l'eutanasia: un principio che vale per tutti o vale solo per alcuni? ha un senso dare valore solo al dolore del corpo? avevi comiciato bene..e poi io non ho più capito bene.
ciao
Monteamaro, non ci sono risposte. solo domande, secondo me. ho lettto il tuo post sul tuo blog. noi non possiamo sapere, nessuno può sapere, nessuno può dire perchè.
forse ci voleva Miele, forse ci sarebbe voluto qualcos'altro.
a presto
mi scuso,ho ecceduto iperbolicamente..abitualmente(sic!)non agisco comme ça.la terra che genera(madre)decise la disintegrazione,così,senza apparenti "giustificanti motivazioni".troppo viscerale la questione per poter essere influenzata dall'esterno.non so,non so davvero..buona serata papillon rouge.
com'è la faccenda della terra, madre terra, che decide la disintegrazione senza giustificanti motivazioni? ti riferisci alla morte?
sì.hai capito.non ne dubitavo..ho visto che hai pubblicato altro.alcune sono belle.buona serata papillon rouge e grazie.
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