ascoltando Amos Oz, scrittore israeliano, e il suo Tra amici, libro leggero ma intelligente, acuto e sottile, una raccolta di racconti che fanno il giro tra gli abitanti di un kibbutz, piccole cellule sociali improntate alla solidarietà e alla condivisione di tutto, anche dei figli, mi ha colpito la storia di un padre che guarda attonito e dolente la figlia di 18 anni che intreccia una storia d'amore con un uomo, suo amico, di almeno trent'anni più vecchio di lei: la guarda e la vede bambina, come non è ma come non sa vedere diversamente.
ascoltando ho focalizzato quel che non mi voglio dire ma che da sempre so, che pur non potendomi definire una madre ansiosa o controllante o apprensiva -no- non so lasciar andare. non mi fido, non credo che ci sia già la capacità di un fare autonomo e non so lasciare andare, non ci credo ancora, che tu sia adulto. no non ci credo e, lo vedo bene, non allento il mio sguardo protettivo, il mio bisogno di dirigerti, il mio bisogno di dirti come devi fare. e di soffrire vedendo che non lo fai, rifiutandomi per poter crescere, a modo tuo.
per ora non c'è soluzione, alla negazione del riconoscimento della mia parola, corrisponde solo un infinito dolore, che non passa e mai passerà perchè la tua parola non sarà mai la mia, ma solo la tua.
bisogna saper attendere, aspettare senza suggerire soluzioni non richieste, senza prevenire i bisogni.
e così dovrà essere.
per ora non c'è soluzione, alla negazione del riconoscimento della mia parola, corrisponde solo un infinito dolore, che non passa e mai passerà perchè la tua parola non sarà mai la mia, ma solo la tua.
bisogna saper attendere, aspettare senza suggerire soluzioni non richieste, senza prevenire i bisogni.
e così dovrà essere.
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