ci cammino, per Venezia, e mi viene in mente quando già ci sono stata.
a Carnevale, con un ex fidanzato.
con mio padre.
con i miei figli, piccoli, a visitare il quartiere ebraico.
a teatro trasportata da Paolini.
e ho un ricordo confuso, non sono nemmeno certa che sia reale. mi addentro in una zona nera, mi capita spesso, in cui ho dei ricordi, a casa di un amico, in una casa terribile, in affitto? in giro per la città, ma quando? a fare cosa? è una fantasia? è il lembo di un sogno? eppure potrebbe essere accaduto ma gli elementi non sono sufficienti a ricostruire un fatto, un dato reale, una verità.
Venezia mi fa un effetto terribile, soprattutto al suo interno, quando dalla luce dei canali e dell'acqua ci si addentra nei vicoli. mi sento quasi male, detesto la gente, la calca, le strade strette affollate di gente e di negozi di scarsa qualità. non so se sono influenzata da una visione cinematografica o se questa chiusura claustrofobica è la mia costruzione inconscia. se per Lacan l'inconscio era Baltimora all'alba non vorrei mai che il mio siano i vicoli chiusi velenosi di Venezia. sento qualcosa di malsano, di onirico, di pauroso. cammino verso il ponte dei sospiri e sono aggredita da una rabbia furibonda verso il mondo che abito, che vivo, detesto la globalizzazione che porta orde di esseri umani ovunque, come a Praga anni fa, sono pervasa da una sensazione di disperazione, di mancanza di speranza verso l'umanità. cosa ci fa qui, sempre, sempre, tutti i giorni tutta questa gente? passo davanti al caffè Florian e di nuovo mi assale una nausea, un malessere che mi scuote, peso a quando ci entrai accompagnata da mio padre e lo vedo ora con la coda fuori -la coda per entrare al Florian? cos'è una fiera, un circo, expo?- e lo sbircio dentro molestato, abusato dai giapponesi in ciabatte e dagli americani con le magliette sudate e sfatte e dalle russe vestite come serve della gleba sotto quintali di rossetto zeppe cosce di fuori e unghie da strega. ma cos'è? cosa succede? dov'è il caffè Florian? dove avete messo Venezia?
cammino e penso a Valera Solesin, penso alla piazza durante il funerale, all'imam e al rabbino, a questo penso camminando a Venezia, alla morte, al terrorismo universale. sono strattonata da pensieri di morte, di morte furibonda violenta, da massacri, dal non senso.
cammino e incrocio una coppia anziana, veneziani, lei di un'eleganza inesistente, oggi, un'eleganza fuori dal mondo, fuori dal tempo, ineguagliabile, assoluta, totalizzante, lui, anche di più, un cappotto, un cappello, un capogiro. mi sento di nuovo male, mi sento come presa da un sogno, una reminiscenza, un'immagine di un film, un'archeologia, sono passata accanto a dei fantasmi, al mio fantasma, una coppia veneziana elegante e distinta, chi sono, da che mondo vengono?
sono a Venezia e sono presa dalla mancanza di senso, cammino per i vicoli, non mi piacciono, sono stanca, vorrei la luce e l'acqua, questi ponti, questi vicoli li vorrei vuoti, diversi, li vorrei sani, senza il tempo moderno, senza la sporcizia, senza l'affanno, senza gli strattoni, senza il consumo, senza.
dove sono? dove sto camminando? in che posto sono?
non sono in me
o
ci son dentro, fin troppo.
2 commenti:
amo il tuo blog anche per questo addentrarsi nelle nebbie dell'anima..
Buongiorno Corte Sconta, che bella cosa che mi hai detto.
grazie.
Buona giornata
Rossa
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