sono da poco nell'America di Kafka e già ne avverto il potente alone persecutorio.
sono dentro una sensazione di ambiguità, qualcosa già non va e sono solo all'inizio.
il giovane Karl, 16 anni, è stato condannato, prima ancora dell'inizio del libro.
Quando il sedicenne Karl Rossmann, mandato in America dai suoi poveri genitori perché una cameriera l'aveva sedotto e aveva avuto un figlio da lui, entrò con la nave a velocità ridotta nel porto di New York, vide la Statua della Libertà, che già stava contemplando da tempo, come immersa in una luce d'un tratto più intensa. Il braccio con la spada sembrava essersi appena alzato, e attorno alla sua figura spiravano liberi i venti.
arriva in America con la colpa dell'errore che grava su di lui, la famiglia lo ha allontanato, a causa di comportamenti licenziosi, e non di casa, non di città, non di nazione ma di continente.
in esilio.
e l'esilio sembra sussistere ovunque, Karl rimane estraneo, estraniato, alienato, fuori dai contesti.
prima di sbarcare assiste a una specie di processo di un macchinista incontrato per caso. inutile dire che le istanze del lavoratore non verranno accolte. forse verrà punito.
in quell'occasione incontra casualmente uno zio, lo zio d'America, ma uno strano gioco di nomi e cognomi rende subito sospetta l'autenticità del riconoscimento.
Karl è costantemente in balia dell'altro, dello zio, degli amici dello zio, della figlia dell'amico dello zio, come se la sua identità non contasse nulla, come se tutto accadesse in un modo governato dall'Altro, un altro persecutore, inesorabile giudice di ogni suo gesto.
La cena si trascinò con estrema lentezza per la meticolosità con cui il signor Green gustava ogni portata, anche se era sempre pronto ad accogliere ogni nuovo piatto senza dar segni di stanchezza, era proprio come se volesse rifarsi una volta per tutte della sua vecchia governante. Di tanto in tanto lodava l'arte della signorina Klara nella conduzione della casa, cosa che la lusingava visibilmente, mentre Karl era tentato di ribattere, come se la stesse criticando. Tuttavia, il signor Green non si contentava di occuparsi di lei, ma deplorò più volte, senza staccare gli occhi dal piatto, la sorprendente mancanza di appetito di Karl. Il signor Pollunder prese a difendere l'appetito di Karl, sebbene, come ospite, avrebbe dovuto sollecitarlo a mangiare. E in effetti Karl si sentiva così debole di fronte alla costrizione di cui soffrì per tutta la durata della cena, che contro il suo buon senso interpretò quella manifestazione del signor Pollunder in modo ostile. E soltanto in virtù di questo suo stato d'animo a un tratto si mise a mangiare molto e con una rapidità del tutto sconveniente, finché, stanco, lasciò di nuovo a lungo sul tavolo forchetta e coltello e rimase immobile in mezzo ai commensali, tanto che il cameriere che serviva i cibi non sapeva più come comportarsi. «Domani stesso racconterò al senatore come ha offeso la signorina Klara con la sua mancanza d'appetito», disse il signor Green, e si contentò di esprimere la scherzosità delle sue parole maneggiando le posate in un certo modo.
La cena si trascinò con estrema lentezza per la meticolosità con cui il signor Green gustava ogni portata, anche se era sempre pronto ad accogliere ogni nuovo piatto senza dar segni di stanchezza, era proprio come se volesse rifarsi una volta per tutte della sua vecchia governante. Di tanto in tanto lodava l'arte della signorina Klara nella conduzione della casa, cosa che la lusingava visibilmente, mentre Karl era tentato di ribattere, come se la stesse criticando. Tuttavia, il signor Green non si contentava di occuparsi di lei, ma deplorò più volte, senza staccare gli occhi dal piatto, la sorprendente mancanza di appetito di Karl. Il signor Pollunder prese a difendere l'appetito di Karl, sebbene, come ospite, avrebbe dovuto sollecitarlo a mangiare. E in effetti Karl si sentiva così debole di fronte alla costrizione di cui soffrì per tutta la durata della cena, che contro il suo buon senso interpretò quella manifestazione del signor Pollunder in modo ostile. E soltanto in virtù di questo suo stato d'animo a un tratto si mise a mangiare molto e con una rapidità del tutto sconveniente, finché, stanco, lasciò di nuovo a lungo sul tavolo forchetta e coltello e rimase immobile in mezzo ai commensali, tanto che il cameriere che serviva i cibi non sapeva più come comportarsi. «Domani stesso racconterò al senatore come ha offeso la signorina Klara con la sua mancanza d'appetito», disse il signor Green, e si contentò di esprimere la scherzosità delle sue parole maneggiando le posate in un certo modo.
lo zio lo ripudia, e nuovamente lo allontana, a causa di un banalissimo equivoco: Karl decide di accettare un invito che lo zio sembra non approvare e scopre di avere avuto la possibilità di rimediare e di evitare l'esilio nell'esilio ma un personaggio perfido e inaffidabile farà in modo che il tempo passi, che la redenzione non possa avere atto, che venga superato il limite imposto, il tempo fissato per poter rimediare. superata la mezzanotte, tutto è perduto.
siamo nella mitologia della colpa, che esilia, che opprime, che annienta, colpa che, accertata o meno, realistica o meno, condurrà all'inevitabile condanna. Karl, al momento, non sembra nemmeno interrogarsi sulla sua colpevolezza, accetta le punizioni come un destino.
le parole, i gesti, i personaggi, tutto verte in questa direzione e si legge ogni pagina del romanzo con la sensazione di una tensione crescente, di un'ansia, di una previsione di rovina. accadrà, certamente accadrà.
Karl stava in ascolto come se ci fosse una minaccia nell'aria.
2 commenti:
quanto è attuale questa sensazione di precarietà e di paura..
buon fine settimana Rossa,sempre all'altezza..
Buongiorno Corte Sconta, rispondo tardi ma non ho quasi più il bene dell'uso del pc...
Grazie del commento, il mio fine settimana è stato buono e spero anche il tuo!
Precaria, io, sempre, e la pressione arteriosa sale, mannaggia.
buona giornata
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