bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

domenica 6 settembre 2015

guardando Giotto "la giornata radiosa sembra aver varcato anch’essa la soglia, assieme al visitatore

ne ho imparate di cose, ieri sera, a Palazzo Reale.
la mostra di Giotto ha molto da dire, molto da insegnare.
sul piano didattico è veramente sorprendente, mi sono sentita una studentessa a scuola.
ho imparato quel che tra i banchi, mi sembra, nessuno mi ha insegnato.
che Giotto è stato un pittore di grandissimo successo, una star della sua epoca, un autentico imprenditore, e un artista di enorme talento, di straordinaria portata rivoluzionaria.
innovatore dell'arte pittorica italiana, Giotto è vissuto tra il 1267 e il 1337  (mica poco direi) e conteso tra Cardinali e Papi, domenicani e francescani, tra Assisi e Rimini e Roma e Bologna, tra il re di Napoli e il signore di Milano, Azzone Visconti. infatti, non lontano dalle sale della mostra a Palazzo Reale, aveva lavorato, in altre sale adiacenti, su committenza del gran signore. ma, purtroppo, tutto è andato perduto.
sono 13 le opere esposte, per ognuna la spiegazione dell'audioguida è molto esaustiva, e, per tutte, due sale riassuntive spiegano con particolari attenti ed estrema cura le peculiarità artistiche di Giotto.
Si attraverseranno dapprima le sale in cui saranno esposte le opere giovanili: il frammento della Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e l’altra Maestà della Vergine, da San Giorgio alla Costa, documentano il momento in cui il giovane Giotto era attivo tra Firenze e Assisi. Poi il nucleo dalla Badia fiorentina, con il polittico dell’Altar Maggiore, attorno al quale saranno ricomposti alcuni frammenti della decorazione affrescata che circondava lo stesso altare. La tavola con il Padre Eterno in trono proviene dalla Cappella degli Scrovegni e documenta la fase padovana del maestro. Segue poi lo straordinario gruppo che inizia dal polittico bifronte destinato alla cattedrale fiorentina di Santa Reparata, e che ha il suo punto d’arrivo nel polittico Stefaneschi, il capolavoro dipinto per l’altar maggiore della Basilica di San Pietro. Il percorso espositivo si chiude con i dipinti della fase finale della carriera del maestro: il polittico di Bologna, che Giotto dipinse nel contesto del progetto di ritorno in Italia, a Bologna, della corte pontificia allora ad Avignone; e il polittico Baroncelli dall’omonima cappella di Santa Croce a Firenze, che nell’occasione della mostra verrà ricongiunto con la sua cuspide, raffigurante il Padre Eterno, conservata nel museo di San Diego in California.




ho potuto vedere bene l'espressività dei volti di Giotto, anche quella dei corpi. ho visto dei bambini giocare con le vesti delle madonne, ho visto delle mamme sostenere il corpo agitato del loro bambin Gesù, ho visto i volti stravolti degli angeli, ho visto le smorfie e il dolore e lo stupore  e le passioni di mota gente santa.
ho visto la partecipazione della natura, complemento delle passioni, capre e uccellini e gli alberelli che ondeggiano empatici, accanto alla desolazione di Plautilla che riceve indietro dal cielo, aperto come un paracadute, il velo insanguinato, che ha protetto gli occhi di Paolo decapitato.
ho saputo del superamento dell'arte bizantina e ho visto i giochi spaziali sofisticati di Giotto, la maestria e la bravura estrema nelle soluzioni architettoniche, ho visto, nel polittico Stefaneschi, dipinto sui due lati, le straordinarie, e partecipate, storie dei martirii di Pietro e Paolo, e giochi di rimandi, teoricamente infiniti, del polittico nel polittico:

sul lato anteriore rivolto verso i fedeli sono rappresentati S. Pietro in trono e il cardinale Stefaneschi, che tiene tra le mani il modellino del trittico che stiamo osservando e che contiene, a sua volta, un'altra raffigurazione del cardinale contenente lo stesso trittico, in una riverberazione senza fine.
De Chirico lo trovava metafisico e quando Proust, nelle Recherche, varca la Cappella degli Scrovegni, è come investito da un getto miracolato, d’un azzurro così azzurro, che «la giornata radiosa sembra aver varcato anch’essa la soglia, assieme al visitatore», il suo blu piaceva a Klein e Matisse diceva che “quando vedo gli affreschi di Giotto non mi preoccupo di sapere quale scena di Cristo ho sotto gli occhi ma percepisco il sentimento contenuto nelle linee, nella composizione, nei colori”.
io lo trovo vivo, vicino, animato, moderno.

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