non saprei dire,
mi aspettavo, al PAC, una mostra sulla scrittura e pittura cinese -in Cina scrivere è dipingere- ma ho trovato una mostra di installazioni contemporenee, cinesi.
niente di nuovo o particolarmente interessante.
qualcosa da salvare c'è, c'è sempre, ma non la mostra per intero.
mi spiegano, e io rimango affascinata, che ”Jing Shen” vuol dire ”consapevolezza del gesto”, ma anche ”forza interiore”. Si riferisce al momento che nella pittura classica - anche di matrice buddista e taoista - precede l’atto pittorico. È l'apice del lavoro preparatorio che viene prima di affrontare la produzione di un’immagine. Un’idea e una pratica che mettono l’accento sulla ricerca meditata della consapevolezza e sul suo risultato attivo: il gesto, l’atto della pittura.
ma non ritrovo tanta meravigliosa intensità nelle opere esposte e nemmeno quanto l’arte e le avanguardie occidentali del secondo dopoguerra siano state influenzate da questa cultura artistica, dalla pittura a inchiostro e dalla calligrafia, e dalle filosofie a queste sottese.
le parole ingannano, non dicono quel che la sintassi ci induce a credere.
questo ho imparato.
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