“L’uomo che vuole imporre la sua diversità con la violenza fa pensare che
nascere donna sia quasi un invito al delitto. L’Uomo non riesce ad abdicare al
proprio trono selvaggio e ci sono donne, così stupide come me, che provano
intolleranza mista ad amore verso ‘i portieri di notte’. Io non lotto per le
anime delle donne, per la loro rivendicazione civile e sessuale. (…) Checché
se ne dica la donna un poco ama la violenza che sta come l’ombra alla luce,
la notte al giorno”.
voce fuori dal coro, come sempre la Merini. una considerazione, analitica, sulle donne interessante dal mio punto di vista, la pubblico oggi e non il 25, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, volutamente.
e pubblico questo bellissimo articolo di Monica Vacca tratto dall'Ebook a cura dell'Istituto Freudiano:
FEMMINICIDIO. IL FEMMINILE IMPOSSIBILE DA SOPPORTARE.
(raccolta di testi di rappresentanti istituzionali, giuristi, psicoanalisti e operatori del sociale riunitisi a Roma il 17 Maggio 2013 alla Casa Internazionale delle Donne)
da leggere.
e pubblico questo bellissimo articolo di Monica Vacca tratto dall'Ebook a cura dell'Istituto Freudiano:
FEMMINICIDIO. IL FEMMINILE IMPOSSIBILE DA SOPPORTARE.
(raccolta di testi di rappresentanti istituzionali, giuristi, psicoanalisti e operatori del sociale riunitisi a Roma il 17 Maggio 2013 alla Casa Internazionale delle Donne)
da leggere.
Crisi. Crisi economica, crisi politica, crisi spirituale, crisi
istituzionale. È lecito domandarsi che cosa succede? Niente è
più quel che era. Qualcosa nel sistema è imploso. Se da una
parte i nostalgici non mancano di rievocare la tradizione,
dall’altra un nuovo vento soffia. Vento che soffia nella rete.
La rete è il teatro di incontri amorosi, relazioni interpersonali,
movimenti politici, anche il Papa twitta. Non si può più fare a
meno della rete. Ci troviamo in un’era dominata dal discorso
della scienza e dal discorso del capitalismo-finanziario. “Sono
Introduzione12
i due discorsi che prevalgono nella modernità e che dall’inizio,
dalla loro apparizione, hanno cominciato a distruggere la
struttura tradizionale dell’esperienza umana ”. Si è sgretolata
la funzione del simbolico. E “il disagio della civiltà” si
estende.Nel 1938, anno delle leggi razziali, Jacques Lacan
mette in luce “il declino sociale dell’imago paterna”. Ma già
da qualche anno era in atto la ripulitura sociale sostenuta
dall’Eugenetica. I primi a essere sterminati sono stati i bambini
handicappati e i malati psichici, quelli che Hitler chiamava
“vite indegne di essere vissute”.
Nel 1967, Lacan a proposito dei campi di concentramento,
in modo profetico afferma “Abbreviamo per dire che ciò
che abbiamo visto emergere, con nostro orrore, rappresenta
la reazione di precursori riguardo a ciò che andrà
sviluppandosi come conseguenza del rimaneggiamento dei
raggruppamenti sociali a opera della scienza e segnatamente
dell’universalizzazione che essa introduce qui. Il nostro
avvenire basato sui mercati comuni troverà la sua bilancia
con una sempre più dura estensione dei processi di segregazione”. Un anno dopo nel 1968, Lacan articola
l’evaporazione del padre con la segregazione: “Noi pensiamo
che l’universalismo, la comunicazione della nostra civiltà
omogeneizzi i rapporti tra gli uomini. Al contrario io penso
che ciò che caratterizza la nostra era - e non possiamo non
accorgercene - è una segregazione ramificata, rinforzata, che
fa intersezione a tutti i livelli e che non fa che moltiplicare le
barriere”.
Ecco le coordinate che costituiscono ciò che oggi definiamo
come multiculturalismo e globalizzazione. In passato il padre
funzionava come garante e come principio regolatore. Oggi
invece niente è più al suo posto. Se da un lato l’Uno del
mercato spinge, dall’altro il molteplice delle culture esplode.
Comanda il mercato globale, “la mano invisibile”. Per dirla con
Toni Negri siamo nell’Impero: “L’impero non solo amministra
un territorio e una popolazione, ma vuole creare il mondo
reale in cui abita. Non si limita a regolare le interazioni umane, ma cerca di dominare la natura umana ”. L’Impero
si costituisce dopo la caduta del muro di Berlino, caduta
che apre la porta all’ipermodernità. La civiltà ipermoderna si
fonda sull’assenza di un principio unico regolatore che tiene
insieme il sistema sociale. I principi sono multipli, equivalenti
e interscambiabili. Assistiamo al declino di ciò che garantisce
l’ordine delle cose. La società della disciplina cede il posto
alla società del controllo. Siamo sotto l’egida del biopotere.
La scienza si allea alla finanza, identifica i fattori di rischio
e attraverso la politica della prevenzione e della guerra
giusta produce nuove forme di segregazione, vite di scarti.
L’ipermodernità è il tempo dell’accelerazione. Muta la nozione
di spazio e di tempo. La società diviene “liquida”.
Una nuova geografia sociale prende corpo: famiglie
monoparentali, ricomposte, allargate, omosessuali. L’ordine
della famiglia si sovverte. Cade la famiglia come sostegno
alla sceneggiata del rapporto sessuale, quello che Freud
chiamava Edipo. Siamo nell’era del dopo Edipo. La maternità era dell’ordine della natura, la paternità aveva lo statuto
della legge, della parola, della fiducia. Oggi l’esame del
DNA mostra la certezza della paternità. Si sfalda la nozione
di natura, di ordine naturale che legava donna e maternità.
La disgiunzione tra procreazione e sessualità prende avvio
con l’introduzione del contraccettivi, per poi consolidarsi
con l’aborto, e infine prende la rincorsa con l’avvento delle
biotecnologie: la fecondazione assistita, la fecondazione
eterologa, l’utero in affitto. Non più mater certa est.
Nell’epoca della comunicazione generalizzata la parola perde
consistenza e lascia il posto all’acting-out e al passaggio
all’atto. I legami sociali si allentano, si disfano. “ciò che è
stato rigettato dal simbolico riappare nel reale”, in particolare
ritorna sotto forma di violenza, di odio e di razzismo. Le
pratiche di rottura dilagano. Si legge sempre più spesso di
femminicidi, di violenza domestica, di violenza bruta tra
giovanissimi. Possiamo dire con Lacan che “la violenza è
l’aspetto essenziale dell’aggressione, almeno sul piano umano. Non è la parola è esattamente il contrario. Ciò che si può
produrre in una relazione interumana è o la violenza o la
parola”.
Sulla violenza domestica
A livello mondiale la violenza domestica è la causa principale
di morte o lesioni nelle donne tra i 16 e i 44 anni. Nel mondo
una donna su 3 è stata picchiata o è stata vittima di abusi
da parte del partner. In Italia, nella fascia di età tra i 16 e
i 50 anni, le donne muoiono più per violenza domestica e
sessuale che per malattia o incidenti stradali. Dal 2002 al 2012
sono state uccise 2061 donne. Il 10% delle donne in Europa è
vittima di stupro o di tentato stupro. 127 femminicidi nel 2012
di cui il 70, 8% perpetrato in ambito familiare o affettivo. A
maggio del 2013 si rilevano 27 femminicidi. Morti annunciate,
nella maggior parte dei casi l’assassino era stato denunciato
per violenze, atti persecutori, maltrattamenti. Non mancano le polemiche sui dati, ma al di là dei numeri
ci troviamo qui ad affrontare un tema spesso mal-trattato e
sfruttato dai media. Oggi abbiamo l’opportunità di offrire una
possibile lettura di questo fenomeno che non è altro che la
punta di un iceberg, la cui parte sommersa fatta di soprusi,
maltrattamenti, violenze ogni giorno si consuma avvolta dal
silenzio. Silenzio assordante. Il 25 giugno 2012 la relatrice
speciale delle Nazioni Unite Rashida Manjoo afferma: “A
livello mondiale la diffusione degli omicidi basati sul genere
ha assunto proporzioni allarmanti, culturalmente e socialmente
radicati, questi fenomeni continuano a essere accettati,
tollerati e giustificati, e l’impunità costituisce la norma… Le
donne è come se vivessero sempre “nel braccio della morte”.
La violenza non è più un problema privato ma politico.
Dunque quelle morti annunciate sono a carico delle Istituzioni
che non si adoperano per far fronte al fenomeno. E’ arrivato il
tempo di parlare, di gridare NO MORE.
Ma che cosa è il femminicidio? Neologismo cacofonico
introdotto da Marcela Lagarde, antropologa messicana. Il
femminicidio è la forma estrema di violenza di genere contro
le donne, prodotta dalla violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine.
Per dirla con Pierre Bourdier “la forma suprema, perché la più
sottile, la più invisibile” di dominio dell’uomo sulla donna”.
Ma c’è un al di là da mettere in luce, al di là che si apre a
partire dalla pratica clinica. Dunque una politica orientata
dall’inconscio, dalla logica del caso per caso. Se da un lato il
mandato sociale è aiutare le donne, dunque promuovere una
serie di servizi per il bene e la salute delle donne, dall’altra
l’orientamento psicoanalitico introduce una dimensione etica
che mira alla singolarità e che oltrepassa la logica universale
vittima-carnefice.
La pratica clinica ci mostra che c’è una certa regolarità nella
vita del soggetto, qualcosa si ripete nel modo di soddisfarsi,
nel modo di godere, nel modo di stare al mondo, nella
scelta del partner. La scienza dal canto suo tenta di rendere
conto della relazione tra i sessi, della relazione con l’Altro. I
laboratori scientifici vogliono scrivere le condizioni soggettive
dell’amore, della felicità, dell’attaccamento affettivo genitoriale
o amoroso. Uno studio recente, pubblicato in diversi giornali ha osservato che
più l’ossitocina è presente nel cervello degli individui più
la relazione amorosa sembra forte e duratura. Da quando
si può prevedere il potenziale di una relazione amorosa con
il dosaggio dell’ossitocina? Da quando si può rivitalizzare
una coppia con l’aiuto periodico dell’ossitocina? E l’odio?
Un interrogativo si palesa. L’odio è legato a un difetto di
ossitocina o all’azione di un altro ormone?
Con Freud e Lacan invece possiamo dire che l’amore e l’odio
hanno a che vedere con il godimento. Dunque è necessario
riprendere il cammino tracciato da Freud, cammino che si è
interrotto sulla “roccia basilare”, “il rifiuto della femminilità”,
ostacolo per uomini e donne,“ quell’inspiegabile intreccio di
Eros e Thanatos, l’odio che nasce ogni volta dall’amore, nella
vita personale come nella sfera pubblica”. Lacan nel 1971
afferma “È buffo che tutto questo abbia preso la forma di
una idealizzazione di una razza, ossia della cosa che in quella faccenda centrava di meno. (…) Ma intanto occorre dire
che non c’è nessun bisogno di una tale ideologia perché si
costituisca un razzismo basta un plusgodere che si riconosca
come tale”. Lacan dunque sovverte la prospettiva non si
tratta di ideologia ma di godimento. In Television profetizza
l’ascesa del razzismo, specificando che si tratta dell’odio
del godimento dell’Altro. Jacques-Alain Miller riprende la
questione e seguendo la pista tracciata da Lacan afferma:
l’uomo e la donna sono due razze non dal punto di vista
biologico ma per quanto riguarda il godimento. A partire
da questa sovversione si può aggiungere che il rapporto tra
i sessi per gli esseri parlanti non è dato dalla biologia, non
è scritto, non si può misurare. Altro accade tra gli animali
dove tutto è scritto nell’ordine della specie. Con Freud e
Lacan possiamo dire che per gli esseri parlanti l’incontro con
l’Altro sesso è sempre problematico. Il malinteso strutturale
dei sessi nasce proprio dal linguaggio. C’è una differenza
costitutiva fondamentale, differenza spesso impossibile da sopportare. “Questo significa che, invece di usare la
squisita cortesia animale, agli uomini capita di stuprare
una donna, o viceversa”. Freud termina la sua ricerca su
un interrogativo, che cosa vuole una donna? E definisce la
donna “un continente nero”, un enigma per l’uomo, ma
anche per la donna stessa. Poco prima di morire ci ricorda
che le analisi si arrestano per uomini e donne su un punto
cieco “il rifiuto della femminilità”. Lacan a partire dalla strada
tracciata da Freud va oltre, afferma che la donna non esiste,
ma esistono le donne. Detto altrimenti non c’è nell’inconscio
un significante che la dice donna. Infatti o la si diffama (ditfemme)
o la si idealizza. La violenza, l’odio, il disprezzo
si palesano ogni volta che la donna non si fa trovare là
dove un uomo la posiziona. Si assiste a un paradosso più
l’emancipazione della donna avanza, e più l’uomo perde la sua
identità e la perseguita “o mia o di nessun altro”.
Ma questo non vuol dire che non ci possa essere un incontro
felice tra un uomo e una donna, fondato sulla parola d’amore.
tratto da
FEMMINICIDIO.
IL FEMMINILE IMPOSSIBILE DA SOPPORTARE
Interventi del 17 Maggio 2013
Casa Internazionale delle Donne - Roma
(http://www.istitutofreudiano.it/sites/default/files/femminicidio.pdf)
Copyright 2013, Il Cortile - Consultorio di psicoanalisi applicata,
Istituto freudiano e la Scuola Lacaniana di Psicoanalisi,
in collaborazione con Parteciparte, Solidea, Tavolo Pari Opportunità
- Comitato Più scuola meno mafia, Casa Internazionale delle donne.