non me lo sono inventato io, 'sto titolo, è colpa di Micol Assael.
Chi è?
non lo so bene, è nata a Roma nel 1979, attualmente vive e lavora in Grecia, e presenta quest'opera d'arte contemporanea all'Hangar, amatissimo, Bicocca. che bel posto che è l'Hangar, è un posto figo. grande e alto, ben fatto, belle sale, bella gente, ampi spazi, gambe lunghe...è un figo. bello, fuori e dentro, come a volte si sente dire, incredibilmente, da qualcuno.
In ILIOKATAKINIOMUMASTILOPSARODIMAKOPIOTITA il suono comincia fin da titolo, una sorta di “scioglilingua musicale” che accorpa diversi termini greci, associati intenzionalmente dall’artista senza alcun significato, proprio per escludere qualsiasi chiave di lettura prestabilita.
Il suono, infatti, è l’elemento unificatore che tiene insieme le cinque opere realizzate da Micol Assaël nello Shed di HangarBicocca. Cinque ambienti, quasi micro elementi abitativi, con i quali i visitatori sono invitati a sintonizzarsi empaticamente per scoprirne i dettagli nascosti: in questo senso la dimensione dell’ascolto fisico e soprattutto mentale è centrale nella ricerca dell’artista.
l'esperienza è interessante se si considera che sono entrata sana e sono uscita con un forte mal di testa. e un vago senso di nausea, forse causato dal mal di testa stesso o forse no, chissà.
l'esperienza è fisica, come si legge sopra, e molto uditiva, come si legge sopra.
ma anche nasale, olfattiva.
nella grande sala ci sono cinque piccoli abitati, cinque piccole case, con cinque nomi diversi, irrilevanti.
l'effetto globale è quello di entrare, ogni volta, in un'archeologia recente, in luoghi consumati dal tempo, dal vento, dal freddo, dal rumore, dalla puzza, dall'usura del tempo, del degrado, dalla dimenticanza, dalla sofferenza.
Al centro dello Shed è installata 432Hz (2009-2014), un involucro di legno che racchiude un prezioso mondo iridiscente che rivela la centralità della natura nella ricerca di Micol Assaël, sono tante piccole arnie e rivelano un rumore di sottofondo, come di api al lavoro. Vorkuta(2003), realizzata sulla scia delle memorie di un viaggio compiuto dall’artista in Siberia, è una cella frigorifera la cui temperatura di -30° contrasta con una sedia regolata da un termostato interno e mantenuta a +37°C. Il suono e il bagliore di piccole scosse elettriche interrompono il rumore di sottofondo del motore della cella, che si presenta come un ufficio disabitato caratterizzato da strumentazioni obsolete. Mindfall (2004-2007) è costituita da un container di recupero con una sedia e dei tavoli, su cui sono disposti 21 motori elettrici che, accesi a intermittenza uno dopo l’altro, creano una sorta di composizione musicale. Senza Titolo (2003) è una piccola stanza in ferro attraversata da correnti di aria calda e fredda convogliate nello spazio da potenti ventilatori. Sub(2014), la nuova opera realizzata appositamente per la mostra di HangarBicocca, nasce invece dall’assemblaggio di alcuni espositori in vetro e alluminio. Il pubblico, osservando dall’esterno o entrando all’interno della struttura trasparente, assiste al fenomeno della nascita di cariche elettrostatiche prodotte da un “generatore Kelvin” che costituisce il cuore dell’opera.
indubbiamente l'artista riesce ad ottenere un effetto. intanto un effetto di estraniamento, il mio. ogni stanza era un luogo "altrove". un luogo possibile ma infrequentabile. non fantascienza, piuttosto dimensioni esistenti mai vissute, mai abitate, ma immaginabili. sono rimasta stordita dal rumore dei motori e dall'odore delle macchine, dal rumore sordo continuo delle api, dal gelo a -30 gradi e dal lampeggio accecante dei fili elettrici, dalla visione di poltrone letti e divani vecchi sfasciati consunti, brandine di ferro e molle, intontita dal rumore fortissimo del vento in una stanza in cui si poteva immaginare di essere sulla prua di una nave rompighiaccio.
a cosa serve? non lo so. ho pensato servisse solo a immaginare che oltre al mio sè, al mio luogo, al mio momento ce ne sono molti altri , molto più invivibili, ma ugualmente probabili, del mio.
l'effetto globale è quello di entrare, ogni volta, in un'archeologia recente, in luoghi consumati dal tempo, dal vento, dal freddo, dal rumore, dalla puzza, dall'usura del tempo, del degrado, dalla dimenticanza, dalla sofferenza.
Al centro dello Shed è installata 432Hz (2009-2014), un involucro di legno che racchiude un prezioso mondo iridiscente che rivela la centralità della natura nella ricerca di Micol Assaël, sono tante piccole arnie e rivelano un rumore di sottofondo, come di api al lavoro. Vorkuta(2003), realizzata sulla scia delle memorie di un viaggio compiuto dall’artista in Siberia, è una cella frigorifera la cui temperatura di -30° contrasta con una sedia regolata da un termostato interno e mantenuta a +37°C. Il suono e il bagliore di piccole scosse elettriche interrompono il rumore di sottofondo del motore della cella, che si presenta come un ufficio disabitato caratterizzato da strumentazioni obsolete. Mindfall (2004-2007) è costituita da un container di recupero con una sedia e dei tavoli, su cui sono disposti 21 motori elettrici che, accesi a intermittenza uno dopo l’altro, creano una sorta di composizione musicale. Senza Titolo (2003) è una piccola stanza in ferro attraversata da correnti di aria calda e fredda convogliate nello spazio da potenti ventilatori. Sub(2014), la nuova opera realizzata appositamente per la mostra di HangarBicocca, nasce invece dall’assemblaggio di alcuni espositori in vetro e alluminio. Il pubblico, osservando dall’esterno o entrando all’interno della struttura trasparente, assiste al fenomeno della nascita di cariche elettrostatiche prodotte da un “generatore Kelvin” che costituisce il cuore dell’opera.
indubbiamente l'artista riesce ad ottenere un effetto. intanto un effetto di estraniamento, il mio. ogni stanza era un luogo "altrove". un luogo possibile ma infrequentabile. non fantascienza, piuttosto dimensioni esistenti mai vissute, mai abitate, ma immaginabili. sono rimasta stordita dal rumore dei motori e dall'odore delle macchine, dal rumore sordo continuo delle api, dal gelo a -30 gradi e dal lampeggio accecante dei fili elettrici, dalla visione di poltrone letti e divani vecchi sfasciati consunti, brandine di ferro e molle, intontita dal rumore fortissimo del vento in una stanza in cui si poteva immaginare di essere sulla prua di una nave rompighiaccio.
a cosa serve? non lo so. ho pensato servisse solo a immaginare che oltre al mio sè, al mio luogo, al mio momento ce ne sono molti altri , molto più invivibili, ma ugualmente probabili, del mio.
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