Il brigantino si muove appena dondolandosi sull’acqua verde. Davanti, a ventaglio, la città di "Paliermu": una fila di palazzi grigi e ocra, delle chiese grigie e bianche, delle stamberghe dipinte di rosa, dei negozi dai tendoni a strisce verdi, le strade delle «balati» sconnesse in mezzo a cui scorrono rivoli d’acqua sporca […] Ora il brigantino è agiato da scosse lunghe e nervose. Le vele sono issate: la prua si dirige decisamente verso l’alto mare. Marianna si appoggia con tutte e due le mani alla balaustra laccata mentre Palermo si allontana con le sue luci pomeridiane, le sue palme, le sue immondizie spinte dal vento, la sua forca, le sue carrozze. Una parte di lei rimarrà lì, su quelle strade inzaccherate, in quel tepore che sa di gelsomini zuccherati e di escrementi di cavallo
nella grave costernazione di queste mattine - vogliamo parlare di politica o governabilità, frustrazioni lavorative familiari personali? posso davvero pescare in moltissime tasche di povertà di spirito, ne sono fornitissima - ho finito di ascoltare il romanzo di Dacia Maraini, la storia di Marianna.
una cosa buona in questa giornata avvilente.
l'ultimo capitolo sarebbe da leggere in classe ai nostri ragazzi, a scuola, povera scuola derelitta, per bellezza narrativa, per l'impiego di un italiano superbo, per la densità concettuale, per la verità di cui si fa portatore.
purtroppo non lo ritrovo da nessuna parte, l'ho cercato e ricercato, questo bellissimo brano letterario, ma non riesco a pubblicarlo qui a sostegno del mio entusiasmo.
termina con una riflessione nella mente di Marianna, ricca e feconda di pensiero, che si chiede quale sia il suo posto, il suo luogo: quello da cui proviene, che può ormai vivere e svilupparsi anche senza di lei, che può lasciarsi alle spalle perché proceda in una direzione propria, da lei ormai del tutto autonoma e indipendente, o quello a cui tende, quello nuovo da esplorare, ora che ha conosciuto anche la bellezza arricchente del viaggiare?
ma naturalmente la risposta, Marianna non la trova.
Ma la voglia di riprendere il cammino è più forte. Marianna ferma lo sguardo sulle acque giallognole, gorgoglianti e interroga i suoi silenzi. Ma la risposta che ne riceve è ancora una domanda. Ed è muta.
forse ora capisco perchè la vita di Marianna è, nel titolo, la lunga vita. perchè Marianna si interroga di una domanda mai stanca, mai satura, eterna.
un applauso.
nel romanzo, a un certo punto, Marianna nomina una poetessa, a me prima sconosciuta, ma la cui citazione, al momento dell'ascolto, mi ha ricordato qualcosa. Gaspara Stampa. ed eccola! l'ho intravista nella mia rivista Poesia, nell'uscita di gennaio in cui sono stati citati e celebrati 100 poeti italiani.
al momento l'ho ignorata. chi è?
una poetessa del 1500, nata a Padova, ardita e colta, fiera e innamorata.
ho ritrovato i tratti in cui viene citata nel libro e riporto le due poesie che la legano a Marianna, entrambe impegnate in un dialogo mai concluso con l'amore.
m’assale e stringe oltra ogni stil umano,
userei contra me la propria mano,
per finir tanti omai con un dolore.
Se non che dentro mi ragiona Amore,
il qual giamai da me non è lontano:
- Non por la falce tua ne l’altrui grano:
tu non sei tua, tu sei del tuo signore,
perché dal dì, ch’a lui ti diedi in preda,
l’anima e ’l corpo, e la morte e la vita
divenne sua, e a lui conven che ceda.
Sì ch’a far da te stessa dipartita,
senza ch’egli tel dica o tel conceda,
è troppo ingiusta cosa e troppo ardita.
Amor, lo stato tuo è proprio quale
è una ruota, che mai sempre gira,
e chi v’è suso or canta ed or sospira,
e senza mai fermarsi or scende or sale.
Or ti chiama fedele, or disleale;
or fa pace con teco, ed or s’adira;
ora ti si dà in preda, or si ritira;
or nel ben teme, ed or spera nel male;
or s’alza al cielo, or cade ne l’inferno;
or è lunge dal lido, or giunge in porto;
or trema a mezza state, or suda il verno.
Io, lassa me, nel mio maggior conforto
sono assalita d’un sospetto interno,
che mi tien sempre il cor fra vivo e morto.
Nessun commento:
Posta un commento