la morte di Marco Simoncelli mi colpisce molto e sto cercando di capire perchè. la commozione che ho provato probabilmente trascende la morte di una persona che personalmente non conoscevo. però mi colpisce a differenza di altre che fanno il giro del mondo, personalmente ho chiaro dentro di me le persone alle quali devo essere riconoscente, a Steve Jobs non lo sono.
la riconoscenza non c'entra con questo giovane motociclista ma forse il fatto che era giovane e terribilmente simpatico, anticonvenzionale, pazzo di ricci e dall'accento irresistibile. forse il fatto che era umile.
l'umiltà mi piace sopra ogni cosa, ritengo che sia la dote di maggior successo in assoluto. l'umiltà è la carta vincente, è l'unico modo di lavorare bene e di essere riconosciuti per quel che siamo e valiamo. ogni volta che mi sono compiaciuta di me, un'ora dopo ho dovuto ricredermi sulla mie capacità lavorative, ogni volta che ho pensato sono brava, poi tutto mi è scivolato dalle mani.
questo ragazzo era umile, era riservato, era capace senza bisogno di dimostrarlo a tutti i costi.
o forse è la dinamica dell'incidente che mi spezza, era ancora vivo, era solo caduto, è morto travolto dalla moto dei suoi compagni di gara, dalla moto del suo amico Valentino. che destino è questo? per chi se ne va e per chi rimane?
o forse aveva 24 anni e faceva uno sport che non assomiglia alla pallavolo, si cimentava in una sfida continua, nessuno mi toglie dalla testa che andare a 1000 all'ora è un modo per solleticare la morte, e provarne un'euforia inebriante, per trovare la voglia di vivere i giorni che, semplicemente, ci separano dalla volta successiva. poi la sfida si perde e il gioco è finito.
come sempre davanti alla morte io rimango attonita, la morte precoce e imprevedibile, la morte violenta, la morte ingiusta. c'è qualcuno che, a volte, sembra meritarsi la vita più di altri.
come sempre davanti alla morte rimango sgomenta, mi si riaprono le domande senza fine. domande che prendono il sopravvento e mi schiacciano in un angolo buio e stretto.
come sempre davanti alla morte temo quella di chi amo e mi proietto in quella dimensione di disperazione che ha l'inconoscibile. tutti temiamo la telefonata, quella telefonata che cambia la vita di chi resta. la telefonata del non senso che ti comunica irreparabilmente che l'illogicità ha avuto il sopravvento e che nulla la può fermare.
per quanti sforzi si facciano, per quanto si cerchi di correre veloce, molto molto veloce.
lunedì 24 ottobre 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
12 commenti:
come non essere d'accordo con te,
e come non pensare alla differenza tra questo ragazzo, umile, gentile, ma anche molto determinato, da sacrificare giorni, divertimenti e tanto altro per seguire la sua passione...e morirci, ed un imbecille senza scopi, senza passioni che lanciando in mutande un estintore pensa che si possa cambiare il mondo..il mondo lo cambia chi con umiltà, passione e forza di volontà insegue i propri sogni anche a scapito della propria vita.
Ma questo non vale solo per Simoncelli, che seguiva una passione del cui rischio era ben conscio, ma anche per tutti quei giovani che passano ore in laboratori di ricerca, sottopagati,
che ad uno sballo del sabato sera preferiscono passare il loro tempo in ospedale per far sorridere bambini gravemente ammalati o alleviare la solitudine dei matti, dei diversi, dei migranti...ecco il mio sgomento.. ed è sicuramente retorica, sono sempre i migliori quelli perdiamo lungo la strada...
un abbraccio Rossa
ti aspettavo :-) certo di leggere le parole che così bene vestono i miei pensieri che non riescono a uscire, oggi e ieri ancora meno del solito.
la morte in tv ha un fascino strano, come quella di altri piloti prima di lui.
24 anni sono pochi, peccato!
ciao S., mi sembra che il tuo discorso esprima rabbia per una superficialità di vita e di scelte che però non somiglia alla sfera dell'emotività che ha coinvolto me. parli di qualcuno che sacrifica la propria vita per un ideale, ma non mi sembra il caso di simoncelli, correva perchè gli piaceva, la sua morte è una fatalità. non vedo sacrificio altruistico nella vita di questo ragazzo, non è paragonabile a un ricercatore sottopagato, stai mettendo rancore in una questione di altro tipo. un mancato riconoscimento che ti colpisce per altri motivi. simoncelli faceva un lavoro che gli piaceva, ben pagato, è morto, ma non perchè fosse un santo.
non sono solo i migliori che se ne vanno, questo non lo penso assolutamente, dei migliori se ne parla, degli stupidi morti per stupide cause non ne parla nessuno, come quelli di ritorno dalla disco morti ubriachi e di vuoto esistenziale. muoiono anche quelli, stanne certa.
la morte è uguale per tutti.
eh si mi aspettavi...meno male che allora parlo per te caro pesa. tutto bene??!!
il tuo commento ha un non so che di cinico Titanium. peccato??!!
però è vero, hai ragione, la morte in diretta è ipnotica, non posso darti torto, ha un'attrazione macabra su ognuno di noi.
Peccato che sia morto un giovane pilota promettente, peccato che sia morto un giovane di 24 anni.
Per il resto, nel weekend sono morti carbonizzati due giovani in un camper e tre ragazzi sulla Milano-Torino, ma 1 non sono morti in diretta e 2 non li conosceva nessuno.
Peccato anche per loro..
anche il tuo è uno strano discorso. come dicevo in risposta a un altro commento, certo di morti spiazzanti di persone giovani, a volte evitabili, a volte inevitabili, di persone note e altre non note, degne o indegne, sono pieni gli obitori. parlo di simoncelli perchè, come ogni situazione mediatica, è lampante, e perchè non sarebbe sano guardare i necrologi tutti i giorni. è uno spunto di riflessione, per me, è più di un peccato, per me.
grande peccato
ok ok, mi arrendo, un grande peccato...
diciamo di si :-) sebbene un po' nascosto in quell'angolo che dicevi nel post.
è una condizione poco avvertibile esternamente, anzi, attentamente celata. rimane però ben presente in profondità. mhhh... mi sa che, al solito, non è chiarissimo :-) ma tu potresti aver colto ugualmente e io farò in modo di spiegarmi meglio...
alla prossima
Posta un commento