assisto stupita alle ovazioni della città di Milano per Carla Fracci.
non ho mai avuto la percezione che fosse così popolare. penso piuttosto che fosse completamente dimenticata.
il mondo del ballo non lo frequento di persona ma alla Scala e in generale a vedere danza e balletti ci vado, meno di quanto vorrei, ma ci vado.
leggo, mi documento, cerco nuovi coreografi e curioso su quelli storici, se capita leggo di ballerini, nuovi e fulgide etoile del passato.
in tanti anni non mi è mai capitato, nemmeno sul giornale, tanto meno in sede alla Scala, ancora e ancora di meno nei documentari, che il nome della Fracci sia risuonato in modo così eclatante da giustificare l'esaltazione nostalgica e celebrativa di questi giorni.
in realtà temo che fosse lei la prima a soffrirne, dato che di riconoscimenti non ne sono arrivati molti, ci sono stati lunghissimi anni di tensione con la Scala a causa proprio di contratti interrotti e di onorificenze non arrivate.
anche a cercarle ora su internet queste notizie sembrano sparite ma i problemi ci sono stati, eccome. solo recentemente Manuel Legris, nuovo direttore del corpo di ballo della Scala, l'ha richiamata per invitarla a dare il suo contributo all'allestimento di Giselle, ma credo non ci mettesse piede da decenni.
personalmente, da un punto di vista artistico, non l'ho mai amata, le ho preferito altre ballerine, il suo stampo e la sua danza mi erano davvero poco congeniali.
vedo la città impazzire, riempire le piazze e accalcarsi davanti alla Scala e davvero mi domando cosa diavolo succeda e qualcosa mi dice che la città si butta fuori, istericamente, a piangere qualcosa che non è la morte della sig.ra Fracci e nemmeno la perdita della danza, ma la propria perdita luttuosa di questi lunghi mesi di pandemia.
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