la mostra di Isgrò a Palazzo Reale è una strana esperienza.
consente di osservare un lavoro e di conoscerlo, per quanto la sua esposizione non abbia niente a che vedere con il suo messaggio.
mi sembra che il lavoro di Isgrò consista nella sua idea, una e unica, che viene declinata in varie forme, e nella sua applicazione pratica: la cancellatura.
ma quella riga, spessa e rotonda, sovrapposta alla parola, dovrebbe essere considerata un suggerimento, e, eventualmente, una proposta di lavoro individuale, ognuno a casa propria, ognuno al cospetto di un testo da sottrarre all'oblio e alla distruzione.
eventualmente, piuttosto, l'opera di Isgrò andrebbe rappresentata, a teatro, andrebbe agita pubblicamente, perché una volta fatta e poi esposta è solo cosa fatta, invece la sua forza sta nel gesto, nella sua attuazione.
la frase ormai cancellata è nella dimensione del reale, del compiuto.
nella cancellazione invece c'è tutta la forza del simbolico.
piacerebbe a Lacan:
Una parola cancellata sarà sempre una macchia, ma resta pur sempre una parola. Un particolare smisuratamente ingrandito di Kissinger o di Mao sarà un’immagine cancellata, ma resta pur sempre un’immagine.
Non è nella negazione o nella interdizione il potere reale della cancellatura; quanto piuttosto nella capacità di aprire le porte al linguaggio fingendo di chiuderle.
un'idea immensa, un progetto intellettuale di grande rispetto.
Non è nella negazione o nella interdizione il potere reale della cancellatura; quanto piuttosto nella capacità di aprire le porte al linguaggio fingendo di chiuderle.
un'idea immensa, un progetto intellettuale di grande rispetto.
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