Vi è una pazienza della foresta, ostinata, instancabile, continua
come la vita stessa, che tiene immobile per ore il ragno nella
sua tela, il serpente nelle sue spire, la pantera nell'agguato;
questa pazienza è propria della vita quando va a caccia del suo
cibo vivente; ed era propria di Buck quando si aggrappò al
fianco della mandria ritardandone la marcia, irritando i giovani,
inquietando le madri coi loro piccoli e facendo diventare folle
di rabbia impotente l'alce ferito. Continuò per una mezza
giornata: Buck si moltiplicava, attaccava da tutti i lati
avvolgendo il branco in un turbine di minacce, tagliando fuori
la sua vittima non appena raggiungeva i compagni, logorando
la pazienza degli esseri aggrediti, minore di quella degli esseri
che aggrediscono.
se veramente amate la natura e gli animali,
se veramente vi piacciono i cani
e
non
quelle creature meschine con cappottino e rossetto
non
quelle sottospecie viventi trasformate dall'uomo bastardo infame in surrogati di godimento materno cannibalico
leggete Jack Londone il Richiamo della foresta.
è un capolavoro.
foto da Wild Life Photographer of the Year 2015, mostra alla Fondazione Matalon di Milano.
La passione del sangue lo assalì più forte che mai: era un
uccisore, un essere fatto per la preda, vivente di cose viventi;
senza aiuti, solo, per virtù della sua forza e del suo coraggio,
riusciva trionfalmente a vivere nell'ambiente ostile in cui solo i
forti sopravvivevano. Per questo fu preso da un grande
orgoglio, che si comunicava come per contagio al suo essere
fisico. Si esprimeva in tutti i suoi movimenti, era evidente nel
gioco di ogni muscolo, parlava con chiaro linguaggio nel modo
con cui egli avanzava e rendeva ancor più splendida, se era
possibile, la sua splendida pelliccia.
Senza le brune macchie sul muso e sugli occhi e il ciuffo di peli
bianchi che gli cadeva in mezzo al petto, avrebbe potuto essere
confuso con un gigantesco lupo, più grande dei più grandi della
razza. Da suo padre, un San Bernardo, aveva ereditato la mole
e il peso, ma la forma a quella mole e a quel peso era stata data
dalla madre, cagna da pastore.
Il suo muso era il lungo muso del lupo, solo che era più largo di
quello di qualsiasi lupo; e la sua grossa testa era una testa di
lupo di dimensioni più grandi.
Selvaggia astuzia di lupo era la sua astuzia; la sua intelligenza
era intelligenza di cane da pastore e di San Bernardo; e tutto
questo, unito a un'esperienza conquistata nella più severa delle
scuole, aveva fatto di lui l'essere più formidabile fra quelli che
si aggiravano nella foresta. Animale carnivoro, vivente di sola
selvaggina, era nel pieno fiore, al culmine dell'esistenza,
esuberante di vigore e di fierezza. Quando Thornton passava
carezzandolo, la mano lungo la sua schiena, un crepitio seguiva
le sue dita perché ogni pelo scaricava a quel contatto la sua
elettricità condensata. Ogni parte di lui, cervello e corpo, nervi
e fibre, era accordata sulla nota più alta, e fra tutte le parti vi era un perfetto equilibrio, un perfetto accordo. A visioni, suoni,
avvenimenti che richiedevano azione, rispondeva con la
rapidità di un lampo. Per quanto rapidamente un cane
eschimese possa balzare per difendersi o attaccare, egli balzava
ancor più rapido. Vedeva il movimento, udiva il suono e
rispondeva in minor tempo di quanto ne richiedesse qualsiasi
altro cane solo per vedere o udire. Percepiva decideva e
rispondeva nello stesso istante. In realtà i tre atti del percepire,
decidere e rispondere erano consecutivi, ma con intervalli così
minimi da apparire simultanei. I suoi muscoli erano
sovraccarichi di vitalità e scattavano agili come molle
d'acciaio. La vita fluiva in lui in uno splendido flusso,
elevandosi felice finché sembrava dover scoppiare in assoluta
estasi e traboccare generosamente sul mondo.
- Nessuno ha mai visto un cane come questo, - aveva detto un
giorno John Thornton mentre con i suoi soci osservava Buck
uscire dall'accampamento.
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