"non ci si separa" così scrive, intervistata, la psicologa su un articolo del Corriere della sera di domenica scorsa.
mi son domandata se il problema stava in chi intervistava - e riportava male lo psicologa/pensiero- o nell'intervistata -e quindi nel psicologa/pensiero.
in ogni caso, non ci siamo.
non ci siamo che si possano scrivere queste cose e che si possano scrivere sul Corriere, giornale di ampissima divulgazione e certamente quotato nelle sue rivelazioni.
che almeno la psicologa parlasse per sé, mi sono detta...sono la psicologa taldeitali, visito e seguo bambini-adolescenti-genitori, e non ne ho mai visto uno contento della separazione (ma dai???). se non volete soffrire e far soffrire i vostri figli, non separatevi!
invece la psicologa taldeitali parla a nome dell'associazione per cui lavora, notissima a Milano e non solo, Il Minotauro, fondatore Gustavo Pietropolli Charmet, specializzata nella cura, psicoterapia e sostegno di adolescenti e delle loro famiglie.
e mi dico attenzione...bisognerebbe fare attenzione quando si parla non per sé stessi ma a nome della targa sopra la nostra scrivania, perché allora non solo discrediti te stesso ma tutta la bella compagnia.
e infatti sono preoccupata: il dott. Charmet la pensa allo stesso modo? e lascia che si scrivano cose così a nome suo sul Corriere?
male, mi dico, molto male.
devo dire che ultimamente scopro cose effettuate da colleghi psichiatri e psicologi che mi sembrano al limite della denuncia, gente che lavora male facendo danni irreversibili su gente malata e sofferente, male veramente molto male. trovo quanto meno discutibili, ma dico così solo per moderare la mia furia, certe perversioni pericolose, certe derive patologiche dei cosiddetti "curanti", di gente impreparata incompetente. scopro di cosiddetti analisti che con pazienti molto gravi si inventano trovate come andare insieme al cinema, affidare le chiavi di casa per curare gatti e piante in loro assenza, regalare magliette e completi matrimoniali. mi è stato perfino detto di una preoccupazione perché "la paziente confonde il bene con la cura". chi la confonde?? il cosiddetto psicoanalista o il paziente? cosa gli sta insegnando? sei un analista o un amico? lo sai che quando poi lo rifiuti il paziente -perchè all'occorenza torna ad essere paziente e ci si dimentica dell'appuntamento davanti al cinema- si taglia per fermare l'angoscia del nulla? sono sconcertata, il danno è fatto, ed è di una gravità incommensurabile.
in fondo che la psicologa taldeitali dica ai genitori sul corriere: non separatevi, il divorzio è un trauma, sembra quasi meno grave.
la psic dice e Roberto Rizzo, autore dell'articolo, scrive:
la psic dice e Roberto Rizzo, autore dell'articolo, scrive:
«Il mito del buon divorzio è, appunto, un mito. Per i figli la separazione dei genitori è un trauma, anche quando ci si separa con tutte le attenzioni del caso. È bene metterselo in testa anche se è difficile tollerare di essere quelli che scientemente fanno del male ai propri bambini. Sarebbe più onesto dirsi: “Lo faccio pur sapendo che ci saranno delle conseguenze per i figli”». continua: «Devo ancora incontrare un bambino, o un ragazzo, che dica “sono contento che i miei genitori si sono separati”. Poi si adattano, anche bene, alla nuova situazione, ma non accetteranno mai la separazione di mamma e papà, non perderanno mai la speranza, anche a distanza di anni, di rivederli insieme», prosegue «La maggior parte delle coppie che incontro chiede come non far stare male i figli. La risposta è una, anche se semplicistica e poco rispettosa: non ci si separa. Se questo avviene, bisogna essere preparati a certi comportamenti dei figli, non catalogarli come preoccupanti».
manca un pezzo direi, o forse manca all'esperienza della psicologa in questione -che, si dice nell'articolo, è separata e divorziata e forse è lei a non aver superato il trauma, mi dico io, perchè spesso dove gli psicologi e psichiatri inciampano è dove non hanno risolto qualcosa di sè. magari la psicologa intervistata, trattandosi del Minotauro ovvero di un'associazione privata nel Centro di Milano cui certamente afferiscono famiglie quanto meno abbienti e in grado di sostenere le cifre della psicoterapia dell'intera famiglia, non conosce certe realtà familiari, forse più "periferiche" in cui il trauma, diciamocelo, è un altro.
non la separazione, ma la convivenza.
ma dico solo forse perchè non è l'estrazione sociale a salvare dalla desertificazione simbolica dei rapporti familiari sbagliati.
a me, invece, è proprio capitato di sentire bambini e adolescenti invocare quella separazione in nome della fine, il più precoce possibile, di quell'incubo che è la famiglia, con quella madre depressa isterica aggressiva inadempiente e quel padre assente bugiardo reattivo violento minaccioso, se non ubriaco o peggio ancora.
attenzione a scrivere certe cose sul Corriere, si corre il rischio che qualcuno, leggendo, pensi che sia meglio soprassedere se, aiuto, quei poveri ragazzi non lo dimenticheranno mai.
perchè, temo, quello che non dimenticheranno mai sono quelle relazioni genitoriali, quei vuoti paurosi, quel terrore, quell'assenza, quelle mani alzate, quelle sberle o calci, o semplicemente quell'angoscia quel silenzio quell'assenza di una famiglia che crea orrore e baratro affettivo e non certo sostegno.
un mio pz, discutendone, martedì mi ha detto: per me il trauma non è stato vedere mio padre che usciva di casa, è stato ogni giorno che mio padre è stato in casa.
allora, certo, si soffre e la sofferenza ai nostri figli, anche per cose di minor conto, non la potremo MAI e dico MAI evitare, guai ai genitori che evitano le frustrazioni dolorose ai figli, cresceranno degli infelici.
ma guai anche a invitare a non separarsi in nome di un trauma della separazione che non sarà mai paragonabile a quello del fallimento della coppia genitoriale, anche quando non è violenta, anche quando è solo infelice e per questo indimenticabile.