martedì 4 giugno 2013
Cheira bem, cheira a Lisboa
Lisbon Revisited (1926)
Nulla mi lega a nulla.
Voglio cinquanta cose nel medesimo tempo.
Anelo con un’angoscia di fame di carne
quel che non che sia – definitamente per l’indefinito…
Dormo irrequieto, e vivo in un sognare irrequieto
di chi dorme irrequieto, mezzo sognando.
Mi chiusero tutte le porte astratte e necessarie.
Abbassarono cortine su tutte le ipotesi che avrei potuto vedere nella via.
Non c‘è nella traversa trovata numero di porta che m’hanno dato.
Mi sono svegliato alla stessa vita a cui m’ero addormentato.
Perfino i miei eserciti sognati hanno patito sconfitta.
Perfino i miei sogni si sono sentiti falsi all’essere sognati.
Perfino la vita soltanto desiderata mi nausea – perfino questa vita…
Comprendo a intervalli sconnessi;
scrivo per lapsus di stanchezza;
e un tedio che è perfino del tedio mi scaraventa sulla spiaggia.
Non so che destino o futuro compete alla mia angoscia senza timone;
non so che isole del Sud impossibile mi aspettano naufrago;
o che palmeti di letteratura mi daranno almeno un verso.
No, non so questo, né altra cosa, né cosa alcuna…
E, nel fondo del mio spirito, ove sogno quel che ho sognato,
nei campi ultimi dell’anima, ove ricordo senza motivo
(e il passato è una nebbia naturale di lacrime false),
nelle strade e nei sentieri di foreste lontane
ove ho immaginato il mio essere,
fuggono smantellati, ultimi resti
dell’illusione finale,
i miei eserciti sognati, sconfitti senza essere esistiti,
le mie coorti da esistere, sfracellate in Dio.
Un’altra volta ti rivedo,
città della mia infanzia paurosamente perduta…
città triste e lieta, un’altra volta sogno qui…
Io? Ma sono lo stesso che qui è vissuto, e qui è tornato,
e qui è tornato a tornare, e a ritornare.
E qui di nuovo sono tornato a tornare?
O siamo tutti gli Io che sono stato qui o sono stati,
una serie di chicchi-enti legati da un filo-memoria,
una serie di sogni di me, di qualcuno fuori di me?
Un’altra volta ti rivedo,
col cuore più lontano, l’anima meno mia.
Un’altra volta ti rivedo – Lisbona e Tago e tutto –
passeggero inutile di te e di me,
straniero qui come in ogni parte,
casuale nella vita come nell’anima,
fantasma errante in sale di ricordi,
al rumore dei topi e delle tavole che scricchiolano
nel castello maledetto di dover vivere…
Un’altra volta ti rivedo,
ombra che passa attraverso ombre, e brilla
un momento a una funebre luce sconosciuta,
e penetra nella notte come una scia di nave si perde
nell’acqua che cessa di udirsi…
Un’altra volta ti rivedo,
ma, ahi, me non rivedo!
S‘è rotto lo specchio magico in cui mi rivedevo identico,
e in ogni frammento fatidico vedo solo un pezzo di me – un pezzo di te e di me!…
(Lisbon Revisited (1926) -“Poesie” – Alvaro De Campos, ovvero Fernando Pessoa)
Lisbona
luce infinita purissima
Pessoa
infinita penetrante poesia
Ho pena delle stelle
Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.
Non ci sarà
una stanchezza delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l'essere triste lume o un sorriso...
Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?
Fernando Pessoa
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4 commenti:
che dire..neruda,baudelaire,lispector,pessoa..ed altre "gocce di splendore"così.ammirazione sconfinata.buona giornata rossa.
Le parole come le note musicali, hanno senso se generano emozioni. Pessoa vi riesce... punto.
Se non l'hai gia fatto, leggi il suo "Il libro dell'inquietudine": Ti prenderà... ciao Rossa.
grandi autori, indubbiamente. Pessoa ha qualcosa che mi tocca, più degli altri.
no, non l'ho letto Monteamaro. ora ho tra le mani un libro su cosa vedere a lisbona, che ho appena visitato, folgorata, nel we. leggerò tutto.
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