"Se si considerano i problemi cruciali che hanno stimolato il progresso lungo le direttrici più antiche e battute della ricerca umana, si ritrova il nulla, adeguatamente travestito da qualcosa, sempre prossimo al centro delle questioni" (J. Barrow, Da zero a infinito, la grande storia del nulla)
cos’è il nulla? lo zero equivale al nulla?
nella cultura occidentale il nulla è "accettabile" o piutttosto un orrore, un terrore, un'impossibile conciliazione con l'inconcepibilità del non essere?
al festival dello yoga, c'è forse qualcosa a Milano che non venga celebrato da qualche festival?, Caterina Vicentini, studiosa ed insegnante di matematica ho condotto questo seminario sullo zero assieme al maestro di yoga Ferruccio Ascari.
la storia che mi hanno raccontato prende le mosse dall’origine dello zero, dagli antichi sistemi di numerazione degli egizi e dei babilonesi, dei maya e degli indiani. sunya è uno dei nomi con cui i matematici indiani denotano lo zero. "Quando sunya viene aggiunto o sottratto da un numero, il numero rimane immutato; e un numero moltiplicato per sunya diventa sunya" afferma nel 628 d.C. l’astronomo e matematico Brahmagupta. il nulla ha trovato un simbolo che lo esprime, che a sua volta assume il rango di una cifra con la quale fare calcoli. "E dividendo qualsiasi altro numero per zero, afferma ancora Brahmagupta, si ottiene l’infinito."
sembra chiaro che la cultura e le tradizioni religiose indiane erano più in sintonia con la sensibilità mistica al contrario delle tradizioni religiose occidentali, quella ebraica e quella cristiana, che rifuggivano dal nulla facendo proprio l’"orror vacui" della filosofia greca classica. non a caso Archimede e Apollonio hanno ignorato lo zero, non sapendo che significato dargli, non sapendo che responsabilità assumersi rispetto al nulla.
il concetto di zero arrivò in Occidente attraverso la mediazione araba. Ci volle però più di mezzo millennio affinché il sistema posizionale in base 10 si affermasse definitivamente in tutta Europa. Da allora il nulla e il vuoto, assieme al loro simbolo, lo zero, hanno svelato tutta la loro potenza ermeneutica e la loro fecondità ideativa e creativa. gli arabi chiamavano lo zero sifr (صفر): questo termine significa "vuoto", ma nelle traduzioni latine veniva indicato con zephirum (per semplice assonanza), cioè zefiro (figura della mitologia greca, personificazione del vento di ponente); da questo derivò il veneziano zevero e quindi l'italiano zero.
lo zero è, aritmeticamente, il trait d'union fra il nulla e l'infinito. zero e infinito sono i due estremi che si toccano, quando, dividendo un numero per zero, si ottiene l'infinito.
se l'occidente si imbatte nel nulla si scompone nel dilemma e nel non-senso, nella cultura orientale, nello yoga, il nulla è desiderabile, è raggiungibile come meta: quando la mente si annulla si tocca l'infinito.
yoga è arresto delle fluttuazioni della coscienza, è fare vuoto, assenza, nella mente.
yoga è zero mentale, è sunya, è sospensione di ogni contenuto mentale. non a caso quindi è la cultura indiana a fare propria ciò che l'occidente non ha saputo assumere, non a caso è in india che si definisce lo zero come assenza di cifra, come operatore matematico e come risultato di un'operazione e da lì ha origine lo yoga, che significa unione, che è compenetrazione di individuo nell'universo, che è fusione di anima individuale nel respiro cosmico.
è così?
allora mi chiedo come, in che modo, attraverso quale via, un uomo nato e vissuto nella cultura occidentale possa fare propria una trascendenza che storicamente, visceralmente, geneticamente non gli appartiene. ho ascoltato un seminario in questi giorni in cui si è accennato, guarda caso, che Freud rifiutò un invito a partecipare a questa visione universale di fusione tra uomo e natura. Freud diceva che l'uomo è un essere parlante, il cui inconscio, come sostenne poi anche Lacan, è strutturato come un linguaggio. dal momento di questa introduzione uomo e natura si sono definitivamente differenziati.
io pratico lo yoga e ne beneficio (ringrazio il cielo tutti i santi giorni), ma capisco che non sono, nemmeno ipoteticamente, nemmeno tra una vita, in fusione con l'universo (che rimane comunque il risultato di un'esistenza dedicata alla meditazione, al samadhi). forse lo nego proprio come principio in termini razionali: il peso del pensiero, delle pulsioni e del desiderio fanno di me una sfera che circola nell'etere (si dai diciamo così), che a tratti si confonde con il paesaggio, ma rimane pur sempre un'unità inconciliabile con la pienezza del nulla. temo la mia zavorra non sia minimizzabile, forse purtroppo per me.
se l'occidente si imbatte nel nulla si scompone nel dilemma e nel non-senso, nella cultura orientale, nello yoga, il nulla è desiderabile, è raggiungibile come meta: quando la mente si annulla si tocca l'infinito.
yoga è arresto delle fluttuazioni della coscienza, è fare vuoto, assenza, nella mente.
yoga è zero mentale, è sunya, è sospensione di ogni contenuto mentale. non a caso quindi è la cultura indiana a fare propria ciò che l'occidente non ha saputo assumere, non a caso è in india che si definisce lo zero come assenza di cifra, come operatore matematico e come risultato di un'operazione e da lì ha origine lo yoga, che significa unione, che è compenetrazione di individuo nell'universo, che è fusione di anima individuale nel respiro cosmico.
è così?
allora mi chiedo come, in che modo, attraverso quale via, un uomo nato e vissuto nella cultura occidentale possa fare propria una trascendenza che storicamente, visceralmente, geneticamente non gli appartiene. ho ascoltato un seminario in questi giorni in cui si è accennato, guarda caso, che Freud rifiutò un invito a partecipare a questa visione universale di fusione tra uomo e natura. Freud diceva che l'uomo è un essere parlante, il cui inconscio, come sostenne poi anche Lacan, è strutturato come un linguaggio. dal momento di questa introduzione uomo e natura si sono definitivamente differenziati.
io pratico lo yoga e ne beneficio (ringrazio il cielo tutti i santi giorni), ma capisco che non sono, nemmeno ipoteticamente, nemmeno tra una vita, in fusione con l'universo (che rimane comunque il risultato di un'esistenza dedicata alla meditazione, al samadhi). forse lo nego proprio come principio in termini razionali: il peso del pensiero, delle pulsioni e del desiderio fanno di me una sfera che circola nell'etere (si dai diciamo così), che a tratti si confonde con il paesaggio, ma rimane pur sempre un'unità inconciliabile con la pienezza del nulla. temo la mia zavorra non sia minimizzabile, forse purtroppo per me.
8 commenti:
a milano non manca un festival per ogni cosa, spero di diventare un nulla in relazione con altri nulla. pratico pure io, brava.
Sono rimasto attratto dall'ultima parte del tuo post, la difficoltà e forse l'impossibilità per noi occidentali di fonderci con l'Universo.
Penso che già il fatto di avere una curiosità per ciò che non conosciamo sia una buona strada per aprire gli occhi sull'infinito, e quindi sul nulla.
La nostra sete di conoscere e la gioia che può portare una novità, sono una ricchezza oggettiva.
Mi piaccciono Castaneda e Thich Nhat Hanh, il Buddha e Osho, leggo le loro parole e cerco di aprire la mia mente ottusa. E sto bene.
Ciao Rossa, complimenti per il "pezzo", un saluto a te
mi sorprende sempre piacevolmente questa tua capacità di andare 'verso' e dentro le cose. con l'attenzione desta della mente razionale e la curiosità leggera ma vorace del bimbo. un interessante mix fra discipline all'apparenza diverse e un bel modo di raccontarcelo :-)
grazie
alla prossima
idromorfone, a parte che pratichiamo tutti e due e siamo bravi per questo, io non ho capito bene cosa vuoi dire, temo di essere un po' scema. se hai la pazienza di rispiegarmi meglio....
aaahhh vedi, anche tu ti cimenti sulla strada dell'infinito. e secondo me ci riesci molto più di me. io sono curiosa ma non so di quanto mi sposto...
baci Enzo.
ciao Pesa...già il seondo commento di fila. e anche molto gentile. siamo sulla buona strada.
essendo un quasi nulla ho una piccolissima memoria, non ricordo cosa volevo dire!la strada per il ritiro dei sensi è lunga assai
mah, io ai sensi non ci voglio rinunciare... giusto per la seduta di questa sera!!
non ci credo a quelli che dicono che sono un nulla, nemmeno a te.. a meno che tu non intenda che sei una particella che fluisce nel cosmo.
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