Rebecca West è una meravigliosa scrittrice.
certamente, questa volta, Alessandro Baricco ha avuto ragione.
non so se La famiglia Aubrey è il migliore romanzo del 900 ma certamente è un bel romanzo.
ci si muove sull'onda di una narrazione intelligente e ricca, colma di spirito e di musica, in moto continuo tra un tempo della narrazione e il tempo immaginato di chi scrive, con un'andatura piacevolissima che punteggia la lettura di domande sul passato, poi sul presente, sul tempo del romanzo e di chi legge, tra annotazioni argute e dialoghi audaci.
una splendida inaspettata scoperta.
«Che papà giudiziosi devono aver avuto quelle signore».
«Ma come fai a dirlo?», chiesi.
«Non avrebbero potuto avere tutti quei meravigliosi vestiti e quei gioielli e
quelle piume e quei mantelli, né avere quell’aria così serena e soddisfatta, se i
loro papà non fossero state persone tranquille e non avessero provveduto a tutte
queste cose».
Questa era un’idea nuova per me, e ne fui colpita. Per temperamento ero
portata ad accettare il patriarcato come qualcosa di naturale.
«Ma i papà hanno così tante cose a cui pensare», dissi vagamente.
«Davvero?», ribatté lei. «Si riservano poco tempo per pensare, fanno una tale
questione di ogni cosa. Oh, davvero», disse ridendo, «sono così stanca di tutto
questo. È come con i tori. Perché mai un toro dovrebbe muggire e battere a terra
gli zoccoli e soffiare dalle narici e inseguire i poveretti che attraversano il campo
solo perché è un toro? Non credo ci siano più difficoltà a fare il toro di quante ce
ne siano a fare la mucca». Sollevò i piedi e si sdraiò sul letto, i ricci dorati che si
riversavano sul mio cuscino, e rise rivolta a me. «Sciocchi papà, davvero
sciocchi».
«Ma la mamma dice che la mente degli uomini è completamente diversa
dalla nostra, non migliore, ma diversa, e sanno fare delle cose che noi non siamo
in grado di fare».
«Oh, non sto parlando del loro lavoro», disse Rosamund, «sono le situazioni
in cui si mettono. Tuo padre continua ad agitarsi per il mondo che è destinato
alla rovina. Ma cosa significa se non che un mucchio di gente vivrà come lui ha
fatto vivere te e la tua famiglia? E se mio padre è così cupo perché la vita è
terribile, perché fa così poco per renderla meno terribile per la mia mamma e
me? Se è così indignato al pensiero di tante brutture, come mai non gli viene in
mente che la mamma e io abbiamo le stesse probabilità di esserne toccate di
chiunque altro e non fa in modo di farci vivere serenamente?».
«Sì, sono orribili, se ci pensi davvero», dissi io. «Ma non possono fare
altrimenti. Nessuno insegna ai tori a muggire e a scalpitare, è una cosa innata.
Ora però dobbiamo andare. La mamma ci sta chiamando».
Non diede il minimo accenno ad alzarsi, e continuò: «E pensa a quanto
sembreranno stupidi col passare del tempo».
«Quando? Perché?», chiesi, con una certa asprezza. Avevo l’impressione che
fossero discorsi irriverenti.
«Be’, stando a quel che dicono il mondo è destinato ad andare sempre
peggio», spiegò. «Sia il tuo papà che il mio sono molto intelligenti. Quindi la
vita non è così dura oggi come lo sarà quando saremo cresciute. Ma i nostri papà
se la stanno cavando molto bene nel presente. Qualcuno arriva sempre a salvare
tuo padre all’ultimo momento, e il mio guadagna un mucchio di soldi. Ma per
quel che riguarda te e me, e Cordelia e Mary e Richard Quin, tutti i problemi che
i nostri padri hanno previsto si abbatteranno su di noi. Saremo noi che dovremo
sopportare le prove più dure e compiere gesti eroici». Proruppe in una risata che
era maliziosa, ma aveva una nota di dolcezza. «E allora i papà sembreranno solo
dei gran pasticcioni».
Ero stupefatta mentre scendevamo le scale. Non era una conversazione tanto
sorprendente per un periodo in cui il femminismo si stava diffondendo come un
incendio in una foresta, anche in famiglie come la nostra, dove veniva
violentemente contestato dai padri e le madri avevano troppo da fare per
pensarci, famiglie nelle quali non arrivava alcun genere di letteratura di
propaganda. Dopo tutto, solo un anno o due ci separavano dall’età in cui
saremmo potute andare all’università, se ne avessimo avuta l’intenzione, ed era
probabile che molte universitarie all’epoca parlassero dei loro padri con la stessa
mancanza di rispetto, anche se non con quella noncuranza. Ma io ero sbalordita
come alla festa di Nancy, quando Rosamund, che tutti credevamo priva
d’orecchio musicale, si era voltata verso di me facendomi notare che il piano era
leggermente scordato. Non criticava mai nessuno. I suoi commenti erano
invariabilmente benevoli. Quando noi ci eravamo scagliati contro Cordelia per il
suo modo di suonare il violino, lei ci aveva sempre fatto notare (cosa che in
seguito si dimostrò essere il vero nocciolo della questione) che era molto
affascinante quando suonava, e quasi nessuno aveva dei bei gomiti mentre i suoi
erano bellissimi. Ma ora Rosamund aveva inferto un colpo d’ascia alla radice di
un albero che io non mi curavo di identificare; e mi dava anche fastidio che lei si
prendesse gioco di quel che provocava il suo sdegno. Nella nostra famiglia,
quando si odiava lo si faceva senza alcun senso dell’umorismo, e ora penso che
quello sia l’unico modo leale di combattere. Non si colpiscono le persone sotto
la cintola né le si priva della loro dignità. Ma dovevo ammettere che in questo
caso era diverso. Lei non aveva parlato spinta dall’odio contro mio padre o il
suo; aveva solo riso di loro, stesa sul mio letto circondata dai suoi capelli dorati.
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