Umberto Galimberti mi ha raccontato una bella storia, con quel suo strano modo di raccontare.
sembra che stia per andarsene da un momento all'altro, le frasi sembrano buttate lì.
ma non è vero.
ma non è vero.
un po' caustico, un po' cinico, questo nostro filosofo.
la psicoanalisi, una storia romantica, è il titolo della sua narrazione. la conferenza fa parte di un ciclo di incontri dedicati allo spettacolo produzione del Piccolo: "Freud, o l'interpretazione dei sogni", che ho felicemente visto qualche sera fa.
lo spettacolo non è perfetto, non nasce per il teatro ma è stato costruito per il teatro, ma lo è Gifuni e certamente molti degli attori che lo accompagnano.
lo spettacolo ha un secondo tempo faticoso, ma un primo esuberante. emerge il Freud ricercatore instancabile, genio al lavoro. Gifuni tiene in modo mirabolante le fila del discorso, gli ho creduto, era lui, era Freud.
ma Galimberti mi ha raccontato un'altra storia, quella dell'era simbolica in cui la psicoanalisi è nata e si è fondata, e quella dell'era in cui affonda ora.
secondo Freud la nevrosi è un conflitto tra il mondo delle pulsioni (Es) e le esigenze della società (Super-io) che ne chiede il contenimento e il controllo: "di fatto l’uomo primordiale stava meglio perché ignorava qualsiasi restrizione pulsionale. In compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto esigua. L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza".
questa interpretazione del disagio psichico, che sposta la lettura della sofferenza dal piano biologico a quello culturale, è la grande scoperta di Freud, che inventa le regole che colonizzano l'inconscio e lo rendono trattabile dall'io. a questa intuizione Freud era giunto grazie alla sua frequentazione della filosofia e in particolare di quella di Schopenhauer, che Freud considera suo precursore: "molti filosofi possono essere citati come precursori, e sopra tutti Schopenhauer, la cui "volontà inconscia" può essere equiparata alle pulsioni psichiche di cui parla la psicoanalisi". secondo Schopenhauer siamo abitati da una doppia soggettività: la soggettività della specie che impiega gli individui per i suoi interessi di conservazione (sessualità e aggressività svolgono questa funzione), e la soggettività dell’individuo che desidera dare un senso, che si illude di disegnare un mondo in base ai suoi progetti. questo sdoppiamento viene codificato dalla psicoanalisi con le parole io e inconscio. nell’inconscio pulsionale trovano espressione le esigenze della specie, in quello superegoico si depositano e si interiorizzano le esigenze della società. tra le esigenze della specie e le esigenze della società si posiziona la nostra parte cosciente, il nostro io, che non è padrone in casa propria e che raggiunge il suo equilibrio nel dare soddisfazione a queste esigenze contrastanti. secondo Galimberti questa definizione di nevrosi si adatta a una società della disciplina, alla società dominata dal senso di colpa, dove la nevrosi è conflitto tra il desiderio che infrange la norma e la norma che inibisce il desiderio. la nostra invece, dice, è la società dell’efficienza, dove la contrapposizione tra il permesso e il proibito ha lasciato il posto alla contrapposizione lacerante tra il possibile e l’impossibile. nel rapporto tra individuo e società, la misura dell’individuo ideale non è più data dalla docilità e dall’obbedienza disciplinare, ma dall’iniziativa, dal progetto, dalla motivazione, dai risultati ottenuti nella massima espressione di sé. l'individuo non agisce più in conformità alla legge, la cui infrazione genera sensi di colpa, ma fa appello alle sue risorse interne, alle sue competenze mentali, per raggiungere quei risultati a partire dai quali verrà valutato. il disagio psichico ha cambiato radicalmente forma: non più il conflitto nevrotico tra norma e trasgressione ma, in uno scenario sociale in cui tutto è possibile, tutto è permesso, la sofferenza origina da un senso di insufficienza. la figura del soggetto ne esce in gran parte modificata. il problema dell’azione non è: "ho il diritto di compierla?" ma: "sono in grado di compierla"? il fallimento in questa competizione generalizzata equivale all'esclusione sociale.
la storia romantica della psicoanalisi consiste nella sua collocazione in una specifica simbologia, quella romantica, ovvero in una semantica in cui l'uomo, l'individuo, governa il mondo, con i suoi egoismi, i suoi conflitti, i suoi ardori e miserie.
questa semantica, il cui germe è stato seminato dal cristianesimo, responsabile dell'introduzione del concetto di anima. ha soppiantato quella greca, che ha dominato tutto il tempo precedente all'avvento di Cristo, e che aveva ben altra concezione dell'uomo, dell'amore, delle relazioni.
questa interpretazione del disagio psichico, che sposta la lettura della sofferenza dal piano biologico a quello culturale, è la grande scoperta di Freud, che inventa le regole che colonizzano l'inconscio e lo rendono trattabile dall'io. a questa intuizione Freud era giunto grazie alla sua frequentazione della filosofia e in particolare di quella di Schopenhauer, che Freud considera suo precursore: "molti filosofi possono essere citati come precursori, e sopra tutti Schopenhauer, la cui "volontà inconscia" può essere equiparata alle pulsioni psichiche di cui parla la psicoanalisi". secondo Schopenhauer siamo abitati da una doppia soggettività: la soggettività della specie che impiega gli individui per i suoi interessi di conservazione (sessualità e aggressività svolgono questa funzione), e la soggettività dell’individuo che desidera dare un senso, che si illude di disegnare un mondo in base ai suoi progetti. questo sdoppiamento viene codificato dalla psicoanalisi con le parole io e inconscio. nell’inconscio pulsionale trovano espressione le esigenze della specie, in quello superegoico si depositano e si interiorizzano le esigenze della società. tra le esigenze della specie e le esigenze della società si posiziona la nostra parte cosciente, il nostro io, che non è padrone in casa propria e che raggiunge il suo equilibrio nel dare soddisfazione a queste esigenze contrastanti. secondo Galimberti questa definizione di nevrosi si adatta a una società della disciplina, alla società dominata dal senso di colpa, dove la nevrosi è conflitto tra il desiderio che infrange la norma e la norma che inibisce il desiderio. la nostra invece, dice, è la società dell’efficienza, dove la contrapposizione tra il permesso e il proibito ha lasciato il posto alla contrapposizione lacerante tra il possibile e l’impossibile. nel rapporto tra individuo e società, la misura dell’individuo ideale non è più data dalla docilità e dall’obbedienza disciplinare, ma dall’iniziativa, dal progetto, dalla motivazione, dai risultati ottenuti nella massima espressione di sé. l'individuo non agisce più in conformità alla legge, la cui infrazione genera sensi di colpa, ma fa appello alle sue risorse interne, alle sue competenze mentali, per raggiungere quei risultati a partire dai quali verrà valutato. il disagio psichico ha cambiato radicalmente forma: non più il conflitto nevrotico tra norma e trasgressione ma, in uno scenario sociale in cui tutto è possibile, tutto è permesso, la sofferenza origina da un senso di insufficienza. la figura del soggetto ne esce in gran parte modificata. il problema dell’azione non è: "ho il diritto di compierla?" ma: "sono in grado di compierla"? il fallimento in questa competizione generalizzata equivale all'esclusione sociale.
la storia romantica della psicoanalisi consiste nella sua collocazione in una specifica simbologia, quella romantica, ovvero in una semantica in cui l'uomo, l'individuo, governa il mondo, con i suoi egoismi, i suoi conflitti, i suoi ardori e miserie.
questa semantica, il cui germe è stato seminato dal cristianesimo, responsabile dell'introduzione del concetto di anima. ha soppiantato quella greca, che ha dominato tutto il tempo precedente all'avvento di Cristo, e che aveva ben altra concezione dell'uomo, dell'amore, delle relazioni.
per i Greci, che non avevano il concetto di io, amore è relazione. per Aristotele l’uomo è animale sociale e se non lo fosse sarebbe o una bestia o dio. l’uno è una mutilazione del due, che viene prima. ciascuno di noi è un due di partenza, nasciamo da un due. il corpo delle donne è una struttura per due e hanno una predisposizione alla relazione molto più sviluppata. gli uomini vivono ed esistono all'interno della polis, sono individui che instaurano relazioni ma per i greci il primato spetta alla natura. per i cristiani spetta all'individuo e alla sopravvivenza della sua anima. e, seppure magari atei, anche marxisti, siamo tutti cristiani, tutti abitiamo il mondo creato dalla nascita di dio.
Galimberti si interroga sul destino della psicoanalisi, nata in un'epoca la cui simbologia si basava sull'individualità e dalla promessa di un futuro: dal suo punto di vista è destinata ad estinguersi, soppiantata dal progressivo sviluppo di un altro inconscio, quello che chiama tecnologico. in questo mondo l'irrazionale è perdita di tempo, solo la tecnica funziona e potenzia, in questo mondo non siamo più funzionari della specie, lo siamo della tecnica. in questo mondo non siamo bravi grazie a una conoscenza, a un contenuto, ma nell'applicazione di un mansionario che soddisfa un superiore. in questo mondo la trasgressione della norma è perdonata, tutto è permesso, in questo mondo però se sei inadeguato nella performance sei fuori dall'apparato, sei out.
posso scendere?
posso scendere?
3 commenti:
una lettura molto interessante, ti ringrazio
saluti
marco
Interessante....e Galimberti e',come tu dici,un po' cinico e disilluso ma di una lucidità profetica. merci per la diffusione di conoscenza.
Buonissima giornata Rouge.
carissimi ragazzi,
grazie per l'interessamento.
vostra
Rossa
Posta un commento