Considero l'eleganza un valore di tipo morale... è un fatto interiore che si riflette anche all'esterno, è un equilibrio che impone anche delle regole dure, non c'entra niente con l'educazione.
G. Gastel
di contro la mostra di Giovanni Gastel mi dice poco.
estetizzante.
è chiaro che Gastel, nipote di Luchino Visconti, è un'altra persona rispetto a Eugene Smith.
è chiaro quindi che la fotografia sia, in questo caso, un esercizio di stile, non di indagine sulla vita.
è chiaro che Gastel utilizzi tecniche recenti, le rielaborazioni pittoriche, gli sdoppiamenti e le stratificazioni, fino al ritocco digitale e che Smith vada di bianco e nero con un'analogica.
è chiaro anche che la fotografia che apprezzo somigli poco a quella di Gastel e che, nel mio caso, la vita domini sullo stile, è chiaro.
mi è chiaro anche che pure Smith abbia messo in posa i suoi soggetti, abbia lavorato sulla sua fotografia, di natura etica direi, ma manipolandola per ottenere il risultato che più gli piaceva.
Gastel ha talento ed eleganza, inoltre leggo nelle sue interviste che l'espiazione della sua immensa ricchezza deve essere stata una croce non indifferente.
però l'effetto ai miei occhi, e nei miei modi, è lampante. la mostra di Smith la riguardo due volte, quella di Gastel la scorro veloce, molte delle sue foto mi sono anche note, sono già nei miei occhi, le ho viste al Mia Fair e nelle riviste di moda.
è chiaro alla fine quanto sia manipolabile anche la mia testa, la prima mostra la reputo migliore, e forse è ingannevole quanto la seconda, la seconda la giudico un bell'artefatto, ma di certo non ne fa mistero, e non gode della mia attenzione. davvero la verità è un pregiudizio come un altro.
è chiaro alla fine quanto sia manipolabile anche la mia testa, la prima mostra la reputo migliore, e forse è ingannevole quanto la seconda, la seconda la giudico un bell'artefatto, ma di certo non ne fa mistero, e non gode della mia attenzione. davvero la verità è un pregiudizio come un altro.
Lo stile è un'operazione a togliere.
Giovanni Gastel
La fotografia non può morire, cambia.
Giovanni Gastel
Dal 23 settembre al 13 novembre al Palazzo della Ragione Fotografia a Milano sarà presente la mostra di Giovanni Gastel. L'esposizione sarà articolata in quattro sezioni, ciascuna dedicata a un decennio di attività artistica del fotografo, sviluppando da un lato la sua vita professionale e dall'altro il trend di quegli anni, al fine di comprendere e connotare al meglio i singoli scatti seguendo l'evoluzione professionale dell'artista. GIOVANNI GASTEL è’ un’icona della fotografia Italiana e internazionale.
Un’origine importante in una delle famiglie più antiche e storiche, nipote del grande regista Luchino Visconti, cresce in un contesto permeato d’arte e di grandi personaggi della scena internazionale.
Vive tra Milano e Parigi, l’affermazione del made in Italy in cui si delinea il suo stile inconfondibile: poeticamente ironico ma sempre permeato, come nell’arte, dal gusto per una composizione equilibrata.
Nel 2002, nell’ambito della manifestazione La Kore Oscar della Moda, riceve l’Oscar per la fotografia.
Molte le mostre: Milano, Venezia, New York, Parigi e i libri pubblicati anche di poesia, l’altra passione dell’artista, che continua tuttora a lavorare nel suo studio milanese.
E’ membro permanente del Museo Polaroid di Chicago e dal 2013 è Presidente dell’Associazione Fotografi Professionisti.
3 commenti:
E ho visto anch'io anche questa e anch'io ho visto due volte Eugene Smith e sono invece passato veloce davanti ai lavori di Gastel, squisito professionista, padrone della tecnica in studio e del messaggio pubblicitario.
Per lui l'etica è l'eleganza, del resto viste le sue ascendenze ce l'ha nel sangue e non è una colpa. Per Smith l'etica è la verità della vita, la testimonianza. Due modi di concepire la fotografia, entrambi validi e forse entrambi necessari, ma io sto dalla parte di Smith, di quello che mi ha fatto commuovere davanti alle sue immagini; mentre l'algida eleganza dell'altro mi ha appunto lasciato freddo
Un saluto
Marco
intendo dire che davvero anche la verità può essere un pregiudizio.
leggevo che anche Smith manipolava i suoi soggetti e il risultato dei suoi scatti.
anche noi abbracciamo una cosa come migliore di un'altra ma sulla base di un partito preso, di una fede.
Qualunque fotografo degno di questo nome "manipola" i suoi scatti, nel senso che accentua o attenua contrasti, ombre, luci, inquadrature.
La fotografia è un linguaggio di comunicazione, non un asettico strumento per registrare immagini "reali". Io parlavo dell'etica differente dei due autori, uno usa la sua maestria tecnica per le belle scarpette rosse e la lingerie, l'altro per raccontare i temi sociali che lo spingono allo scatto, tra cui anche tragedie come quella di Minamata
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