c'era una gran folla martedì in Triennale all'inagurazione della mostra L'altro sguardo.
e c'era questa donna che vagava in questa bolgia e che non ho potuto fare a meno di notare.
era lì, come un monumento alla disperazione femminile.
un urlo di dolore.
forse era proprio nel posto giusto al momento giusto, una mostra dedicata al talento femminile nella fotografia, era da fotografare forse?, una mostra dedicata all'altro sguardo, potrei dire anche quello che le donne impietosamente pongono su di sé.
mi aveva già dato prova della sua inutile esuberanza, di quelle fastidiose lesive del prossimo aggressive, invadenti, quando mi aveva spintonato per entrare dentro, quando era evidente che fossimo tutti in coda, un gentile ragazzo filtrava le entrate per evitare che la calca dentro diventasse intollerabile.
mi spinge, mi urta, mi si piazza davanti, parla a voce altissima, ha molta pressa di farsi notare.
me la ritrovo poco dopo, issata nel centro di una delle sale, al cellulare, che parla ancora a voce altissima sembra ancora una volta che l'esigenza che lo sguardo si posi su di lei sia un'emergenza, come respirare.
avrà 60 anni ed è vestita come una ventenne.
molto nuda, veste un top leggero che lascia nude le braccia, tiene appoggiata una giacca di pelle ma in modo strategico in modo che si vedano le spalle nude, un gonna corta, le gambe fuori, un tacco vertiginoso su sandali sado maso, unghie laccate quasi nere, la faccia come un gatto, completamente rifatta.
una donna che, se me la immagino fisiologicamente dedita ai suoi 60 anni, avrebbe potuto meritare l'appellativo di attraente e in forma, così acconciata era l'immagine della peggiore degenerazione possibile, quella oscena che sfiora il ridicolo, o, secondo me, la tragedia.
era come l'urlo di Munch, l'orrore del tempo oltre, una tragedia materializzata in cerone e giacca di pelle che dispiega l'angoscia dell'inarrestabilità del tempo, dello sfiorire delle opportunità del corpo.
il paradosso è che un accampamento così è inguardabile, talmente è scoperta la depressione che l'attraversa e che tradisce il richiamo disperato, non dell'altro sguardo, ma dello sguardo dell'altro.
guardami guardami guardami ancora come avessi vent'anni, se non mi guardi desiderandomi, io muoio, io sono nulla.
era un ossimoro, mi travesto da giovane per non sembrare vecchia e così travestita tradisco tutti i miei dolorosi anni.
era nel posto giusto all'ora giusta al tempo giusto.
questo nostro tempo disperato che non insegna più nulla ma tutto toglie.
e le donne ancora sembrano proprio non imparare nulla.
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