Fontana mi piace moltissimo, dagli angeli del Diocesano, ai tagli sulla tela, allo schizzo di luce al neon, in questo caso, dominante sul blu di Klein. le ricerche dei due artisti, accostati in questa mostra, dialogano lungo un itinerario
che mette a confronto le loro opere principali
attraverso accostamenti
tematici e visivi, affidati a soluzioni espositive specifiche: ne è appunto un esempio
il colloquio immaginario
tra il segno del neon di Fontana
del 1951 – elemento centrale e ormai iconografico della collezione permanente del museo del novecento–
e la
riproposizione della grande installazione di
Pigment pur di Klein
, presentata nel maggio del 1957 a Parigi. la stanza del museo, così allestita, è stata chiamata Il cielo in una stanza: la luce, il blu.
Klein dice: “Il pigmento puro, esposto per terra, diventava un
dipinto da pavimento e non più da parete: lo strumento per fissarlo era
così il più immateriale possibile, vale a dire la stessa forza di
attrazione, che non alterava i singoli grani di pigmento […]. Il solo
problema era che l’uomo sta naturalmente in piedi e guarda l’orizzonte.”
anche Fontana si interroga sullo spazio, sulla materia, sul movimento della materia.
e i suoi interrogativi mi piacciono. i tagli mi fanno pensare a una domanda. cosa c'è dietro la tela? si apre uno spazio sufficiente e porsi il problema, a sbirciare oltre, ma non abbastanza grande per trovare una risposta. e posso assicurare che quei tagli si vedono, si sentono, come si sente il blu di Klein. mi piacciono le palle tonde grosse massiccie con grandi sbreghi, lacerazioni, tagli slabbrati sulla superficie. sono grossolani eppure potenti e quelle faglie beanti son sempre la stessa domanda: oltre, dopo, dall'altra parte c'è qualche altro posto?
si chiamano Nature, realizzate nel 1960 "Trenta grandi sfere in terracotta, con dei grandi tagli e buchi",e aggiunge: "Sono molto contento, è il nulla! La morte della materia, è la pura filosofia della vita".
si chiamano Nature, realizzate nel 1960 "Trenta grandi sfere in terracotta, con dei grandi tagli e buchi",e aggiunge: "Sono molto contento, è il nulla! La morte della materia, è la pura filosofia della vita".
“Klein rappresenta lo spirito nuovo. È diverso da un pittore
espressionista come Rothko, che è interessato alla vibrazione luminosa
dello spazio, e da Pollock, che vuole distruggerlo, farlo esplodere,
rompendo il quadro. È diverso da me, perché io cerco uno spazio
ulteriore. Lui voleva l’infinito.” dice Lucio Fontana, nel 1967.
certo Klein cerca una ricostruzione dell'universo, tocca la trascendenza, Fontana è qui, alla fine, è in verità legato alla materia seppure desidera annullarla, non la polimerizza, non cerca l'essenza, è sessuale è sensuale, è donna, buco, utero, grandi labbra: circondiamo il nostro vuoto, gli stiamo intorno.
se Fontana vuole cogliere la quarta dimensione, l’obiettivo prometeico di Klein è la “capture du vide”, splendido nonsenso Zen in grado di sintetizzare il mezzo e il fine, l’opera umana e la ricerca dell’Essere, scrive Davide Parlato su Revolart.
al termine della mostra i due talenti si confrontano frontalmente. da una parte Fontana con il Campione olimpico, dall'altra Klein con il ritratto di Claude Pascal.
oro e blu, ancora una tinta uniformemente distribuita che trasforma il fine in un
mezzo, nella ricerca della pura spiritualità, nella sospensione della carne con uno sfondo che riflette la luce ma non trasmette le forme e un corpo statuario, muscolare, squadrato ma senza peso.
Klein e Fontana.
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