Principessa Mononoke, principessa spettro, così la definisce la traduzione (infelice).
siamo nel mondo magico, nell'universo fatato di Hayao Miyazaki, questa volta potente e senza sconti.
l'uomo combatte l'uomo, combatte la forza immensa della natura,
la natura combatte l'uomo e il suo potere distruttivo, difende la sua eternità sulla frammentazione caduca e mortale dell'uomo.
tutte le forze sono in campo, il potere e l'arroganza, la ragione di sopravvivenza dell'uomo e l'immensità della natura, l'uomo che riconosce se stesso e la sua capacità di progettare la vita, la natura che impone l'istinto e la bellezza inarrivabile delle sue manifestazioni. c'è anche l'amore, così come l'odio, in fondo sono la stessa cosa, condividono la stessa matrice, la stessa forza che muove il sentimento.
come sempre in questo genio di regista le immagini sono splendide, la fantasia rappresentativa inarrivabile.
come sempre in questo talento d'uomo, il discorso che sottende è sempre importante, è di vitale importanza.
come sempre il personaggio femminile, la principessa che non riconosce la sua appartenenza al genere umano e rivendica il suo essere lupa, è centrale l'elemento portante della narrazione e della lotta, ma il nostro principe Ashitaka, contaminato da una maledizione mortale dopo una lotta feroce con un dio maligno, che si mette in viaggio per scoprirne l'origine e chiedere una cura al grande Dio Bestia, l'unico in grado di guarirlo, è la figura più bella e amabile del racconto, vero pacifista, sempre disponibile ad ascoltare le parti, mediatore del compromesso finale, portatore di amore, fierezza e coraggio.
siamo in un mondo irriconoscibile per noi occidentali, abitato da forze benigne e maligne, da uomini e animali, dal dio bestia e dai kodama -spiriti della foresta-, da ciclo del sole e della luna, dal conflitto tra la città di ferro, la civiltà e la sua crescita, e la foresta, la natura incontaminata e intoccabile.
ma il conflitto, a dispetto di ogni previsione disneyana, è anche tra i due protagonisti, Mononoke e Ashitaka: non si somigliano, non si appartengono e, nonostante l'amore, non si uniranno.
il film è a tratti troppo lungo e sembra non risolversi mai, ma perdono al genio assoluto di Miyazakyi questo peccato di orgoglio. di essere orgoglioso ne ha ben donde: non c'è blu più blu del blu di Miyazaki.
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