sono al cinema e sto guardando "lo Stato della Follia".
sono una psichiatra e so cos'è, almeno nominalmente e forse anche qualcosina di più, un OPG.
dovrei, ma non so.
dovrei, ma non so.
Ospedale Psichiatrico Giudiziario.
ci finiscono le persone affette da un disturbo mentale, si suppone debilitante, si suppone determinante un'incapacità di intendere e di volere. questi pazienti, disturbati mentalmente, se compiono un reato giudiziario, non finisco in carcere ma in OPG, struttura dipendente dall'amministrazione penitenziaria.
teoricamente questa distinzione vorrebbe favorire il malato psichiatrico, che prima di tutto è un malato e, secondariamente, colpevole di un reato.
teoricamente va curato il malato, consentirgli un recupero e favorire lo sconto della pena in un ambiente sanitario protetto, adeguato al suo stato mentale, ove non sia confuso, e quindi "mal"trattato, con i delinquenti comuni.
ora, lo scontro sta proprio qui, tra le diverse misure di una struttura sanitaria e quella giudiziaria.
di fatto gli OPG sono la peggiore espressione possibile di uno stato giudiziario e sono l'emblema dell'assenza totale di cura, di assistenza sanitaria. ci sono i secondini, le guardie, la coercizione, la colpa e la pena -e nelle sue espressioni più deteriori- ma non c'è la sanità.
sono la più putrefatta espressione di una condizione di maltrattamento dell'uomo, dei suoi diritti di malato e di cittadino, sono la versione peggiorativa di un manicomio, inimmaginabile, sono il luogo della dimenticanza, dell'incuria, del degrado, della disumanizzazione, delle brutture di uno stato che si dice civile, della lordura, della puzza, della follia nella sua espressione più deteriore. la follia dello stato, lo stato della follia.
“Chi lascia l’uomo nella sua colpevolezza, chi lo scolpisce dentro di essa, non è molto diverso dal colpevole stesso”. Cardinal Carlo Maria Martini
Francesco Cordio, regista, si è preso la briga, l'onere e l'onore, di girare questo film, nel 2010, di scriverlo, di girarlo, di montarlo, di produrlo e anche di distribuirlo. ha realizzato per conto della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale questo documentario sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, girando immagini e raccogliendo testimonianze inedite ed esclusive che gli è valso anche una menzione speciale al Premio Ilaria Alpi 2011.
però, a tutt'oggi, non è ancora valsa la chiusura degli stessi, rimandata di anno in anno. era stata sancita, l'ultima volta, per il 31 marzo 2014, giorno in cui io ho visto il film. ora è spostata al 2017 e molti soldi sono stati stanziati per favorire questo passaggio, onerosissimo e corposissimo di quasi, alla fine del 2009, 1300 internati, ora già 1500.
vedere questo film è un'esperienza di terrore e di vergogna. e lo dico io che sono abituata comunque alla malattia mentale, anche a quella cronica, quella che si vede anche negli SPDC, quella del deterioramento, del rallentamento, dei denti marci e delle ditta nere per le sigarette fumate fino a bruciarsi la pelle.
gli OPG sono, di fatto, dei manicomi gestiti dalla polizia di stato (tranne quello di Castiglione delle Stiviere, unicamente gestito da personale sanitario e profondamente diverso da tutti gli altri) dove l'uomo è dimenticato, dove la follia viene educata, stimolata, favorita, enfatizzata, prodotta e alimentata, dove l'uomo diventa bestia, i detenuti e chi li detiene, polizia e medici psichiatri, dove ci sono persone dimenticate dalla giustizia e dallo stato, dove un uomo che 30 anni fa ha rubato 7 mila lire minacciando con una mano sotto una maglietta fingendo di possedere una pistola, è ancora lì, senza motivo, senza un senso, senza speranza. le carcerazioni iniziali sono protratte all'infinito da successivi provvedimenti giudiziari, sulla base della pericolosità sociale: chi è entrato e ha scontato prosegue la sua condanna all'infinito, fino alla fine dei suoi giorni, fino alla fine dei giorni dello stato italiano e del mondo intero.
se questo è un uomo. se questo è un giudice, se questo è un medico.
“I filmati realizzati durante i sopralluoghi
all’interno degli OPG, contraddistinti da
apposita scritta in sovraimpressione, sono
stati messi gratuitamente a disposizione
dalla Commissione d’inchiesta sull’efficacia
e l’efficienza del Servizio Sanitario
Nazionale. Le opinioni espresse al di fuori
di detti filmati non sono necessariamente
riferibili all’Organo parlamentare”.
Nel 2010 la commissione parlamentare
d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del
servizio sanitario nazionale effettua
ripetuti sopralluoghi a sorpresa nei 6 opg.
“Le modalità di attuazione osservate negli
OPG lasciano intravedere pratiche cliniche
inadeguate e, in alcuni casi, lesive della
dignità della persona”.
Le norme che consentono la reclusione negli
OPG risalgono al Codice Penale emanato nel
1930 dal regime fascista.
Due sono i requisiti perché il giudice
disponga una misura di sicurezza detentiva in
sostituzione o in aggiunta alla pena:
la commissione di un reato e la
pericolosità sociale.
Chi viene reputato socialmente pericoloso,
cioè si ritiene probabile che commetta
nuovamente reati, è sottoposto ad una
misura di sicurezza calibrata in base al
grado di pericolosità. Le durate delle misure
di sicurezza sono di due, cinque o dieci anni.
Prorogabili teoricamente all’infinito.
È quello che si dice “ergastolo bianco”
Nel 2008 il Comitato per la prevenzione
della tortura del Consiglio d’Europa aveva
già visitato un Ospedale Psichiatrico
Giudiziario. Dopo aver letto il rapporto del
comitato, il governo italiano è stato
costretto a giustificarsi. Ha risposto
dicendo che nel nostro paese: “La legge non
prevede un limite per l’esecuzione delle
misure di sicurezza temporanee”.
All’interno della Commissione Parlamentare
d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del
Servizio Sanitario Nazionale, i senatori di
tutti i partiti politici approvano
all’unanimità le risoluzioni che chiedono la
chiusura degli OPG sostituendoli con
strutture interamente sanitarie.
A luglio del 2011 la Commissione dispone la
chiusura di alcuni reparti degli OPG di
Montelupo Fiorentino e di Barcellona Pozzo
di Gotto ritenendo che:
“le condizioni strutturali ed igienicosanitarie
sono tali da recare pregiudizio a
diversi diritti costituzionalmente garantiti
dei pazienti ricoverati: il diritto a modalità
di privazione della libertà non contrarie al
senso di umanità; il diritto fondamentale
alla salute; il diritto all’incolumità!
A gennaio 2012 in Senato si discute il
decreto ribattezzato “svuota carceri”.
La Commissione presenta un emendamento
che prevede il definitivo superamento degli
Ospedali Psichiatrici Giudiziari entro il 31
marzo 2013.
Il decreto diventa legge il 14 febbraio 2012.
“A decorrere dal 31 marzo 2013 le misure di
sicurezza del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario sono eseguite
esclusivamente all’interno delle
strutture sanitarie”.
L’unico opg dove non sono state
riscontrate gravi carenze durante le
ispezioni della commissione è quello
di Castiglione delle Stiviere.
Castiglione è il solo OPG gestito
esclusivamente con personale sanitario.
La legge 9/2012 dispone finanziamenti
speciali e aggiuntivi, 38 milioni nel 2012 e 55
milioni dal 2013, per assicurare l’assistenza
alternativa all’OPG.
Alcune Regioni però non ne hanno fatto
richiesta. Il termine ultimo per la chiusura
degli OPG, marzo 2013, potrebbe essere
quindi prorogato.
In Italia esistono 6 OPG, comunemente chiamati manicomi criminali.
• Montelupo Fiorentino che contiene più di 200 persone, mentre la sua capienza massima è di 188.
• Aversa, in provincia di Caserta, che ne contiene più di 200 sulle 150 previste.
• Napoli più di 150 su 150.
• Reggio Emilia più di 200 su una capienza di 190.
• Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, più di 200 su 194 posti.
• Castiglione delle Stiviere, Mantova, l’unico ad avere anche un reparto femminile che contiene circa 200 persone, delle quali meno di 100 sono donne. In totale, alla fine del 2009, gli OPG avevano circa 1300 internati. Queste istituzioni sono rimaste sostanzialmente estranee e impermeabili alla cultura psichiatrica riformata, e il meccanismo di internamento non è stato influenzato dalla legge 180. Molti giuristi, psichiatri, politici, opinionisti e cittadini attivi nelle associazioni riconoscono che la persistenza dell’OPG e delle stesse procedure per accedervi sono incostituzionali. Nel 1982 la sentenza della Corte Costituzionale n. 139 stabilisce che la pericolosità sociale non può essere definita una volta per tutte, come se fosse un attributo naturale di quella persona e di quella malattia. Deve essere invece relativizzata, ovvero messa in relazione ai contesti, alla presenza di opportunità di cure e di emancipazione relative alla disponibilità di risorse e di servizi. Deve dunque essere vista come una condizione transitoria. E di conseguenza anche le misure di sicurezza vanno di volta in volta riviste e aggiornate. Vale a dire che le persone benché prosciolte, se non riconosciute socialmente pericolose, possono venire dimesse prima del tempo o non essere ricoverate affatto in OPG. Ancora più recentemente altre due sentenze della Corte Costituzionale (n. 253/2003 e n. 367/2004) hanno dichiarato incostituzionale la non applicazione di misure alternative all’internamento in OPG onde “assicurare adeguate cure all’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”, rilevando che il ricovero in questo istituto costituisce una pesante disuguaglianza di trattamento rispetto a quanto la riforma sanitaria prevede. I giudici mettono in luce che l’internamento è dannoso per tutti e che le cure psichiatriche devono svolgersi in ambito territoriale. Di conseguenza anche per le persone prosciolte e ritenute socialmente pericolose, bisogna prevedere un programma terapeutico e l’esecuzione della misura di sicurezza in ambito territoriale. Queste sentenze richiamano a un’assunzione di responsabilità dei Dipartimenti di Salute Mentale. Essi devono articolare un programma terapeutico riabilitativo, anche persistendo alcune limitazioni della libertà dovute alla misura di sicurezza. Questo significa che un accorto uso di risorse e opportunità legislative può evitare il ricorso all’internamento in OPG.
Il racconto in prima persona di un attore, ex-internato in uno di questi ospedali, si intreccia con le riprese effettuate, senza preavviso, in questi luoghi “dimenticati”anche dallo Stato. Queste istituzioni sono rimaste sostanzialmente estranee e impermeabili alla cultura psichiatrica riformata, e il meccanismo di internamento non è stato interessato dalla legge del 1978 che prevedeva la chiusura degli ospedali psichiatrici. Una commissione parlamentare d’inchiesta ha fatto luce sullo stato di abbandono, degrado e non cura degli internati e ha fatto approvare una legge che ne prevede la chiusura.
In Italia esistono 6 OPG, comunemente chiamati manicomi criminali.
• Montelupo Fiorentino che contiene più di 200 persone, mentre la sua capienza massima è di 188.
• Aversa, in provincia di Caserta, che ne contiene più di 200 sulle 150 previste.
• Napoli più di 150 su 150.
• Reggio Emilia più di 200 su una capienza di 190.
• Barcellona Pozzo di Gotto, Messina, più di 200 su 194 posti.
• Castiglione delle Stiviere, Mantova, l’unico ad avere anche un reparto femminile che contiene circa 200 persone, delle quali meno di 100 sono donne. In totale, alla fine del 2009, gli OPG avevano circa 1300 internati. Queste istituzioni sono rimaste sostanzialmente estranee e impermeabili alla cultura psichiatrica riformata, e il meccanismo di internamento non è stato influenzato dalla legge 180. Molti giuristi, psichiatri, politici, opinionisti e cittadini attivi nelle associazioni riconoscono che la persistenza dell’OPG e delle stesse procedure per accedervi sono incostituzionali. Nel 1982 la sentenza della Corte Costituzionale n. 139 stabilisce che la pericolosità sociale non può essere definita una volta per tutte, come se fosse un attributo naturale di quella persona e di quella malattia. Deve essere invece relativizzata, ovvero messa in relazione ai contesti, alla presenza di opportunità di cure e di emancipazione relative alla disponibilità di risorse e di servizi. Deve dunque essere vista come una condizione transitoria. E di conseguenza anche le misure di sicurezza vanno di volta in volta riviste e aggiornate. Vale a dire che le persone benché prosciolte, se non riconosciute socialmente pericolose, possono venire dimesse prima del tempo o non essere ricoverate affatto in OPG. Ancora più recentemente altre due sentenze della Corte Costituzionale (n. 253/2003 e n. 367/2004) hanno dichiarato incostituzionale la non applicazione di misure alternative all’internamento in OPG onde “assicurare adeguate cure all’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”, rilevando che il ricovero in questo istituto costituisce una pesante disuguaglianza di trattamento rispetto a quanto la riforma sanitaria prevede. I giudici mettono in luce che l’internamento è dannoso per tutti e che le cure psichiatriche devono svolgersi in ambito territoriale. Di conseguenza anche per le persone prosciolte e ritenute socialmente pericolose, bisogna prevedere un programma terapeutico e l’esecuzione della misura di sicurezza in ambito territoriale. Queste sentenze richiamano a un’assunzione di responsabilità dei Dipartimenti di Salute Mentale. Essi devono articolare un programma terapeutico riabilitativo, anche persistendo alcune limitazioni della libertà dovute alla misura di sicurezza. Questo significa che un accorto uso di risorse e opportunità legislative può evitare il ricorso all’internamento in OPG.
Il racconto in prima persona di un attore, ex-internato in uno di questi ospedali, si intreccia con le riprese effettuate, senza preavviso, in questi luoghi “dimenticati”anche dallo Stato. Queste istituzioni sono rimaste sostanzialmente estranee e impermeabili alla cultura psichiatrica riformata, e il meccanismo di internamento non è stato interessato dalla legge del 1978 che prevedeva la chiusura degli ospedali psichiatrici. Una commissione parlamentare d’inchiesta ha fatto luce sullo stato di abbandono, degrado e non cura degli internati e ha fatto approvare una legge che ne prevede la chiusura.
Il film intende accompagnare, e far vivere lo
spettatore, in questi luoghi dove le
persone, fin dagli inizi del ‘900,
sono relegate e disumanizzate dal
trattamento farmacologico,
dall’abbrutimento delle celle di
isolamento e dei letti di contenzione.
Il documentario porta alla luce lo stato di
abbandono delle strutture psichiatriche e la
privazione dei più elementari diritti
costituzionali alla salute, la cura, la vita di
tanti malati mentali.
"Ogni volta uscire era insieme un sollievo e
una condanna: il pensiero impotente di
lasciare quelle persone alla loro non-vita,
mi tormentava. Ma cosa potevo farci io?
Ero il regista di un film i cui interpreti non
erano attori ma donne e uomini, dimenticati
da tutti. Lì dentro, infatti, non ho ripreso
semplicemente dei volti, non ho registrato
solo delle voci, ma ho filmato le maschere
allegoriche di uno Stato che le aveva tenute
nascoste fino a quel momento. La maschera
del terrore, dell’abbandono e della miseria
umana. Nel documentarmi sulla questione
O.P.G. ho conosciuto il caso di Luigi Rigoni, un
attore, ex-internato ad Aversa. Una storia
kafkiana la sua. Anche Luigi non aveva mai
sentito parlare di un ospedale psichiatrico
giudiziario. Ma lui, a differenza mia, ci si
era trovato rinchiuso da un giorno all’altro
senza neanche aver ben capito perché.
E il film è fatto anche di questo: di un uomo
come tanti, che decide di lasciarci in
eredità la sua storia, a futura memoria,
perché avventure di questo tipo, viaggi
nell’inferno senza ritorno, non accadano
più a nessuno. Ecco, il mio documentario lo
dedico a loro, a quelli come lui, a coloro che
hanno resistito per raccontarlo. E a tutte le
persone che invece hanno deciso con lucidità
di porre fine alla loro vita dentro l’ospedale
psichiatrico giudiziario, che hanno ritenuto
l’uccidersi l’unico modo per uscire dall’O.P.G."
Francesco Cordio
"Un vero pugno allo stomaco che va su, dritto e inesorabile, alla coscienza di ciascuno… Un film non solo confezionato con impeccabile accuratezza, ma scritto con una impostazione ferma, equilibrata, saldamente ancorata sui fatti. Molto d’impatto il doppio registro tra il girato negli ospedali (in presa più che diretta come ci ha raccontato) e il narrato attoriale di una esperienza realmente vissuta. Come un ritmo cardiaco con due battiti diversi ma necessari l’uno per l’altro.”
Ilaria Della Torre – Quadriennale di Roma
tutto il materiale fotografico, i video e le note sono reperibili al sito
che consiglio a tutti, cordialmente e perentoriamente di andare a guardare.
4 commenti:
Ho incrociato vicende di OPG seguendo storie di abuso di alcol, una persona in particolare "ricoverata" ad Aversa, me ne ha parlato in maniera drammatica. Non riuscirei a vedere per intero il film, non perché incapace di reggere le situazioni, ma per la grandissima incazzatura (perdonami il termine), e conseguente sequela di maledizioni che urlerei, verso tutti quei responsabili in giacca e cravatta, che parlano tanto di dignità della persona, ma poi sopravvivono serenamente. Grazie a te per la sensibilità, e non credo dovuta soltanto alla tua professione.
Per visitare il sito segnalato, dovrò farmi forza.
Ciao Rossa.
in effetti non si dorme tranquilli,l c'è qualcosa di veramente marcio nell'uomo, più vedo e conosco le cose, vedo film-documentario e leggo libri, e più mi rendo conto che c'è un fondo apparentemente incomprensibile di bruttura e maleodorante in noi.
il sito non è spaventoso, ci sono gran parte delle cose che ho riportato ma a guardare bene ci sono immagini che non ho potuto riportare qui. il fatto è che le parole non rendono le immagini del film.
a presto
Rossa
sì..il fondo di cui parli è molto nebuloso,inquietante.mi si è ghiacciato il sangue davanti a certi occhi del documentario..se penso che può succedere a chiunque..angosciante.ciao bella Rossa
ciao Corte Sconta, succede ai reietti della terra, i malati di mente sono ancora, e dico ancora, tra questi...
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