venerdì sabato e domenica sono a Bologna, non per desiderio di avvicinarmi all'epicentro del sisma ma per seguire un convegno lacaniano: Molteplicità delle indentificazioni. Unicità del godimento.
che titolo non è vero? chissà come e quanto ci capirò...ma non posso che tentare l'impresa, sono attrata come l'ape sul miele, spero la frustrazione dell'ignoranza non sia abissale.
in preparazione all'evento girano nella mia posta articoli dei vari partecipanti che anticipano il senso di quello che andiamo a sentire.
a volte arrivano testi illeggibili per volontà esecrabile di non intelliggibilità della popolazione lacaniana, un vezzo veramente deprecabile di taluni psicoanalisti di questa scuola, altre volte arrivano testi come questo, meravigliosamente chiari e schietti, dettati dalla volontà di chi parla di comunicare, e in che strepitoso poetico modo, e di rendersi parte di un discorso.
pubblico per dovere e per piacere, immensi, doppiamente riconoscente a chi avvalora la mia ipotesi: chi profondamente sa, sa farsi capire molto bene.
(Dalì per sempre, perchè io l'inconscio lo immagino così.)
Non sempre sfogliare la cipolla fa piangere
Sergio Caretto
Che piaccia o meno, la cipolla è un bulbo rievocato a più riprese nell’opera freudiana quale metafora per rappresentare la molteplicità delle stratificazioni identificatorie di cui l’io si nutre, al fine di evitare al soggetto l’incontro col reale della divisione. In Freud l’identificazione paterna sarebbe fondante e alla base delle successive identificazioni e, anche per questa ragione, dirà che non vi è lutto più doloroso da compiere per un uomo che quello legato alla morte del proprio padre. Come apprendiamo in una lettera a Fliess dell’ottobre del 1896, fu proprio il confronto col reale della morte del proprio padre a costringere Freud ad intraprendere la propria analisi personale, nel tentativo di far fronte ad un doloroso senso di smarrimento e sradicamento mai vissuto prima. Il reale ”se ne fa un baffo” dell’ideale paterno, facendo saltare la pretesa perfezione della cipolla e rivelando che anche il padre, per dirla con l’ultimo Lacan, non era che un sintomo. Analisi dunque quale percorso per elaborare il lutto della propria versione paterna e per giungere a cogliere il nocciolo di reale che concerne il soggetto nel suo più intimo e nella sua unicità.
A far luce sul bulbo in questione: la parola al poeta.
La
cipolla
La
cipolla è un’altra cosa.
Interiora
non ne ha.
Completamente
cipolla
fino
alla cipollinità.
Cipolluta
di fuori,
cipollosa
fino al cuore,
potrebbe
guardarsi dentro
senza
provare timore.
In
noi ignoto e selve
Di
pelle appena coperti,
interni
d’inferno,
violenta
anatomia,
ma
nella cipolla-cipolla,
non
visceri ritorti.
Lei
più e più volte nuda,
fin
nel fondo e così via.
Coerente
è la cipolla,
riuscita
è la cipolla.
Nell’una
ecco sta l’altra,
nella
maggiore la minore,
nella
seguente la successiva,
cioè
la terza e la quarta.
Una
centripeta fuga.
Un’eco
in coro composta.
La
cipolla, d’accordo:
il
più bel ventre del mondo.
A
propria lode di aureole
Da
sé si avvolge in tondo.
In
noi – grasso, nervi, vene,
muchi
e secrezione.
E
a noi resta negata
L’idiozia
della perfezione.
Wisława
Szymborska
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