bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 26 marzo 2012

gesamtkunstwerk

ovvero: l'opera d'arte totale.
questo era l'obiettivo artistico del gruppo della Secessione di Vienna e di cui Klimt era parte attiva, talentuosamente attiva. questo movimento era un'associazione di artisti, tra cui pittori e architetti, che si staccarono dall'Accademia di Belle Arti per formare un gruppo autonomo, dotato di una propria indipendenza ideologica e anche di una propria sede, il Palazzo della Secessione Viennese. Gesamtkunstwerk, l'opera d'arte totale, è l'obiettivo di questi artisti che progettano, dipingono, decorano in vista di una fusione completa delle arti.

eccolo il gruppo di rivoluzionari dell'arte e, se la dobbiamo dire tutta, solo Klimt, il secondo da sinistra, seduto sul suo trono e con la sua veste anticonvenzionale da guru, sembra l'unico vero secessionista, spogliato di cappello, vestito, panciotto e posa viennese da fine ottocento. diciamo che allora, a Vienna, i tempi erano molto fecondi: oltre a questo movimento, cui si allineava per originalità anche Schiele nelle sue raffigurazioni ardite, c'era un signore di nome Freud che parlava di emersione dell'inconscio.


il manifesto secessionista aveva regole pittoriche e raffigurative molto precise, un decalogo rigoroso: linee essenziali, bidimensionalità, astrazione, assenza di prospettiva e di ombre, nessun ricorso ai dettagli.
è da tutto questo che nascono e si sviluppano l'idea e la rappresentazione, nel Palazzo della Secessione, del Fregio di Beethoven.
io ne ho visto la trasposizione a Milano, allo spazio Oberdan, in una piccola mostra che espone i disegni di Klimt alla base di quest' opera grandiosa, lunga 24 metri e sviluppata su tre pareti, eseguita da Klimt nel 1902 in occasione della XIX mostra della Secessione dedicata alla grande scultura in marno di Max Klinger raffigurante l'apoteosi di Beethoven, figura storica nella quale Klimt e i suoi compagni secessionisti vedevano l'incarnazione del genio, l'esaltazione dell'amore e l'abnegazione che possono redimere l'uomo.

quel che ho visto, e mai avevo visto prima tra tutte le numerosissime opere che di Klimt si vedono e rivedono, si riportano e si postano, si usano a manifesto dell'amore e della consacrazione della fusione labiale e non solo tra maschio e femmina, mi è piaciuto molto, mi è sembrato molto ambizioso e pienamente riuscito, mi è sembrato maestoso e celebrativo, elegante e simbolico.







nel Fregio di Beethoven, si passa dall'anelito alla felicità e dalle preghiere della debole umanità al forte cavaliere armato all'ostilità delle forze avverse, rappresentate dal gigante e le sue figlie, le tre Gorgoni -malattia, follia e morte, - insieme a Impudicizia Lussuria e Intemperanza, fino al placarsi dell'anelito alla felicità nella figura della poesia nel regno ideale, unico luogo del discorso nel quale possiamo trovare gioia, felicità, amore. Klimt fonde suggestioni diverse: dalla pittura greca e dalla pittura egiziana alle stampe giapponesi e alla scultura africana, che gli suggerisce le orride maschere che abitano il regno del male.
se le immagini pittoriche sono monumentali, oltre che di inaccessibile bellezza e visionarie e sognanti e allusive e terrifiche (Lussuria con i suoi capelli rossi e lo sguardo di traverso e la posa ammiccante è semplicemente ipnotica), i disegni che le hanno preparate sono al contrario fragili, delicati, morbidi e vulnerabili.






è un bel gioco quello cui ho assistito, una costruzione dell'opera d'arte, un castello coloratissimo e luccicante che prende origine da figure delicate e gentili, una carnificazione dell'immagine, un potenziamento visuale attraverso il colore e la definizione corporea. 
attraverso l'occhio dell'artista, anzi, dell'opera d'arte totale.

quando il Palazzo della Secessione venne inaugurato, all'ingresso venne collocata questa frase:

A ogni tempo la sua arte, all'arte la sua libertà.

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