
per uno strano caso del destino io, di famiglia storicamente milanista, dicevo io, tiepidamente tifosa, e quindi io, distrattamente attirata dal calcio con una specie di terzo occhio, infine io mi trovo maldestramente circondata da interisti.
squadra curiosa, di certo non nazionale ma piuttosto direi, a essere cortese, globalizzata, animata da tifosi mediamente poco simpatici, altezzosi, milanesi boriosetti, ma comunque, brava gente.
come tutte le realtà che salgono alla ribalta in modo prepotente mi incuriosisce e finisce col meritare la mia attenzione analitica e perfino il mio tifo.
il 22 maggio mi sono guardata la partita e mi sono accesa per i due gol di militooooooooooo, principe dell'ultima ora.
ho fatto il tifo, sinceramente, e ho provato un po' di contentezza per gli interisti annegati in quella gaiezza un po'infantile, cioè all'origine genuina, che ti fa sbroccare per un successo di squadra.
ma la mia attenzione è caduta, più che su capitan eroe zanetti, più che su papà regal milito, sul conductor maximo, José Mário dos Santos Félix Mourinho.
questo burbero e indomito allenatore che piange.
bene. quanta gioia negli animi interisti per quell'allenatore un po' bastardo dalla lingua molto tagliente e ignara del rispetto ma alla fine, apparentemente, così tenero da commuoversi fino alle lacrime.
tipo: anche i duri hanno un cuore.
tipo: avete visto? non sono quell'insensibile dittatore che avete disegnato, voi ingrati giornalisti assetati di sangue.
eppure dopo profuse calde lacrime, dopo tanta remunerata appartenenza alla squadra milanese, dopo tanti abbracci e generosa elargizione di rarissimi sorrisi...già il giorno dopo l'agognato traguardo, il suo amore, diciamo così, era dedito ad un'altra di nome real madrid.
neanche una puttana direi ha tanta fretta. nemmeno è finito l'orgasmo
e già, anima e corpo, si è data al prossimo cliente.
e già dichiara il suo passaggio alla storia per la champions league che regalerà ai medrileni, il terzo trofeo nel giro di pochi anni. sarà lui. è lui. è SOLO lui.
il nostro mourinho appartiene alla grande a questo nostro millenenio dove l'oggetto viene rapidamente consumato. come in ogni dipendenza che si rispetti, anche lui fa del suo oggetto del desiderio una sostanza che entra in circolo e di cui non si può fare a meno. non si capisce se la sua fosse gioia o già disperazione, qualcosa che spinge chi ha appena ottenuto l'appagamento a desiderare immediatamente quello successivo, e a dichiararsi onnipotente come un dio, come se il vuoto, la mancanza, creasse una vertigine intollerabile. la popolarità e il successo sono oggetti molto desiderabili al giorno d'oggi e risultano davvero entusiasmanti ma non nutrono. solo sostituiscono. l'io del nostro mou è ingordo e insaziabile, e come raggiunge il climax è già altrove, desideroso di altri insuperabili interminabili e infiniti traguardi.
mi dispiace per il deluso popolo degli interisti, ultimamente simpatici cugini di successo ora soli e abbandonati, mi dispiace ma le lacrime di mou non erano per voi, non erano per la squadra, nè per moratti e nemmeno per lo stadio.
«Certo che sono capace di vincere la Champions con il Real..Voglio essere il primo a conquistare il 'Grande Slam' nei tre massimi campionati del mondo: Inghilterra, Italia e Spagna».
le lacrime di mou erano di risarcimento personale, erano di conquista, erano di successo che appaga solo per un secondo un io affaticato da un lungo lavoro, erano di affrancamento e di percezione della prossima grande abbuffata bulimica.
le lacrime di mou erano solo per se stesso. per la sua fatica di eterno conquistatore senza terra.
