mio fratello ci va da 30 anni, esatti.
ha visto il festival Locarno quando era ancora sconosciuto ai più, sebbene sia tra i più antichi festival di cinema, in tempi di certo non sospetti.
partiva da Sangiano, tutti i giorni, e tornava all'alba.
io non sapevo cosa faceva.
come mi ha confermato Javer Marìas con il suo Berta Isla, ma non è che non lo sapessi, l'altro è inconoscibile, un mistero, anche quando è molto prossimo e pensiamo di saperne tutto il possibile.
non lo sapevo e nemmeno ora lo so, quello che so è che il festival di Locarno piace molto anche a me, e non solo a me, come le foto dimostrano.
un film in piazza grande è un'esperienza. per l'enormità dello schermo, alla faccia dei cellulari, e per l'enormità della platea, sempre alla faccia del solipsismo dei cellulari.
è il secondo anno che ci vado, e anche quest'anno ho visto un gran bel film, La fille au bracelet di Stephane Demoustier, altra dissertazione sull'inconoscibilità dell'altro, in questo caso dei nostri figli, portatori di rivoluzioni, sessuali o meno, che ci lasciano completamente estraniati e interdetti.
ma io ero felice di essere lì, non so se perché ero vicina a mio fratello, non nella prossimità dei corpi ma nella condivisione (cioè non l'ho visto), o forse solo perché quella grandezza, quello stadio cinematografico, quel pardo che cammina sullo schermo, quello schermo a cielo aperto, perché tutto mi parlava della bellezza del momento.
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