L’ultimo contributo alla fotografia lo ha dato con un ciclo di scatti dei padiglioni e dei giardini della Biennale di Venezia. Gabriele Basilico, morto sessantanovenne, il 13 febbraio di quest’anno ha offerto allo sguardo i contenitori svuotati di opere, folla e visitatori, delle più grandi rassegne d’arte e d’architettura al mondo. Si assiste, così, nel libro curato da Adele Re Rebaudengo ed edito da Contrasto, alla Biennale senza Biennale, alla Biennale che non abbiamo mai visto, quella del silenzio. E si scopre un museo di architettura. A firmare i progetti di alcuni dei 31 padiglioni ai Giardini della Biennale, realizzati tra il 1895 e il 1995, sono stati infatti architetti quali Hoffmann, Rietveld, Aalto, Scarpa, Stirling e Bbpr. E poi il meno noto Sverre Fehn, autore di quel capolavoro che è il padiglione dei Paesi Nordici, con gli alberi innestati nel congegno architettonico, nel rispetto di un principio di armonia tra natura e architettura, che è un filo rosso del Giardino veneziano fotografato da Gabriele Basilico.
In questo libro sono raccolte le sue affascinanti fotografie che raccontano per la prima volta, in maniera completa, i Padiglioni e i Giardini della Biennale di Venezia, progettati dai più importanti architetti del XX secolo.
Oltre alle immagini di Basilico, il volume presenta il contributo critico di architetti e storici dell’arte relativamente ai padiglioni presenti all’interno dei Giardini della Biennale d’Arte e della Biennale di Architettura di Venezia. Nel libro, infatti, i testi che accompagnano le immagini di Basilico descrivono le architetture dei trentuno padiglioni fotografati e guidano il lettore in un percorso incredibilmente ricco, in cui si ha la possibilità di fruire di una chiave di lettura esemplare con considerazioni di carattere storico-artistico, descrizioni tecniche e riflessioni sulle modalità con cui i padiglioni sono stati pensati e realizzati.
Adele Re Rebaudengo, curatrice del volume, racconta così l’inizio del progetto: “Quando noi tre, Gabriele Basilico, la sua macchina fotografica e io, ci siamo inoltrati per la prima volta in questo luogo inattuale e in questi spazi sospesi, siamo stati pervasi da una sensazione di benessere. La successione dei vuoti e dei pieni, l’imponenza dei Padiglioni tra il verde, i vialetti leggermente in salita a ritardare la bramosia della curiosità d’essere esaudita, ci permettevano di inoltrarci in pensieri più alti che invitavano a guardare all’uomo come a un
essere, in grado certo di realizzare opere grandiose, ma ora spesso smarrito, separato da quell’armonia capace di portarlo lontano”.
era il 21 Novembre, a Milano, allo Spazio Forma -prima della sua prossima scandalosa chiusura, una gran vergogna per una Milano che se la tira da gran signora della cultura e dell'arte- ed era anche la settimana di Bookcity a Milano. e quella era proprio la presentazione di un libro, quello di fotografie di Basilico.
ora, la sensazione è stata forte, per diversi motivi.
intanto arrivare in un luogo bello e conosciuto, come lo Spazio Forma, affidabile e ben organizzato, puntuale e ineccepibile dopo il gran casino, anche disorganizzativo, delle giornate convulse di Bookcity, è stata una sensazione di sollievo. sapevo di andare nel posto giusto.
poi però sono stata colta da un senso di perdita e di nostalgia. a gennaio lo Spazio chiuderà per impossibilità della fondazione di pagare i costi dell'affitto delle sale appartenenti all'ATM di Milano e senza che sia stato possibile arrivare ad un accordo con l'ATM stessa e con il comune di Milano. nessun aiuto, nessun contributo, nessuna alternativa: lo spazio CHIUDE, sarà pellegrino in città, un po' qua e un po' la con le sue mostre, ma senza un luogo di riferimento.
credono di convincermi che tanto è uguale, le mostre ci saranno lo stesso, ma è una pietosa e disonesta bugia. è uno scandalo culturale, una vergogna per Milano, la sua giunta comunale, per Pisapia e tutti i milanesi.
Roberto Koch, conferma quanto dichiarato in conferenza stampa: “La attività di Forma è sempre stata impostata con vocazione pubblica. Aver portato in oltre 8 anni le grandi mostre di fotografia a Milano è stata una scelta di forte interesse e passione per la città di Milano e per l'Italia. Dispiace a noi che il Comune di Milano e le altre istituzioni della città non ne abbiano saputo cogliere l'importanza. Forma è stato in questi anni l'unico luogo dedicato alla fotografia del nostro paese, ha collaborato con reciproco apprezzamento con le più importanti realtà analoghe europee con cui ha coprodotto mostre e continuerà la sua azione nei prossimi anni. Solo che dalle autorità cittadine e della Regione non è venuto mai in nessun momento il giusto riconoscimento della importanza del luogo. Ristrutturare un immobile di proprietà dell'ATM, renderlo agibile e funzionale secondo parametri espositivi di eccellenza internazionale, portare qui a Milano i grandi protagonisti della fotografia mondiale è stata una scelta di passione e di forte interesse per la città e per l'Italia, una scelta che avrebbe meritato un diverso apprezzamento. La ristrutturazione dell'immobile da noi operata è molto superiore alla richiesta, fatta nel corso degli ultimi due anni, soprattutto dopo l'avvento della giunta Pisapia, di poter avere un utilizzo in comodato gratuito dello spazio, e non in affitto oneroso come da contratto. Dal 2005 ad oggi abbiamo dialogato con tre diversi Presidenti della ATM, e con 4 diversi assessori alla cultura del Comune, riscontrando di fatto indifferenza ai nostri problemi, considerati - come conferma oggi l'Assessore Del Corno - come difficoltà di privati e non di interesse pubblico. La Fondazione Forma prosegue le proprie attività. Pubblicamente - durante gli incontri di fotografia organizzati dall'Assessorato - ho avuto modo di raccontare in dettaglio i nostri progetti, avvertendo che in caso di indifferenza, saremmo stati costretti a spostare in altri luoghi parte della nostra attività. Se non è interesse della città di Milano preservare per il proprio territorio una realtà unica, viva e importante come lo spazio espositivo di Forma che lì agisce, non possiamo che prenderne atto”.
infine, last but not least, le foto di Basilico sono struggenti.
mi colpisce la precisione, la perfezione, l'inquadratura impeccabile.
mi colpisce da sempre di Basilico, forse qui più probabile e concepibile, lo spazio vuoto, l'assenza di figure umane. non c'è mai nessuno nelle foto di Basilico, mai nessuno, come fa?, e tanto meno negli abbandonati giardini della Biennale di Venezia. il luogo in sè ha qualcosa di metafisico, di ultraterreno, di un'archeologia recente, dell'abbandono in vita, della bellezza senza sguardo. è un luogo malinconico per definizione, sembra appartenere a un altro pianeta, a un'altra epoca, a un tempo irreale immerso nel presente. è un paradosso.
il bianco e nero, il vuoto, il silenzio, la simmetria...sono la perfezione di una scelta fotografica.
infine, last but not least, le foto di Basilico sono struggenti.
mi colpisce la precisione, la perfezione, l'inquadratura impeccabile.
mi colpisce da sempre di Basilico, forse qui più probabile e concepibile, lo spazio vuoto, l'assenza di figure umane. non c'è mai nessuno nelle foto di Basilico, mai nessuno, come fa?, e tanto meno negli abbandonati giardini della Biennale di Venezia. il luogo in sè ha qualcosa di metafisico, di ultraterreno, di un'archeologia recente, dell'abbandono in vita, della bellezza senza sguardo. è un luogo malinconico per definizione, sembra appartenere a un altro pianeta, a un'altra epoca, a un tempo irreale immerso nel presente. è un paradosso.
il bianco e nero, il vuoto, il silenzio, la simmetria...sono la perfezione di una scelta fotografica.
Nessun commento:
Posta un commento