mi spostano.
il primario mi ha detto, qui non servi più, vai là.
dal SPDC al CPS.
Hospital by joanchris, Deviant art
e io vado, come un soldato, obbedisco.
sbaracco tutto, dopo un anno e mezzo qui a crearmi la mia casetta, quadri, disegni dei pazienti, libri carte e fermacarte, poesie attaccate alle pareti e le mie piante. così, un giorno dopo l'altro, come una zingara nomade e precaria, porto via i miei pezzi.
mi faccio tristezza da sola, forse agli altri faccio pure pena.
lascio due colleghi amabili e capaci, e due colleghe iene che non auguro a nessuno, nè uomini nè pazienti.
e poi si dice che le donne sono migliori degli uomini.
che banalità sconcertanti che si dicono e leggono. le persone sono diverse, che siano uomini che siano donne, non è che un genere sia migliore dell'altro, in toto.
adesso sono piena di oggetti provenienti da un posto, un luogo di senso, che in qualche modo era mio, oggetti che non so più dove mettere.
nella mia nuova destinazione non ho una scrivania, un posto che segni i miei confini e il mio stile, passerò da uno studio all'altro, senza identità.
squallido, non mi piace, mi fa pure paura.
sono ancora più lontana da Milano, sempre più fuori, la mia già scadente qualità di vita andrà incontro a un'ulteriore squalificazione. ma qualcosa si perderà per forza, per questioni logistiche e matematiche di un tempo quotidiano inestendibile, dovrò necessariamente lavorare di meno per stare più tempo in macchina. incredibile vero?
è vero, il primario me lo ha ricordato, sono io che un anno fa avevo chiesto, espressamente, di andare al CPS. ma lui non sa che le mie paure mi inducono a fare scelte protettive, o meglio a fare non scelte, più esattamente.
è vero, ma ora dal reparto non vorrei andarmene, a parte certe situazioni climatiche ambientali a tratti insostenibili e nauseabonde causa isterie o aggressività delle sopracitate colleghe, non vorrei perchè qui ho imparato moltissimo, su me, in primis, sui pazienti, in secundis. e sulla psichiatria in generale.
ora farò, a contatto con un'utenza molto problematica, povera, appartenente a zone urbane scadute scadenti decadenti, zone dormitorio, il mio lavoro ambulatoriale di sempre, ma con implicazioni burocratiche limitanti, risorse esigue, tempi stretti, e senza la mia scrivania.
sono stata decorosa e composta nel salutare, e nessuno mi è sembrato commosso nel salutare me.
roba adulta, meno male, o forse no.
sarà che dormo poco da giorni, che ho due herpes labiali, che mi trascino pesante nel pantano dello stress, o sarà solo che come sempre il cambiamento mi fa paura, sarà ma sono ancora senza un posto, una stanza tutta per me, sono in uno studio con un nome che non è il mio. e senza un cassetto.
"una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere".
Viginia Woolf
Viginia Woolf
2 commenti:
Ogni cosa si replica nel tempo, a questo mondo, e noi, siamo soltanto comparse che prima o poi, semplicemente veniamo dismessi, proprio come un fabbricato qualsiasi... Triste vero? Ma se così è, prima o poi, tornerà anche il tempo buono. In gamba Rossa, e in bocca al lupo.
p.s. per te che ami la poesia, questo tuo post mi ricorda "Soldati" di Ungaretti: "Si sta come d'autunno, sugli alberi, le foglie."
si, è come dici, si sta come le foglie d'autunno. comincio domani, che malinconia ho addosso.
ciao e grazie senpre.
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