world press photo 2011, ovvero le foto giornalistiche migliori, in diversi settori, del 2010.
alla galleria Sozzani a Milano, quella in corso Como 10 a Milano, a Milano l'ho detto?, in quel negozietto di lusso che brucerei tanto puzza di snobismo milanese della peggior specie, quella che è dislocata in una posizione incantevole, lo devo dire, tra case vecchie e non restaurate, tra glicini e rampicanti, con giardini e terrazze piene di fiori vasi e tavolini con i tetti rossi da una parte e i nuovi grattacieli di porta garibaldi dall'altra. spettacolarità dei contrasti.
sono entrata piena di speranze e sono uscita con la nausea.
una sosta per ritrovare il ritmo del respiro sul terrazzo tra cielo e grattacielo nel centro mondiale del consumismo cosmico e' risultata necessaria.
quel che ho visto, tranne proprio la prima sala su "ritratti" e "vita quotidiana" e alcune altre foto che salvo e mostro, proprio non mi è piaciuto.
a metà della mostra ho cominciato a sentire disagio, alla fine provavo angoscia.
sarà forse che giornalismo vuol dire cronaca e informazione, e ho in effetti scoperto che il 2010 è stato devastato da morte distruzione inondazioni terremoti disastri naturali eruzioni e guerra ovunque anche dove non sapevo mioddio c'è da inorridire -Tailandia Messico Brasile Cina Giava Yushu Pakistan Somalia Cina- sarà che cogliere l'attimo su pellicola, diciamo così, vuol dire renderlo eterno, sarà che la crudezza ci deve essere sparata in faccia come se fosse sinonimo di autenticita', sarà che il corno di un toro che infila la gola del torero per uscirgli dalla bocca è un atto di verità suprema sulla morte in diretta, sara' che una testa mozzata nel deserto e' emblema di degrado e miseria umana e richiamo al cambiamento, ma, siamo proprio sicuri?, io queste foto le ho trovate spaventose. e brutte. e inutili. e compiacenti solo l'ego di chi le scatta (visto che poi le premiano anche). e glorificanti la violenza. e perpetuanti l'oscenità della putrefazione. e impietose sulla morte quando rappresenta il cadavere in quelle pose che da vivo risulterebbero inguardabili. oscene violente insensate. e a volte francamente nemmeno tecnicamente meritevoli.
ho visto queste foto e ho ripensato alla mostra di Pellegrin (http://nuovateoria.blogspot.com/2011/03/dies-irae.html) e, dopo aver riflettuto, si, penso che la fotografia possa raccontare in altro modo, che abbia il potere, unico e artistico, di essere incisiva senza essere aggressiva. "c'è nell'immagine qualcosa che trascende il movimento, l'aspetto mutevole della vita, nel senso che l'immagine sopravvive al vivente." (J. Lacan), c'è nell'immagine qualcosa che attiene alla coscienza, alla propria responsabilità.
sabato 21 maggio 2011
La fotografia non mostra la realtà, mostra l'idea che se ne ha. (Neil Leifer)
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8 commenti:
Qualsiasi opera d'arte nasce principalmente per compiacere il suo autore. Il vero dilemma è se l'autore, esclusivamente per alimentare il suo ego, offre alla platea una provocazione sul vassoio della stupefacenza trascurando un contenuto che per dovere morale dovrebbe essere coerente con il suo "sentire".
Purtroppo "il mercato", vero padrone del fatto artistico, esige "l'evento" insultando un pubblico, a sua volta, spesso annoiato e superficiale. Complimenti per il blog, davvero ben articolato e composto graficamente, frutto sicuramente di un buon gusto connaturato. Saluti, Rosario Ciotto
forse loro danno al pubblico quello che il pubblico vuole.
basta percorre una strada funestata da un incidente per vedere gli automobilisti che rallentano per vedere magari il morto insanguinato o smembrato...
anni fa capitai in un paesino dove avavano investito da poco una donna...ricordo che c'era il 118 che proteggeva la scena con delel lenzuola mentre cercavano di rianimarla e una donna con un cellulare a circa 20 metri di distanza che si inginocchiava per cercare di scattare una foto sfruttando i pochi centimetri di spazio tra il lenzuolo ed il terreno...
che pena...
in verità pensavo che l'artista avesse altre finalità da quelle che descrivi, non di auto compiacimento ma di espressività di un bene interiore e prezioso. l'aspetto provocatorio appartiene a una funzione diversa da quella artistica, può anche convivere ma non può essere il suo sostentamento. se il mercato è il fine dell'arte non è arte, è un'altra faccenda, direi consumistica, ora oggi molto diffusa ma non qualificante.
le foto che ho visto, non tutte, hanno solo una finalità morbosa e non
mi hanno provocato emozione interiorizzazione o immaginazione ma solo fastidio e non le ho considerate arte nemmeno per un momento.
grazie per le tue considerazioni sul blog, ricambierò la visita.
ciao
si che pena cunny, hai ragione. il bisogno di alimentarsi dell'orrore mi sembra correlabile solo a un orrore che ci si porta dentro.
credo queste persone provino piacere nel vedere la disgrazia altrui...come a dire "a lui è successo a me no..."
è forse più facile accettare la sofferenza altrui che le fortune no?
Brava Rossa, parole perfette.
L'arte è un'altra cosa, può essere un'altra cosa, deve essere un'altra cosa.
L'arte suscita pathos, non orrore.
Salutoni, buon caldo (era ora!)
secondo me no cunny, non è un sollievo per non aver patito quella disgrazia,
altrimenti non sarebbe necessario soffermarcisi, tantomeno morbosamente. è
proprio un godimento che nasce dall'orrore, secondo me.
grazie Enzo. aaaaaaahhh si buon caldo veramente, anche a te!!
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