ho avuto la sensazione, per tutto il viaggio, di un paese affamato di identificazioni, di divise identitarie. di bandiere.
ogni gruppo sociale ha una connotazione visiva nettamente delineata, riconoscibile, quindi rassicurante, quindi patriottica, quindi altamente aggregativa.
a partire dai pompieri, che sono gli eroi nazionali per eccellenza, con un riconoscimento sociale infinitamente superiore a quello nostrano, passando dai ranger dei loro sensazionali parchi nazionali, fino agli operai che asfaltano le strade, tutto è in divisa, codificato, categorizzato, uniformato.
in un paese in cui l'identità storica è talmente recente da risultare un popolo pressochè adolescenziale rispetto alle tradizioni del mondo europeo o asiatico, il bisogno di fare gruppo, associazionismo, di ergere bandiere (sono ovunque), di esibire trofei, di fare congregazioni (si pensi alle confraternite universitarie o alle decine di chiese anglicane evangeliste metodiste mormoni amish sparse nei paesi con nomi inneggianti alla grandezza di dio e al giorno della salvezza) è dilagante e onnipresente.
a volte si respira, nella gente, la giovane età di questa parte del mondo, anche se tanti lo hanno abitato prima che venisse brutalmente colonizzato segregando in riserve chi lo ha preservato e rispettato nella sua immensa bellezza. ho provato una simpatia fortissima e immotivata per i navajo, li ho guardati come una forza ancestrale ricca dei segreti della terra (forse ora non più, dopo anni di sbandamenti e alcolismo). d'altro canto ho avuto anche una piacevole sensazione di freschezza, di leggerezza, di euforia nella mancanza di radici, c'è qualcosa di molto potente, e irresponsabile, nella gioventù.
Sati Uniti d'America.
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