volete volare?
volete immaginare?
commuovervi?
guardare il mondo dall'alto di un orologio della stazione di Parigi? appesi nel tempo e nello spazio?
entrare nei meccanismi perfetti e lubrificati di orologi, dispositivi meccanici, e automi che disegnano?
volete perdervi negli occhi azzurri infinitamente grandi di un bambino solo e coraggioso?
volete vivere l'emozione del cinema alla sua nascita?
volete sentire il cuore che si muove e batte e ribatte come quello di un bambino?
ecco il film:
Hugo Cabret.
io mi sono persa ho pianto ho sperato ho vissuto questo mondo magico che esplora, oggi, il 3D parlando del cinema quando la cinepresa si muoveva, allora, con la manovella. un artificio tecnico avanzato per parlare di un mondo fatto di tagli a mano sulla pellicola, di maschere e costumi, di travestimenti e sparizioni, di rotaie che trasportano lune gigantesche e briganti che si vanificano con lo scoppio di un petardo.
è un grandissimo omaggio alla meraviglia e allo stupore, della vita e della sua rappresentazione, da parte di uno Scorsese che mi è piaciuto come forse non mai.
Hugo è orfano, si occupa di far funzionare i tanti orologi della stazione e coltiva il sogno di aggiustare l'uomo meccanico che conserva nel suo nascondiglio, luogo magico e prezioso tra gli ingranaggi perfetti della misurazione del tempo, e che rappresenta tutto ciò che gli è rimasto del padre. per farlo, ruba attrezzi dal negozio del giocattolaio, un uomo triste e burbero, ma viene colto in flagrante dal vecchio che gli sequestra un prezioso taccuino di suo padre con i disegni dell'automa. quel vecchio sarà la figura chiave della sua riappropriazione del tempo, della sua storia, della sua origine. quel vecchio era un mago e poi un grande cineasta, un uomo colmo di fantasia e passione che aveva saputo dare vita ai sogni con il cinema, la grande meravigliosa scatola magica che tutto può contenere.
quel vecchio, Georges Melies, non vuole ricordare, per questo gli sequestra il taccuino di appunti che scopre in possesso di Hugo, deciso a seppellire per sempre un passato il cui ricordo gli procura solo dolore; ma Hugo vuole al contrario ricostruire la sua storia, trovare il suo scopo e il suo posto nel mondo, proprio attraverso quel silenzioso testimone meccanico, che forse può finalmente riuscire a far parlare. è stato questo pensiero a consentire a Hugo di resistere all'abbandono, alla morte, alla solitudine, alla sofferenza, l'idea che come in un mondo meccanico ogni pezzo è specifico e contato, ogni pezzo ha il suo posto preciso, così nel mondo degli uomini, per quanto crudele e imprevedibile, anche lui avrà un suo posto, un suo luogo, un suo tempo e una sua funzione. anche Hugo ha diritto alla sua vita.
Hugo vive nella torre dell’orologio da cui può godere di un'osservazione privilegiata sulla città e sulla vita, in compagnia di grandi ingranaggi e meccanismi che girano guarda il mondo come da dentro la cabina di proiezione, osserva la vita scorrere come se fosse un’unica lunga, immensa pellicola, guarda il mondo che gira e che palpita: la fioraia, il giornalaio, il negozio dei giocattoli e quello dei libri, i treni che arrivano e che partono, le persone che ballano, si baciano o si salutano. è quel suo occhio azzuro, curioso mai pago e sempre vivo, che lo tiene in vita, che lo alimenta, che lo spinge.
ma sarà solo la magia, pur nell'esatezza salvifica del suo pensiero di pogni cosa al suo posto, a restutirgli la vita.
la magia di un disegno ritrovato dopo aver aggiustato il suo automa.
la magia di una grande luna colpita in un occhio da un missile, come suo padre gli aveva fantasticamente raccontato di aver visto la prima volta al cinema.
la magia di un sogno che diventa realtà nelle immagini strepitose dei primi film e della loro enorme portata di creatività e forza espressiva.
è la magia la chiave (non solo simbolica) di accesso alla storia, quella magia ricreata artigianalmente, con infinita pazienza, dalle mani di Méliès coi suoi trucchi e i suoi macchinari, quella che lo stesso Hugo vuole caparbiamente far rivivere nell'automa lasciatogli da suo padre, quella che, alla fine dell'Ottocento, ammaliava gli spettatori e li rendeva testimoni di uno spettacolo che era la versione moderna della lanterna magica.
questo film è il luogo della curiosità, del coraggio e della passione del desiderio che ci permetteranno di sopravvivere, sempre.
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