bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 25 giugno 2010

cosa voglio di più


"cosa voglio di più".
lo chiedi a me?
molto di più.
no. è il titolo di un film. di Soldini.
milano, amanti, motel, sesso, passione, fuga, e anche la mia coop. si la mia.
per dire che il film racconta una realtà. comune.
l'insoddisfazione e il miraggio della passione.
mariti mogli figli amici lavoro. noia.
e poi..
vestiti strappati, baci umidi accartocciati negli androni bui delle case, sesso che non sa aspettare e crea dipendenza.
tutti, lo leggo nei blog, anche maschili, sognano l'incontro shock.
uno sguardo, fantasia, eccitazione, ci starà?, cazzo duro figa bagnata ci sta, è sesso, è estasi di corpi, è soddisfazione.
ma
temporanea.
transitoria.
settoriale.
ripetibile.
è così facile pensarlo, così facile agirlo, così facile praticarlo, così facile esaltarlo ed enfatizzarlo, così facile sodomizzarlo, così facile consumarlo, così facile raccontarlo.
si, facile, a parole.
per qualche imperscrutabile motivo il sesso e' stato elevato a semplice veloce immediato strumento di comunicazione tra un uomo e una donna.
non credo, e nemmeno Soldini.
il sesso crea legame. sempre.
legame di carne. legame di corpi. legame di sostanza. legame intimo. legame segreto. movimento interiore.
e se fallisce questo scopo è squallido impraticabile e reiterato come un'ossessione ma deprivato di senso. insoddisfacente sempre, conclusivo mai.
per questo il sesso è tutto, davvero tutto, tranne che facile.

mercoledì 23 giugno 2010

a thing of beauty is a joy for ever

Una cosa bella è una gioia per sempre:
Si accresce il suo fascino e mai nel nulla
Si perderà; sempre per noi sarà
Rifugio quieto e sonno pieno di sogni
Dolci, e tranquillo respiro e salvezza.
John Keats
(Endimione)



Fulgida stella, come tu lo sei
fermo foss'io, però non in solingo
splendore alto sospeso nella notte
con rimosse le palpebre in eterno
a sorvegliare come paziente
ed insonne Romito di natura
le mobili acque in loro puro ufficio
sacerdotale di lavacro intorno
ai lidi umani della terra, oppure
guardar la molle maschera di neve
quando appena coprì monti e pianure.

No, eppure sempre fermo, sempre senza
mutamento sul vago seno in fiore
dell'amor mio, come guanciale; sempre
sentirne il su e giù soave d'onda, sempre
desto in un dolce eccitamento
a udire sempre sempre il suo respiro
attenuato, e così viver sempre,
o se no, venir meno nella morte.
(Bright Star - Fulgida Stella)

un film poesia,
un dolce eccitamento
a udire sempre sempre il suo respiro
attenuato.
l'ha girato per me?
di Jane Campion (regista e sceneggiatrice neozelandese) ho visto tutti, e dico tutti, i film. dai primi sul disagio mentale (chi ha visto Un angelo alla mia tavola? e Sweetie?), fino a Lezioni di Piano e poi Ritratto di Signora e ora...Bright Star.
l'elemento portante di tutti i film della Campion è la figura femminile, la sua significanza e il suo rapporto con il mondo.
anche in questo caso, pur raccontando di Keats, poeta romantico inglese del 1800 morto di tisi all'eta' di 25 anni, è lei, Funny, l'oggetto del desiderio e la stella del firmamento.
che creatura è questa donna: fiera e razionale, intelligente e creativa, dialettica e curiosa.
incontra un poeta e incontra l'amore.
incontra la parola e e il suo incantamento.
è come se il film realizzasse questa magia, che è poi la magia dell'innamoramento, quella della poetica dell'amore e delle intemittenze del cuore.
la poesia, spiega Keats a Funny in uno dei loro primi incontri, è come un lago. non ci si immerge con il solo scopo di nuotare per tornare a riva, ma per il piacere di immergersi e di stare.
nella poesia si sta, si coglie un sentire, ma senza meta, senza pensiero.
nella poesia si assiste al passaggio, non si accede alla meta.
e cos'è l'amore se non questo? stare, immergersi, senza scopo, solo per il piacere di stare, di assaporare il momento.
e questo accade tra i due personaggi, uno stare, un avvicinarsi, una parola che crea l'incantesimo.
“Ho l’impressione di dissolvermi”. le scrisse, un giorno, pensando a lei.
Funny, rapita e fulminata, chiede a Keats di insegnarle la poesia, ma non sarà una lezione di scuola, la poesia fluirà tra loro, sarà insegnamento di vita, sarà costruzione d'amore.
la poesia sarà il loro incontro, l'attesa e lo stare.
la poesia si spiegherà attraverso il loro incanto.
" non toglierla alla mia vista -dice il poeta all'amico guardandola fuori, nel giardino- se non la vedo entro in ansia".
come il passaggio di un verso, così l'amore crea attesa, crea incontro, crea estasi che si ricama attraverso la parola.



Beauty is truth, truth beauty, - that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.
(Ode su un'Urna Greca)

nel film si crea un connubio felice tra i due personaggi. lui è poeta, romantico e nostalgico, malato di tisi e immaginativo, e lei cuce meravigliosamente vestiti sempre diversi, originali e personalissimi. è l'incontro tra due creatività che esplode l'amore. senza creazione non c'è sviluppo, senza apporto personale non c'è scambio, senza pensiero libero e immaginativo non c'è comunicazione. Funny riconosce da subito il senso dell'altro, la sua portata creativa, il suo sguardo che la spoglia. e così Keats vede l'intelligenza creativa, la pensosità, l'interrogarsi di Funny.
e il film si nutre di immagini che sono il riflesso della poesia, di sguardi lontani, di lettere di richiamo lette tra le viole, di stanze ariose come farfalle e tende estive gonfiate dal vento, di un ago che cuce e buca il tessuto come la poesia la mente, di abiti leggeri e di muri che assorbono i respiri. il film e' magia come la storia d'amore, come la poesia.
Funny che sa che rimarrà sola, che conosce la limitatezza del tempo, che percepisce la fine dell'incontro, coltiva il suo sentire incapace di fare diversamente, attratta dalla magia della parola, la parola che hanno saputo creare e costruire insieme.
alla fine lo saprà cos'è la poesia, l'avra' vissuta, se la sarà cucita addosso come uno dei suoi vestiti migliori.



Il cuore si strugge ed un sonnolento torpore
affligge i sensi, come se ebro di cicuta,
o d’un sonnifero pesante trangugiato
pochi istanti fa, fossi affondato nel Lete:
E’ non certo per invidia della tua felice sorte,
ma troppo felice nella tua felicità
Tu, arborea driade dalle lievi piume,
che in una macchia melodiosa
di faggi verdi e sparsa d’ombre innumerevoli
canti l’estate la felicità a gola spiegata.
(Ode all'usignolo)

John Keats

sabato 19 giugno 2010

blu


http://fc07.deviantart.net/fs50/f/2009/273/3/2/32f2ba8de44593c9dab1e3066591dc09.jpg


è blu, occhi dentro.
un cratere nero, si apre ed ecco il cobalto.
cerchi di colore sbocciano psichedelici, a ripetizione. dentro la vista.
il nervo ottico si ossigena di blu.
nell'incavo della curvatura della pupilla. sfera flou.
mi ci butto dentro, con gli occhi-vista-mente.
io, la mia mente.
l'io-mente, si apre un varco. si fa spazio dentro ed erompe fuori.
come una fontana d'acqua cerulea. il pensiero sgorga come da una sorgente, cerca un'espressione diversa, libera dal dolore, libera dalla coecizione della postura, libera dalle regole della storia.
io, la mia mente, evado, incontenibile entro i confini, ovvero le delimitazioni della pelle.
la mia mente cerca soluzioni attraverso me, attraverso il mio corpo.
il mio corpo sente la mia mente, ne soffre e patisce l'esistenza.
materia di pensiero incomprimibile.
il corpo, che di solito c'è ma non si sente, invece si concretizza. il malessere accede all'espressione di dolore, in contrattura.
muscolo dolente duro teso rigido. intoccabile. inavvicinabile.
tensione tesa. tensione incapsulata in catene di molecole di calcio cementate.
alla pressione digitale corrispondono dolore e un mondo blu.
ad un tratto, improvviso, un nuovo segno.
formicolii intensi accerchiano la mia bocca.
anestesia.
iperestesia.
disestesia.
la mia bocca non c'e' piu' e mi domando: che forma ha?
io, che forma ho?
tornero' a sentire? la bocca? il rovescio della pelle?
le punte di spillo, pulsano, prima collo poi spalle. dilagano.
come parole note, anche sensazioni note.
provando piacere, il sesso dentro, dentro il sesso, ho sperimentato quella anestesia.
quella bocca senza contorno.
quella domanda su chi sono.
quella perdita di controllo di me.
quando l'abbandono del mio corpo diventa il mio corpo, quando il mio corpo e' il piacere,
o, scopro ora, quando il mio corpo è il dolore, l'energia vitale, il prana, il soffio di vita, si rimette in circolo e fluisce, come il sangue nelle vene.
la forza spirituale, non più soggiogata dal corpo e dai blocchi che impone, ma diretta dalla mente esattamente lungo i sentieri che vuole percorrere, si espande con la liberazione dalla contrazione così come dalla liberazione del desiderio.
siamo piacere,
siamo dolore.
siamo eros,
siamo thanatos.

shanti



http://www.blogger.com/%20http://fc00.deviantart.net/fs5/i/2005/130/6/2/Blue_by_gilad.jpg

venerdì 11 giugno 2010

considero valore


foto by Lorenz .G al Cubo

Erri de Luca non è un autore che mi faccia stralunare. è ancorato, è impegnato -di incrollabile fede comunista-, è solido ma poco creativo, per me.
è un uomo, però, molto legato alla terra e ai suoi nutrimenti.
legato all'acqua alla neve alla nebbia alla terra al vento e, soprattutto, alla montagna.
il suo parlare di valore ha, credo, il fondamento dell'autenticità, come la base che sostiene la montagna e le consente di staccarsi prepotentemente dal suolo.
senza fondamento non c'è costruzione. così è questo autore.
ecco i suoi valori.
valori di terra, non di cielo direi.


VALORE
di ERRI DE LUCA


Considero valore ogni forma di vita, la neve,
la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso
involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due
vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e
quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima
di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della
monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un
creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.


giovedì 10 giugno 2010

donna rosita nubile o il linguaggio dei fiori



poema granadino del '35, diviso in vari 'giardini', di Federico Garcia Lorca.
l'ho visto a teatro da poco e l'ho riascoltato in audiolibro. naturalmente, mia ultima dominante passione.
ho ascoltato una versione del '76 che era stato mandato in onda per radio, con le voci della mia infanzia, le voci della fiabe sonore. le emozioni dei ricordi fanno bene, rincuorano, e fanno male, rammentano il tempo che passa.

“ Es una rosa que nunca has visto;
una sorpresa que te tengo preparada”.
Sono le parole con cui lo zio botanico si rivolge a Rosita, la protagonista ventenne del dramma teatrale del poeta spagnolo, regalandole una rosa mutabilis
"al mattino è rossa
la sera diventa bianca
la notte si sfoglia."
Rosita è promessa sposa a un uomo che non c'è, un uomo che aspetterà tutta la vita, sacrificandola a un amore di nome ma non di fatto. Attraverso i mutamenti di colore che si susseguono nel corso del ciclo vitale, fino al rosso della piena fioritura a cinque petali, la rosa diventa l’immagine del destino di Rosita, che appassisce nella vana attesa di un amore negato.
Rosita sembra solo un voce, una citazione, una re-citazione dell’amore, della giovinezza, della promessa, del ricordo.
il dramma di Rosita, ovvero amare e non trovare un corpo, amare come concetto ma senza sostanza, non e' il destino di molte donne di oggi?
Rosita aspetta un amore che si nega, ma nel suo aspettare c'è il senso che lei decide di dare alla sua vita. è lei che nega la vita a se stessa, educata nella speranza di un amore romantico, educata all'assenza, educata all'attesa.
lei aspetta, nutrendosi della promessa senza sostanza, si illudendosi ma anche sacrificandosi all'ideale. a volte, per le donne, sacrificarsi vale più che vivere, che essere nel presente, che cibarsi di quotidianità che magari delude l'aspettativa ma che fa reale l'amore.
come dice il testo, il piu' pauroso dei sentimenti e' la speranza morta.



“ Quando si schiude al mattino
è vermiglia come il sangue.
La rugiada non la sfiora
per timore di scottarsi.

A mezzogiorno, già aperta,
è dura come il corallo.
Il sole s’affaccia ai vetri
per vederla sfolgorare.

Quando sui rami principiano
i passeri i loro canti
e viene meno la sera
fra le violette del mare,
diventa bianca, d’un bianco
simile a guancia di sole.

E quando la notte intona
Il bianco corno metallico,
mentre le stelle avanzano
e si dileguano i venti,
essa su un filo di tenebre
a poco a poco si sfoglia”.




questa e' la mia rosa, del mio piccolo giardino.
non e' mutabilis, non e' cosi' bella.
ma e' il tempo che hai dedicato alla tua rosa che l'ha resa cosi' importante.
e la mia lo e'.

lunedì 7 giugno 2010

scuole private, ovvero la Rossa che c'e' in me


bella serata. si si veramente.
aperitivo. bar bianco, parco sempione, milano.
ottimo, bella serata, zanzare, solito happy hour indigesto.
nell'ordine: gente, persone, coppie, chiacchiere, governo, politica, educazione, insegnanti, giovani, figli.
discussione: scuole private.
bum. e' la fine.
ci sono un paio di argomenti ch mi infiammano come un falo' in pieno agosto.
cio' che gira intorno alla privatizzazione accende la miccia ed e' finita.
l'accoppiamento SCUOLA con PRIVATO poi proprio innesca, nello specifico, la reazione chimica che non mi rende simpatica alla gente.
il problema e' che nessuno, e dico nessuno, e' mai stato in grado di rispondere in modo convincente alle mie argomentazioni.
quindi inutile lamentarsi con me.
io vorrei incontrare qualcuno, quanto lo vorrei, che mi dimostrasse in modo credibile che scuola, o ospedale, associata al concetto di privato possa portare a una valenza che dico valida, che dico positiva, anche solo vagamente accettabile.
ma non c'e'. non l'ho ancora incontrato.
e meno lo trovo, quel qualcuno, e piu' la gente farfuglia motivazioni che non hanno fondamento, e piu' mi accendo. perche' non si puo' portare il niente a sostegno di un'idea.
se non una cosa che si chiama paura.
ma nessuno da nome a questa cosa chiamata paura, mancanza, assenza.
lo sanno anche i paguri che privato non e' garanzia di competenza. negli ospedali e nelle scuole le eccellenze sono nel pubblico. perche' chi lavora nel pubblico fa del proprio mestiere un servizio civile di crescita fondamento prosperita' e investimento sul futuro. chi raggiunge l'eccellenza in campo medico e letterario non lavora alla clinica Columbus ne' al liceo Leone XIII, ma al policlinico di Roma Milano e Bologna e all'universita' Statale e anche o soprattutto nelle scuole materne e primarie della zona 8 di Milano. questi sono i capolavori dell'arte italiana, li' si coltiva la cultura e l'insegnamento, non nei corridoi delle scuole orsoline. o al CEPU. poi si, ci sono anche la Bocconi e la Cattolica, private per carita', ma l'apprendimento universitario e' gia' volto a un pubblico adulto, teoricamente formato, sul piano cognitivo e idetico, presumibilmente orientato in modo consapevole alla scelta di una cultura superiore. poi si ci sono gli insegnanti, categoria a rischio burn out, senza speranza senza fuoco senza ispirazione e quelli piegati dai vandalismi giovanili. ma questo vale ovunque. pubblico e privato.
lo sanno anche i gechi che l'estrazione sociale, che ti permette di sborsare dagli 8 ai 10.000 euro all'anno, non e' garanzia di frequentabilita' per i propri figli. c'e' ancora qualcuno che crede che il figlio del Suv con filippina fissa e armi in casa o cellulare a 10 anni sia garanzia di migliore educazione del figlio di operai? davvero? o chi spera che nelle aule dei salesiani giri meno cocaina che al Vittorio Veneto? davvero?
mi dicono, gia' scarichi di pallottole: ma al Leone ci sono 7 paleste all'interno della scuola, e' comodo e i bagni sono puliti. ottimo motivo, a Milano, per spendere una cifretta cosi' e inviare il 14enne in busta chiusa nel privato.
e chiedo: i centri sportivi mancano? penso si possa fare anche il Kyudo (tiro con l'arco zen) in questa citta'. e' qualcosa, lo sport, che non e' altrimenti reperibile se non nella scuola a pagamento? e' un bene carente che da valore alla scelta del privato?
oppure: li' sono protetti, dalla societa', dagli scioperi (ancora??), dalla brutta gente. a parte il fatto che ho appena riflettuto con queste gentili signore, e relativi mariti, che privato non vuol dire brava gente, mi permetto ancora di insistere che la scuola e' solo uno dei momenti, se pur importante, della vita di un liceale adolescente.
poi c'e' tutto il mondo fuori...ed e' aperto, non ha aule ne' confini.
ma a scuola ci stanno tanto, insistono...si certo, alle elementari, con il tempo pieno -finche' c'e'-, ma alle medie e poi al liceo, figuriamoci. le giornate dei ragazzi si allungano cari i miei genitori...la scuola e' di mattina, poi ci sono i pomeriggi, la sera, e la notte, sempre piu' lunga, sempre piu' attraente. la socialita' di un ragazzo si sposta sempre piu' verso l'esterno della scuola e delle mura di casa e si insinua nel reale, nella notte, nella scoperta dei luoghi "altrove".
la scuola non protegge da niente, la scuola non e' il luogo dell'educazione, ma solo dell'insegnamento e dell'apprendimento.
e poi mi dite il senso di una scuola che protegge dal brutto mondo fuori quando, oggi, in casa, via web, ci portiamo tutte le brutture e gli abbruttimenti possibili? li difendiamo da cosa? se poi via internet navigano su violenza, porno, giochi on line, pocker e chat sado maso? ma di cosa stiamo parlando?? da dove viene la protezione? dai muri pitturati di fresco della 2A ginnasiale o dall'osservazione critica del mondo?
a questo punto sono tutti adirati con me, le donne mi dicono che non so discutere e balbettano che che sono estremista arruffate dai miei modi ma a corto di parole che non siano luoghi comuni, i mariti mi guardano un po' allibiti non sanno se credere ai tacchi e alla scollatura o al mio linguaggio. c'e' o ci fa?
qualcuno mi da della marxista. e mi sta anche bene.
alla fine mi guadagno l'odio di tutta la platea della nuova ex borghesia milanese che si interroga su come spendere quei pochi euro che avanzano dopo aver acquistato al proprio figlio qualunque oggetto di consumo, dal cellulare (si comincia presto ormai) all'ultima play station al motorino alle scarpe giuste e i vestiti di Abercrombie, senza insegnare niente ai propri figli sul valore del desiderio, della conquista dell'oggetto desiderato, del valore del tempo e della pazienza, della disciplina elusa dai genitori ancora prima che dai figli, consegnando tutti gli oggetti di consumo pensabili e barattando la felicita' consumistica per quella esistenziale, creando il vuoto che non si colma mai.
alla fine mi impiccherebbero ad un albero quando sostengo che l'errore di fondo, di chi crede di fare buona cosa consegnando i propri figli all'inzio di settembre alla scuola privata piu' esclusiva di milano e' di credere di poter correggere un'educazione che manca in seno alla famiglia.
questi padri e queste madri mancano al proprio ruolo educativo, non consegnano ai propri figli gli strumenti critici per discernere le buone dalle brutte compagnie, non sanno insegnare il sacrificio e la conquista, predicano la cattiva abitudine del fumo con la sigaretta in bocca da quando li allattano, urlano alla spesa di 200 euro per un paio di scarpe da ginnastica della durata di un anno scarso con la cabina armadio stacolma di scarpe tutte uguali e inutili in fila perfetta, mancano a un ruolo di formazione e di imitazione fondamentale per i propri ragazzi, non sanno insegnare l'eutonomia di pensiero e di comportamento in preda alle propie assolute dipendenze, e cosa fanno?
DEMANDANO il proprio ruolo educativo alla scuola. privata, che e' meglio, somiglia di piu' all'ambiente di casa. privata, perche' la pago e pretendo il servizio di lusso.
questa e' la paura. non aver educato e sperare che qualcuno, ben pagato, lo faccia al posto loro.
e' questa la scuola?
o un bene pubblico, rigorosamente pubblico, un bene fruibile pariteticamente da tutti, democraticamente condiviso, luogo sociale di apprendimento, bene nazionale da sovvenzionare e sostenere per credere nel nostro futuro, migliore?

se poi penso che questo governo di ignoranti e improvvisati politicanti dell'ultima ora, ladri di lauree pagate a basso prezzo, in scuole private che puzzano di mafia e della peggiore produzione italiana di nozionismo a basso costo, usa i miei soldi per sovvenzionare le scuole private, togliendo fondi a cultura e insegnamento pubblico statale di pregio e tradizione, se penso che i miei soldi vanno nella direzione del sostegno della sottocultura a scapito della dedizione e del servizio pubblico sovrano di una Repubblica degna di questo nome...che dite..

..mi invitano ancora??

sabato 5 giugno 2010

piove la luce- parole note


questa, di tutte le "parole note", è la poesia più bella.
le altre non hanno questa metrica, questo passo, questo stile.
da grande poeta.
non hanno questo incedere fino al finale che lascia senza fiato, che ti fa morire un po'.
io sono morta un po', trascinata dalla lettura della voce stanca di Umberto Veronesi.
una voce anziana, non sempre nitida, una voce saggia, una voce che conosce la morte, che l'ha pronunciata.
la poesia splende di luce fortissima, è abbagliante e non permette di intravedere...se non alla fine. come se l'occhio accecato dalla luce, alla fine, con uno sforzo, con una mano sulla fronte che fa ombra sugli occhi, finalmente, mettesse a fuoco. e vedesse.
unica.
importante.


UMBERTO VERONESI
legge L’ADDORMENTATO NELLA VALLE di Arthur Rimbaud


È una gola di verzura dove il fiume canta impigliando follemente
alle erbe stracci d’argento, dove il sole, dalla fiera montagna,
risplende: è una piccola valle che spumeggia di raggi.

Un giovane soldato, bocca aperta,
testa nuda e la nuca bagnata nel fresco crescione azzurro, dorme.

E’ disteso nell’erba, sotto la nuvola, pallido nel suo verde letto
dove piove la luce.

I piedi tra i gladioli, dorme.

Sorridente, come sorriderebbe un bambino malato,
fa un sonno.
Oh Natura, cullalo tiepidamente: ha freddo.
I profumi non fanno più fremere la sua narice.

Dorme nel sole, la mano sul suo petto tranquillo.
Ha due rosse ferite sul fianco destro.

ascoltare, per piangere.



mercoledì 2 giugno 2010

Amo espandere la mia coscienza



Ancora parole Note e questo è un vero regalo.
per voi e per me.
il testo potrei averlo scritto io. scherzo dai, ma mi sta addosso come il vestito della festa, in tutto, anche nella presunzione. è mio. condivido ciò che piace e che non piace, affermo da sempre l'espansione della coscienza, l'assunzione responsabile e dolorosa della consapevolezza, il fastidio per l'eccessivamente manifesto, la cultura della condivisione.
lui, Filippo Timi, che tra l'altro si chiama Filippo, non un nome qualunque, ha una forza dentro che potrei definire folle, al limite della ragione. L'intensità della sua voce è solo vagamente paragonabile alla dimensione oltre la sensatezza che mi comunica. è come se viaggiasse su un binario non comunemente percorribile, come se fosse sempre al limite del fuori da sè. lo trovo scuotente.




FILIPPO TIMI
legge POR OSMAR di ALEJANDRO JODOROWSKY


Amo sviluppare la mia coscienza
per capire perchè sono vivo,
cos’è il mio corpo e cosa devo
fare per cooperare con i disegni
dell’universo.

Non mi piace la gente che
accumula informazioni inutili e si
crea false forme di comportamenti,
plagiata da personalità importanti.

Mi piace rispettare gli altri, non per
via delle deviazioni narcisistiche
delle loro personalità, ma per come
si sono evolute interiormente.

Non mi piace la gente la cui mente
non sa riposare in silenzio, il cui
cuore critica gli altri senza sosta,
la cui sessualità è perennemente
insoddisfatta,
il cui corpo s’intossica senza saper
apprezzare di essere vivo.

Ogni secondo di vita è un regalo
sublime.

Mi piace invecchiare, perché
il tempo dissolve il superfluo e
conserva l’essenziale.

Non mi piace chi, per retaggi
infantili, trasforma le bugie in
superstizioni.
Non mi piace che ci sia un Papa
che predica senza condividere la
sua anima con una Papessa.

Non mi piace che la religione
sia nelle mani di uomini che
disprezzano le donne.

Amo collaborare e non competere.

Mi piace scoprire in ogni essere
quella gioia perenne che potremmo
chiamare Dio interiore.

Non mi piace l’arte che serve solo a
celebrare il suo autore,
mi piace l’arte utile per guarire.

Non mi piacciono le persone
eccessivamente stupide.
Mi piace tutto ciò che provoca il
sorriso.

Amo affrontare volontariamente la
mia sofferenza con l’obiettivo di
espandere la mia coscienza.


ascoltare è d'obbligo.

http://www.youtube.com/watch?v=s5qyHP9-eus

martedì 1 giugno 2010

parole note - eterna presenza



nel cammino della mia ricerca sulla voce, sulla poesia, sulla lettura ad alta voce...e sul vento... scopro:
Parole Note.
un'iniziativa interessante, poesie lette ad alta voce, da voci note, alcune veramente in sintonia con il cuore. Filippo Timi trapassa.
un e' questa, di Salinas.
eterna presenza.
legge Claudio Santamaria.
ma ce ne sono molte altre.
la poesia non finisce mai. nemmeno quando e' finita.

Eterna presenza
di Pedro Salinas


Non importa che non ti abbia,
non importa che non ti veda.
Prima ti abbracciavo,
prima ti guardavo,
ti cercavo tutta,
ti desideravo intera.
Oggi non chiedo più
né alle mani, né agli occhi,
le ultime prove.
Di starmi accanto
ti chiedevo prima,
sì, vicino a me, sì,
sì, però lì fuori.
E mi accontentavo
di sentire che le tue mani
mi davano le tue mani,
che ai miei occhi
assicuravano presenza.
Quello che ti chiedo adesso
è di più, molto di più,
che bacio o sguardo:
è che tu stia più vicina
a me, dentro.
Come il vento è invisibile, pur dando
la sua vita alla candela.
Come la luce è
quieta, fissa, immobile,
fungendo da centro
che non vacilla mai
al tremulo corpo
di fiamma che trema.
Come è la stella,
presente e sicura,
senza voce e senza tatto,
nel cuore aperto,
sereno, del lago.
Quello che ti chiedo
è solo che tu sia
anima della mia anima,
sangue del mio sangue
dentro le vene.
che tu stia in me
come il cuore
mio che mai
vedrò, toccherò
e i cui battiti
non si stancano mai
di darmi la mia vita
fino a quando morirò.
Come lo scheletro,
il segreto profondo
del mio essere, che solo
mi vedrà la terra,
però che in vita
è quello che si incarica
di sostenere il mio peso,
di carne e di sogno,
di gioia e di dolore
misteriosamente
senza che ci siano occhi
che mai lo vedano.
Quello che ti chiedo
è che la corporea
passeggera assenza,
non sia per noi dimenticanza,
né fuga, né mancanza:
ma che sia per me
possessione totale
dell'anima lontana,
eterna presenza.

leggete.
poi ascoltate.

http://www.youtube.com/watch?v=d7wP7wnxM2o