domenica 6 dicembre 2020

Suarez, non è una vignetta

 no, non lo è.

questo episodio della nostra contemporaneità concentra in sé le tragedie i lutti le perdite le meschinità irrecuperabili inemendabili del nostro tempo.

si svolge in un ateneo, non nei sobborghi, in un'università non nei non-luoghi della sottocultura planetaria.

si svolge in Italia, ove accogliamo migliaia di migranti e dove milioni di migranti lavorano, partecipano del bene comune, pagano le tasse, crescono, almeno loro, figli e li mandano nelle nostre scuole. è il paese in cui si è rinunciato a votare in favore dello ius soli.

è un episodio che ci parla di un sovranismo desolante dell'io, meschino e deplorevole, un io inabissato, naufragato, nella cattività, senza varco verso l'altro e il mondo.

possiamo dare la cittadinanza a chi non  lo merita, a chi non ne ha i requisiti rispondendo solo al credo del dio sovrano del denaro, delle società di calcio, del potere e del vuoto di senso che ci comandano.

la cultura si piega al commercio, alla svendita della dignità in nome del denaro. e nemmeno del denaro che porta, ma del denaro che si rappresenta, quindi difronte all'idolatria del denaro.

un docente universitario trema di gioia e viene nelle mutande al pensiero di avere di fronte, e di favorire, quell'italiano che gli porterà a casa un gol, un pallone nella rete.

intendiamoci, siamo immersi nello sfacelo liquido della putrefazione, ma questo è un pugnale infilato nella testa attraverso un occhio, è la fine definitiva della decenza.

è la fine di tutto.

liberatemi.


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